Nell’infanzia le spie del diabete
Non si fa che parlare dell’epidemia di diabete, che stando alle previsioni colpirà con forza le nuove generazioni in sovrappeso già alle elementari. Perché allora non cercare di prevenirlo fin dall’infanzia, provando a individuare gli elementi che «predicono» una maggior probabilità di ammalarsi per intervenire con mano ferma su chi rischia di più? È ciò che hanno fatto due ricerche, pubblicate di recente sugli Archives of Pediatrics and Adolescent Medicine.
FATTORI PREDITTIVI – Il primo studio arriva dagli Stati Uniti ed è stato condotto andando a rivalutare dati raccolti su un migliaio di ragazzine seguite dall’età di 10 anni per il National Growth and Health Study e circa 800 studenti osservati a partire dai 6-18 anni durante il Princeton Follow-Up Study. In entrambi i casi erano a disposizione numerosi dati clinici e personali di partenza, e i ragazzini sono stati seguiti nel tempo fino a 9 o addirittura 26 anni dopo la raccolta dei primi dati: questo ha permesso ai ricercatori di individuare elementi precoci legati a una maggior probabilità di ammalarsi di diabete di tipo due in età adulta. Il risultato parla chiaro: avere un indice di massa corporea elevato e la pressione massima già un po’ alta è segno che bisogna stare in campana, perché il rischio di diabete è consistente. Se poi ci si aggiungono colesterolo e trigliceridi fuori dalla norma e una glicemia sopra a 100 milligrammi per decilitro, il pericolo aumenta ancora. L’influenza nefasta di questi fattori non è certo sorprendente, perché anche negli adulti sono indice di rischio; lo è semmai il fatto che dovremo abituarci all’idea di valutare la glicemia e magari pure l’insulinemia, come suggeriscono gli autori, in bambini che vanno alle elementari. E vista la diffusione del sovrappeso, non sembra in effetti un consiglio da prendere alla leggera.
SONNO – La seconda ricerca indica un fattore più insolito: i ricercatori, un gruppo di ricercatori cinesi di Tianjin, hanno valutato la durata del sonno in poco più di 1.200 bambini da 3 a 6 anni, obesi e non, misurando loro i livelli di glucosio a digiuno. Ebbene, stando ai risultati i bimbi obesi tendono a dormire poco, e chi riposa per 8 ore o meno ha un maggior rischio di iperglicemia rispetto ai coetanei che dormono 9 o 10 ore. Un buon sonno, insomma, metterebbe al riparo da quella che è universalmente considerata come l’anticamera del diabete. «Come entrambi gli studi sottolineano, il campanello d’allarme comune è sempre il sovrappeso: è rarissimo vedere un bimbo magro con alterazioni metaboliche, a meno che non ci sia una pesante ereditarietà – spiega Gabriele Riccardi, docente di malattie del metabolismo dell’Università Federico II di Napoli e presidente eletto della Società Italiana di Diabetologia –. Il problema vero è che i genitori tuttora considerano il sovrappeso e l’obesità come una condizione benigna, pensano che poi tutto passerà crescendo. Non è così, perché i chili di troppo non sono privi di conseguenze, a nessuna età». Anche per questo è bene agire subito: per di più, un’obesità che arriva da lontano diventa quasi sempre più difficile da risolvere. «Intervenire nell’infanzia evita guai dopo – conferma Riccardi –. Non occorre, insomma, fare i test del colesterolo alle elementari, basta pesare i bimbi e cambiare stile di vita se c’è sovrappeso o obesità: purtroppo non è semplice, i genitori spesso preferiscono scorciatoie di altro genere all’educare con polso fermo i bambini a ridurre i cibi dolci, i grassi o le bevande zuccherate», conclude il diabetologo.
di Elena Meli