La nefropatia diabetica

La compromissione renale in corso di diabete mellito rappresenta un’evenienza sempre più frequente sia nel diabete di tipo 1 che di tipo 2. La nefropatia clinica si manifesta in circa il 30% dei pazienti diabetici, nella maggioranza dei casi entro 20-25 anni dall’esordio dei diabete. La patogenesi della nefropatia diabetica è complessa; infatti, pur essendo indiscusso il ruolo del controllo metabolico nel conferire rischio di nefropatia, numerosi studi suggeriscono l’esistenza di una predisposizione genetica, peraltro ancora mai definita.

La nefropatia diabetica è responsabile non solo dell’insufficienza renale terminale (ESRF), ma anche di un incremento significativo del rischio cardiovascolare in questa popolazione. Nei Paesi industrializzati, fra i casi che iniziano la terapia sostitutiva (dialisi o trapianto), la percentuale di pazienti diabetici è andata progressivamente aumentando nel corso degli ultimi anni, tanto che la nefropatia diabetica è oggi la causa più frequente di ESRF.

Negli USA, attualmente, il 44% dei pazienti con ESRF è affetto da diabete. In Italia, la prevalenza di pazienti diabetici in terapia sostitutiva è di 55 pmp (9.1 %), con un progressivo incremento nel biennio 1995-96 (rispettivamente 10.2 e 12.4%). L’incidenza massima del trattamento sostitutivo è osservabile nella fascia di età dai 65 ai 74 anni. Tali dati, forniti dal Registro Italiano di Dialisi e Trapianto, sono inferiori a quelli medi europei e meno di un terzo di quelli riportati nella popolazione bianca nordamericana; è comunque prevedibile un ulteriore incremento nel corso dei prossimi anni anche nelle nostre popolazioni.

La diagnosi di nefropatia diabetica è una diagnosi di esclusione. E’ pertanto fondamentale escludere tutte le altre possibili cause di albuminuria patologica, prima di porre diagnosi di nefropatia diabetica. Questo è particolarmente vero nel paziente con Diabete di tipo 2 senza retinopatia diabetica concomitante.

Focalizzare l’attenzione sulla microalbuminuria perché è il primo segno di danno renale e di rischio di malattia cardiovascolare

Monitorare nei pazienti diabetici con microalbuminuria : HbA1c, Pressione Arteriosa, Lipidi, Creatininemia, altre complicanze (retinopatia, macroangiopatia, neuropatia)

Diabete di tipo 1: iniziare lo screening per la microalbuminuria dopo 3 anni dall’insorgenza e dopo i 12 anni di età

Diabete di tipo 2: iniziare lo screening per la microalbuminuria alla diagnosi di diabete

Storia naturale

La storia naturale della nefropatia diabetica è stata dettagliatamente descritta nel diabete di tipo 1, mentre per quanto riguarda i pazienti con diabete tipo 2, che pure rappresentano la maggioranza dei soggetti diabetici con nefropatia, sono disponibili informazioni meno dettagliate.

In un primo stadio, della durata media di 10 anni dalla diagnosi di diabete, si possono sviluppare importanti lesioni strutturali renali, prevalentemente a livello glomerulare, ed in misura minore anche a livello tubulare, interstiziale ed arteriolare, in assenza di manifestazioni cliniche o di anomalie biochimiche ematiche o urinarie. In questa fase, i pazienti con diabete di tipo 1 presentano normale albuminuria, normali valori pressori e velocità di filtrazione glomerulare normale o aumentata. Invece, al momento della diagnosi, circa la metà dei pazienti diabetici di tipo 2 presenta ipertensione arteriosa, circa il 10% microalbuminuria, e una piccola quota di pazienti proteinuria franca.

Lo stadio successivo si caratterizza per la comparsa di microalbuminuria. Nel diabete di tipo 1, la microalbuminuria compare dopo circa 10-15 anni di malattia. Durante questo stadio si assiste ad un lieve e progressivo incremento dei valori pressori nei pazienti con diabete di tipo 1, mentre nel diabete di tipo 2 l’ipertensione arteriosa è presente nell’80% dei casi. Dallo stadio di microalbuminuria una percentuale variabile dal 40 all’80% dei pazienti con diabete di tipo 1 progredisce verso la nefropatia clinica nell’arco di 10 anni, mentre la percentuale di pazienti con diabete di tipo 2 che sviluppa proteinuria sembra inferiore (pari a circa il 40%).

