80% dei pazienti con malattie autoimmuni sono donne
Vivono più a lungo ma con un maggior numero di malattie croniche, è il prezzo – salato – che pagano le donne per la longevità. La strada della lunga vita è costellata da una maggiore suscettibilità e sensibilità del loro sistema immunitario che le rende vittime dell’80% dei casi di malattie autoimmuni.
In questa famiglia rientrano anche parte delle malattie gastro-reumatologiche, di cui parlano gli esperti della Società Italiana di Gastro Reumatologia (SIGR) a congresso all’Auditorium di Via Rieti a Roma. Con un focus speciale proprio sulle differenze uomo – donna e sulle strategie per affrontarle e superarle. Numerosi studi epidemiologici, clinici e sperimentali hanno evidenziato significative differenze tra donne e uomini nella risposta immunitaria.
Infatti, in generale, le donne sono in grado di attivare risposte immunitarie sia umorali (mediate da anticorpi) che cellulari (mediate dai linfociti) più forti rispetto agli uomini e di conseguenza rispondono più efficacemente ai microrganismi patogeni.
“Si tratta tuttavia di una vera e propria arma a doppio taglio perché la maggiore attivazione della risposta immunitaria rende le donne più suscettibili a malattie mediate dal sistema immunitario quali le malattie autoimmuni (l’80% dei pazienti con malattie autoimmuni sono donne)” sottolinea il Prof. Vincenzo Bruzzese, Presidente della SIGR. “Fattori correlati al sesso (per es. cromosoma X, estrogeni e androgeni) e al genere (per es. esposizione ad antigeni diversi per motivi occupazionali quali acari e muffe per le donne e pesticidi per gli uomini) contribuiscono alle differenze nella risposta immunitaria tra donne e uomini”.
“Le maggiori disparità di genere si osservano in alcune malattie come la sindrome di Sjogren, il lupus eritematoso sistemico (LES), le malattie autoimmuni della tiroide e la sclerodermia che presentano una frequenza 7-10 volte più elevata nelle donne rispetto agli uomini. Meno significativa, anche se sempre a svantaggio delle donne, è la prevalenza di malattie quali l’artrite reumatoide (AR), la sclerosi multipla e la miastenia grave, che sono 2-3 volte più frequenti nelle donne rispetto agli uomini” spiega la Dottoressa Marina Pierdominici, del Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze dell’Istituto Superiore di Sanità.
“Per quanto riguarda le malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD), le differenze di genere dipendono dalle aree geografiche considerate. Ad esempio, nella popolazione asiatica c’è una frequenza maggiore nei maschi rispetto alle femmine. In Europa e nel Nord America il rapporto tra femmine e maschi varia da 1:1 a 2.5:1”.
“Tuttavia” prosegue la Dottoressa Marina Pierdominici “le differenze tra uomini e donne per quanto riguarda le suddette malattie non sono solo rappresentate dalla diversa frequenza, ma significative differenze sono state descritte anche per quanto riguarda la gravità dei sintomi, il decorso della malattia, la risposta alla terapia e la sopravvivenza. Per esempio studi epidemiologici suggeriscono che nel Lupus (LES) alcune manifestazioni come quelle renali risultano essere più severe negli uomini che nelle donne, nell’Artrite Reumatoide gli uomini rispondono in maniera più efficace al trattamento farmacologico, e nelle malattie infiammatorie intestinali (IBD) gli uomini hanno un maggiore rischio di sviluppare il carcinoma del colon-retto e una conseguente più alta mortalità per questa malattia, mentre le donne presentano una più elevata mortalità per complicanze polmonari”. Il numero di pubblicazioni sull’argomento è aumentato significativamente negli ultimi anni per arrivare ad oggi a 256 pubblicazioni su “differenze di genere e reumatologia” e 303 pubblicazioni su “differenze di genere e gastroenterologia”. Anche se è una produzione ancora limitata rispetto ad altre discipline mediche come la cardiologia (1445 pubblicazioni su “differenze di genere e cardiologia”).
In generale uomini e donne rispondono in modo diverso ai trattamenti. Le differenze, o almeno alcune di esse, sono conosciute, ma spesso non sono traslate nella pratica clinica, per cui vi è una minore appropriatezza della cura nelle donne rispetto all’uomo. Le differenze di dimensione e composizione corporea (le donne sono più basse e più magre rispetto all’uomo, hanno più tessuto adiposo e una minore massa muscolare e un minor contenuto di acqua totale rispetto alla controparte maschile) hanno importanti conseguenze sui parametri della farmacocinetica dei medicamenti e quindi dovrebbero essere considerate nella determinazione del dosaggio dei farmaci, ma ancora adesso purtroppo la dose media è ?ssata considerando un uomo caucasico di 70 Kg di peso.
La maggiore incidenza degli effetti avversi nelle donne potrebbe essere causata da fattori diversi quali l’età, il sovradosaggio, la carenza di studi clinici. In questo contesto, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in un documento che illustra le politiche sanitarie europee in questo decennio, indica il genere come elemento portante per la promozione della salute finalizzata a sviluppare approcci terapeutici diversificati per le donne e per gli uomini