Terapia anti-diabete: “Siamo prossimi a centrare i target 3.0 (#nonsologlicemia)”
Il diabete mellito di tipo 2 è una malattia cronica progressiva con alta prevalenza tra la popolazione adulta (oltre il 6 per cento). La malattia, spesso asintomatica all’inizio, è caratterizzata da un elevato rischio di sviluppare complicanze vascolari che hanno un forte e deleterio impatto sulla qualità di vita del paziente, oltre a ridurne l’aspettativa di vita. “Assicurare un controllo metabolico ottimale – spiega il professor Agostino Consoli, presidente eletto della Società Italiana di Diabetologia (SID) – è certamente un fattore chiave per ridurre il rischio di sviluppare le complicanze, anche se fino a poco tempo fa, pur essendo stato indiscutibilmente dimostrato che controllare la glicemia riduce in maniera importante il rischio di sviluppo o di progressione delle complicanze micro-vascolari (retinopatia, nefropatia e neuropatia), non vi era evidenza solida che controllare la glicemia attraverso le strategie terapeutiche tradizionali apportasse un sicuro beneficio nei confronti delle complicanze macrovascolari (infarto del miocardio, ictus, arteriopatia periferica) o della funzionalità cardiaca”.
Questo era anche dovuto al fatto che le strategie terapeutiche tradizionali maggiormente efficaci nel ridurre la glicemia (sulfoniluree ed insulina) sono gravate da effetti collaterali importanti, quali ipoglicemia ed aumento di peso, che non solo impediscono il raggiungimento di obiettivi ambiziosi di controllo glicemico ma possono di per sé rappresentare rischi aggiuntivi per lo sviluppo di eventi vascolari. Negli ultimi 10 anni l’armamentario farmacologico per la cura del diabete mellito di tipo 2 si è arricchito di almeno 3 nuove classi di farmaci, a ciascuna delle quali sono riconducibili diverse molecole. Inoltre, negli ultimi 3–5 anni, i dati di numerosi studi clinici controllati hanno dimostrato che il trattamento con alcune di queste molecole è in grado, specialmente in soggetti già affetti da malattia cardiovascolare, di ridurre il rischio sviluppare ulteriori eventi. Hanno mostrato queste potenzialità molecole appartenenti alla classe degli agonisti recettoriali del GLP-1 ed alla classe degli inibitori del trasportatore renale del sodio e del glucosio (SGLT2 inibitori).
“Nell’ambito del congresso dell’EASD – prosegue il professor Consoli – vengono presentati ulteriori dati circa le proprietà di alcune molecole di queste classi e ulteriormente discussi dati che dimostrano come gli effetti di protezione cardiovascolare di un agonista recettoriale del GLP-1 a lunga durata di azione possano essere osservati non solo in soggetti diabetici già affetti da malattia cardiovascolare, ma anche in soggetti diabetici che non hanno ancora avuto eventi cardiovascolari maggiori, ma che sono ad alto rischio di svilupparli. Verranno approfonditi dati a sostegno di un effetto protettivo sulla funzione renale di molecole della classe degli inibitori del trasporto renale del sodio e del glucosio e presentati i risultati della esplorazione di grandi data base che dimostrano l’effetto positivo della terapia con inibitori del trasportatore renale del sodio e del glucosio su marcatori di rischio cardiovascolare. Verranno presentati dati recentissimi di grande impatto sulla comunità clinica generale relativi alla dimostrazione che inibitori del trasportatore renale del sodio e del glucosio possono migliorare il rischio e le condizioni di vita di soggetti con insufficienza cardiaca, a prescindere dalla presenza o meno di diabete. Verranno aggiornati i dati di efficacia, sicurezza e protezione cardiovascolare di un agonista recettoriale del GLP-1 somministrabile per via orale che potrebbe facilitare molto la accettazione da parte dei pazienti di farmaci di questa classe, fino ad ora solo disponibili in versione iniettiva (anche se, per alcune molecole, in una unica somministrazione iniettiva a settimana).
Questo congresso porta quindi nuove acquisizioni e conoscenze sul trattamento del diabete mellito di tipo 2 con farmaci innovativi, che sempre più si dimostrano preziosi ed in alcuni casi insostituibili per il trattamento corretto del diabete mellito di tipo 2. Trattamento che non ha più come obiettivo un ‘target glicemico’, ma ha come obiettivo un misurabile ‘beneficio clinico’. Purtroppo – conclude il professor Consoli – in Italia l’utilizzo di questi farmaci innovativi è ancora largamente al di sotto di un livello ottimale; sono infatti attualmente utilizzati solo nell’8 per cento delle persone con diabete, secondo i dati dell’ultimo Rapporto ARNO (il prossimo rapporto ARNO, con gli ultimi dati sull’utilizzo dei farmaci anti-diabete in Italia sarà presentato a Bologna, il prossimo 20 novembre), e troppe persone con diabete sono ancora trattate con terapie che stanno rapidamente diventando obsolete. Questo è sicuramente dovuto anche ad ineludibili considerazioni di carattere economico. Ogni sforzo dovrebbe tuttavia essere fatto per coniugare appropriatezza e sostenibilità e garantire i benefici connessi ad un approccio moderno alla malattia diabetica al numero più ampio possibile delle persone che di esso possano avvantaggiarsi”.
Ufficio Stampa SID
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Maria Rita Montebelli
Andrea Sermonti