Lo stadio successivo della nefropatia clinica è caratterizzato da proteinuria persistente, ipertensione arteriosa e incremento graduale di azotemia e creatininemia, associati ad un declino progressivo della velocità di filtrazione glomerulare. Tale stadio si manifesta nel diabete di tipo 1 dopo 10-20 anni di malattia e si conclude pressoché invariabilmente con l’insufficienza renale terminale.
Nel paziente diabetico, la terapia sostitutiva andrebbe avviata con valori di clearance della creatinina intorno a 10-15 ml/min, soprattutto in soggetti con ipertensione arteriosa intrattabile e/o edemi massivi. e al manifestarsi dei sintomi dell’uremia; tale approccio è raccomandabile specialmente in soggetti anziani. con elevato rischio cardiovascolare. Dati recenti dimostrano che la dialisi peritoneale e l’emodialisi permettono analoghe sopravvivenze a medio termine dei paziente diabetico, senza differenze significative nei confronti della progressione delle complicanze extra-renali della malattia diabetica. Di fatto. però, nel nostro Paese oltre l’80% dei pazienti diabetici sceglie la dialisi extracorporea.

Il trapianto renale e il trapianto combinato rene-pancreas rappresentano attualmente una valida opzione nel paziente diabetico con ESRF, con percentuali di sopravvivenza dei paziente e dell’organo trapiantato assai vicine a quelle dei pazienti non diabetici, allorché si attui una corretta ed esauriente valutazione pre-trapianto dei pazienti. Inoltre, il trapianto renale ha dimostrato un impatto favorevole su alcune complicanze della malattia diabetica, quali la neuropatia, mentre dibattuti sono gli effetti sulla progressione della macroangiopatia e della retinopatia. Ciò nonostante, la percentuale dei diabetici in ESRF sottoposta a trapianto è alquanto limitata: nel 1995, solo il 3.6% dei pazienti italiani trapiantati di rene era affetta da diabete mellito. Pertanto, andrebbe incoraggiato il precoce inserimento dei pazienti diabetici con insufficienza renale terminale in programmi di trapianto, che sono in grado di garantire un netto incremento dell’aspettativa di vita, oltre ad un miglioramento della qualità della vita, rispetto ai pazienti uremici in trattamento sostitutivo.

PREVENZIONE DELLA NEFROPATIA DIABETICA

Primaria: prevenzione della microalbuminuria

Controllo glicemico ottimale HbA1c <7,0%

Controllo pressorio ottimale: PA<130/85 mmHg

Se PA >= 130/85 mmHg: antiipertensivo di 1 a scelta: ACE-inibitore

Secondaria: bloccare/ridurre la progressione dalla micro- alla macro-albuminuria

Controllo glicemico ottimale: HbAl c < 7.0%

Controllo pressorio ottimale: PA <130/85 mmHg

ACE-inibitore + altro antiipertensivo se necessario

Terziaria: rallentare la progressione dell’insufficienza renale

Controllo pressorio ottimale: PA < 130/85 mmHg

ACE-inibitore + altro antiipertensivo se necessario

Controllo glicemico buono

Dieta lievemente ipoproteica (0,8-0,9 g/Kg/die)

Correzione dislipidemia

Abolizione del fumo

PREVENZIONE

Prevenzione primaria. Allo stato attuale, non è possibile identificare i pazienti diabetici ad elevato rischio di nefropatia, prima della comparsa della microalbuminuria; tuttavia, è stata dimostrata l’importanza di alcuni fattori di rischio, quali l’insoddisfacente controllo metabolico, la familiarità per nefropatie, per ipertensione arteriosa e per malattia cardiovascolare precoce. Per tale ragione, la prevenzione primaria dei danno renale va rivolta a tutta la popolazione diabetica. In questo contesto, l’obiettivo primario è il conseguimento di un adeguato controllo glicemico, definito da valori di emoglobina glicata non superiori al 7% (range di normalità: 4.0-6.0%), come dimostrato sia nel diabete di tipo 1 (DCCT) che nel diabete di tipo 2 (UKPDS). Anche se il mantenimento di un controllo glicemico ottimale è sicuramente un obiettivo difficile, soprattutto nel lungo termine, i risultati degli studi clinici ci impongono il massimo impegno per il suo perseguimento.

