10 anni da festeggiare
Quest’anno saranno 10 anni dall’uscita sul mercato del FreeStyle Libre (all’epoca chiamato solo “Libre”), un device che ha rivoluzionato l’autocontrollo delle persone con diabete.
Chi è stato diagnosticato dopo il 2014 (specialmente se tipo 1) non sa cosa volesse dire bucarsi continuamente le dita (o non bucarsele!).
Non sto neanche a dirvi/ricordarvi cosa volesse dire prima degli anni 80 conoscere il valore della propria glicemia, e di conseguenza come adeguare la dose dell’insulina.
Si “andava” molto di stick, con i colori, a cercare la glicosuria.
D’altronde si facevano dosi fisse, 3 volte al giorno, i cibi “permessi” pochi (le mitiche mele verdi!), sempre gli stessi, non si correggeva: ci si provava la glicemia solo in occasione del controllo trimestrale, venoso.
L’ arrivo del glucometro fu una grande prima “rivoluzione” nell’autocontrollo glicemico.
La “goccia” di sangue richiesta da quei primi glucometri era copiosa, e per ottenerla, i polpastrelli venivano bucati con lance che sembravano lamette. Le mani, martoriate.
Poi si doveva attendere qualche minuto prima di poter avere il responso con quel suono feroce, implacabile.
Il glucometro era grande come un mattone e costava parecchio: eh sí, all’inizio si pagava.
Io ricordo che i miei genitori lo comprarono negli Stati Uniti nel 1982 (costo: 500 mila lire).
Con calma, in seguito, è stato distribuito dalle diabetologie.
Poi i glucometri sono diventati sempre più affidabili, più veloci, più piccoli, le lancette meno dolorose (meno, non indolori).
E poi, molto poi, sono arrivati i primi CGM. Ma erano “per pochi”.
Erano grossi, complicati da usare, spesso (praticamente sempre) erano legati esclusivamente al microinfusore, cosa che ne riduceva ovviamente la platea. Tralascio il costo di questi devices e quindi il loro effettivo utilizzo.
Dicevamo 10 anni del FreeStyle (EASD, Vienna 2014).
Ma l’anno prima, in occasione del 49esimo EASD di Barcellona, io con pochi “privilegiati” (cd. “opinion leaders”, bloggers o rappresentanti di community europei) eravamo stati invitati ad un meeting, moderato dalla giornalista scientifica del Times Vivienne Parry, in cui ci venne chiesto quali fossero i bisogni primari, più sentiti delle persone con diabete e ovviamente, conoscere costantemente l’andamento glicemico, era tra questi.
In quell’occasione ci fu presentato, in anteprima assoluta, il “prototipo” del Libre (mi pare di ricordare non si chiamasse neanche cosí ancora, forse Apollo).
Quello che ricordo chiaramente, ancora con commozione, è che quando Jared Watkin (lo sviluppatore del Libre) avvicinò il lettore a quella specie di “tappino” piatto che aveva sul braccio e apparve il valore della glicemia, io piansi.
Le mie non erano lacrime di sorpresa o di gioia per questa novità straordinaria. Ma erano liberatorie.
Io piangevo quelle lacrime che negli anni avevo trattenuto, quando sentivo il suono del glucometro di mio fratello, quando sapevo che doveva bucarsi le dita, quando vedevo il suo dolore nel farlo.
E questo non sarebbe più successo a nessuno.
Per me fu un grande onore partecipare a quel meeting, unica italiana, poter assistere a quella “dimostrazione” in anteprima da parte di Jared.
Un grande onore l’anno dopo essere invitata all’EASD di Vienna ed assistere alla presentazione ufficiale di quel “tappino” che avrebbe cambiato tutto in 10 anni!
E poi a Milano, a fine ottobre 2014, assistere alla conferenza stampa di “lancio”, sapendo che una gran parte della community di Portale Diabete, era in agitazione, eccitata, pronta a cliccare su quel sito per poter acquistare “un sogno”: quello di vedere il valore della glicemia senza bisogno di bucarsi il dito, conoscere il proprio profilo glicemico h24, poter prevedere ipo e iper guardando le frecce.
Ho sempre sentito come un onore avere la possibilità di informare correttamente la mia community, ricevendo supporto, dati, indicazioni direttamente alla fonte.
Ma fu anche un onere (seppur piacevole ed emozionante) far conoscere questo nuovo strumento: informare, moderare i messaggi del gruppo, leggere le email, rispondere …
Come per ogni novità c’erano gli scettici, gli increduli, i detrattori. E devo essere sincera, non fu sempre facile.
Ma io, noi “ci credevamo” in questo bottoncino e giorno dopo giorno le testimonianze sorprese, entusiaste, felici delle persone con diabete, dei genitori dei bambini, ci confortavano che non avevamo preso un abbaglio.
Nel frattempo uscivano i dati, aumentavano coloro che lo utilizzavano, ma soprattutto, aumentavano le testimonianze di chi diceva che la propria vita era migliorata, che aveva ripreso a dormire la notte, che aveva ripreso a suonare il piano, a nuotare…
Come si diceva all’inizio il Freestyle Libre (per noi però è sempre stato solo “il Libre”) era a pagamento: c’è voluto del tempo e sicuramente molto impegno da parte di tutti gli “attori” coinvolti in questo processo, ma ad oggi in Italia i criteri di rimborso, che pur differiscono da regione a regione, garantiscono alla quasi totalità delle persone con diabete in terapia insulinica, di poterlo utilizzare.
E adesso che sono passati 10 anni, 11 da Barcellona, non so se in quel momento ci fossimo resi conto di cosa sarebbe successo da lí a 10 anni, ma guardammo con interesse (e un po’ di stupore) a quello che già ci sembrava potesse essere una vera rivoluzione nel modo di gestire il diabete e ci auguravamo potesse essere presto disponibile nei nostri paesi.
Non ci eravamo sbagliati.
PS: la foto di copertina è mia e risale alla conferenza stampa di Milano
Daniela D’Onofrio