Diabetici: «Speranze, non illusioni»
Luisa ha 38 anni e convive con il diabete di tipo uno da quando ne aveva 13. Era in ospedale, dopo la diagnosi, e la signora nel letto accanto al suo le sventolò sotto il naso un giornale con un titolo a tutta pagina: “Sconfitto il diabete”. Luisa pensò di essere stata fortunata ad ammalarsi al momento giusto, ma quella fu solo la prima delle promesse mancate con cui ha dovuto imparare a convivere. «A volte abbiamo bisogno di illuderci – dice Luisa -. A 14 anni ho chiesto alla mia dottoressa se avrei potuto prima o poi prendere un compressa al posto delle iniezioni di insulina. Lei mi disse “Chissà, magari un giorno” e io la ringrazio ancora oggi: in quel momento avevo bisogno di sentirmelo dire, anche se sapevamo entrambe che non era vero». Luisa ha creduto tanto nei trapianti di isole pancreatiche, ha girato in lungo e in largo l’Italia per parlare con tutti quelli che lo fanno.
STAMINALI – Ma oggi ci spera di meno perché hanno una “scadenza” (la capacità di produrre insulina delle cellule trapiantate cala fino a spegnersi dopo qualche anno) e perché non pensa di poter tollerare le terapie immunosoppressive. «Troppo pesanti, l’ho visto sulla pelle del mio compagno: diabetico, ha fatto il trapianto 6 anni fa e durante il primo anno ogni giorno saltava fuori un nuovo pesante acciacco. Spero nelle staminali, ma chissà quando daranno risultati. E nel trapianto senza immunosoppressori: c’è chi ci scommette ma ancora non funziona. È l’ennesima promessa dei ricercatori: non voglio crederci troppo, non voglio farmi male ancora». Luisa dice che non c’è micro-ago o misura-glucosio da borsetta che cambi la vita: quello che vorrebbero i malati è una cura. E ha steso anche un suo personale elenco delle promesse a cui, anno dopo anno, ha prestato sempre meno attenzione, per salvaguardare almeno la sua salute mentale: dall’insulina spray al pancreas artificiale, dalle spezie miracolose alla terapia genica, dai microinfusori come panacea di tutti i mali ai super-sensori che poi, nella realtà, spesso non sono utili quanto si vorrebbe. «Purtroppo c’è uno scarto enorme fra come i medici vedono il diabete e lo presentano ai malati e come noi lo viviamo davvero, sulla nostra pelle, tutti i giorni. In teoria è tutto facile e il diabete è gestibile, basta tener conto di poche, prevedibili variabili. Nella realtà le variabili sono moltissime, imprevedibili e non quantificabili. È questo l’aspetto più difficile della malattia».
Elena Meli