Di pari importanza è il buon controllo pressorio, con l’obiettivo di ottenere valori di pressione arteriosa < 130/85 mmHg (nei soggetti < 50 anni l’obiettivo ottimale andrebbe posto intorno a 120/75 mmHg), privilegiando la terapia con ACE-inibitori, per il loro effetto renoprotettivo. Studi recenti suggeriscono un buon effetto renoprotettivo e di riduzione della proteinuria da parte dei Ca-antagonisti a lunga durata d’azione, soprattutto i non-diidropiridinici. Pertanto, qualora necessario al raggiungimento dei controllo pressorio ottimale, i Ca-antagonisti sono i farmaci da associare agli ACE-inibitori. Rimane da chiarire il ruolo degli ACE-inibitori nella prevenzione primaria della nefropatia, in diabetici normoalbuminurici e normotesi.

Prevenzione secondaria. La prevenzione secondaria si pone l’obiettivo di rallentare o arrestare la progressione dalla micro- alla macroalbuminuria. E’ essenziale il conseguimento di un controllo glicemico e pressorio ottimale, con gli stessi obiettivi proposti per la prevenzione primaria.

Prevenzione terziaria. La prevenzione terziaria si propone di rallentare o arrestare la progressione dalla nefropatia clinica alla insufficienza renale terminale.

In tale fase è essenziale il controllo accurato della pressione arteriosa, come del resto in tutte le nefropatie di qualsiasi origine.

Da ricordare inoltre l’importanza del monitoraggio della ionemia e dei parametri di funzionalità renale ogni qual volta venga iniziata terapia con ACE-inibitore nei pazienti con insufficienza renale anche lieve. Anche se non esistono studi prospettici sull’efficacia dei buon controllo metabolico in questo stadio, alcuni studi dimostrano una relazione tra valori di emoglobina glicata e riduzione della velocità di filtrazione glomerulare. Pertanto, anche in questo stadio, si raccomanda il raggiungimento di un buon controllo glicemico.

Grazie ad un più aggressivo controllo dei valori glicemici e pressori è, quindi, possibile ritardare la progressione della nefropatia diabetica. Va comunque ricordato che, nonostante l’ottimismo suscitato da alcuni importanti trials clinici, un numero crescente di pazienti diabetici nefropatici, in larga parte trattati sin dalle fasi precoci di malattia con ACE-inibitori, continua a perdere funzione renale ed a progredire verso l’insufficienza renale terminale. Siamo, quindi, ancora ben lungi dall’identificare la strategia terapeutica ideale in grado di arrestare questa temibile complicanza dei diabete.

Altri interventi terapeutici.

Diversi studi sperimentali e clinici suggeriscono che l’ipercolesterolemia rappresenta un ulteriore fattore di rischio per la progressione del danno renale. Anche se mancano evidenze conclusive in tal senso, la terapia ipolipemizzante va comunque raccomandata per la prevenzione della malattia cardiovascolare, aggravata dalla coesistenza di insufficienza renale.

Il ruolo della dieta ipoproteica nel rallentare la progressione del danno renale, nel paziente diabetico non è stato chiaramente dimostrato. E’ consigliabile comunque una modesta restrizione dell’apporto proteico, intorno a 0.8-0.9 g/kg/die, dando la preferenza alle proteine vegetali ed al pesce, nel paziente diabetico con nefropatia clinica o con insufficienza renale.

E’ essenziale inoltre la sospensione del fumo, che si è dimostrato un fattore di progressione del danno renale, sia nei pazienti con diabete di tipo 1 che di tipo 2.

Infine, non vanno trascurate le raccomandazioni generali, quali la terapia delle infezioni urinarie, spesso recidivanti, e l’attenzione nell’uso di FANS e di mezzi di contrasto nella diagnostica per immagini, da limitarsi alle condizioni di assoluta necessità e previa idonea preparazione.

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Da: http://www.immr.med.unipi.it/nefropatia_diabetica.html