Curare, e bene, il diabete in Italia costa 1/3 che negli USA
Il diabete presenta il conto e lo fa negli USA attraverso il rapporto dell’American Diabetes Association (ADA) pubblicato a cadenza quinquennale; l’ultimo rapporto, relativo ai dati 2012, è stato presentato qualche giorno fa a Capitol Hill in occasione dell’incontro annuale di advocacy ‘Call to Congress’, organizzato dall’ADA. In Italia a fare i conti al diabete ci pensa l’osservatorio ARNO-Diabete, frutto della collaborazione tra la Società Italiana di Diabetologia (SID) e l’osservatorio ARNO del CINECA. Gli ultimi dati italiani risalgono al 2010 e sono calcolati sulla base dei dati amministrativi di circa 10 milioni di italiani. “Il costo totale diretto del diabete in Italia viene stimato nel nostro Paese intorno ai 9 miliardi di Euro – afferma Giulio Marchesini, Professore ordinario e Direttore Scuola di Specializzazione in Scienza dell’Alimentazione presso l’Università di Bologna e massimo esperto sui costi dei diabete derivanti dallo studio ARNO). Se aggiungiamo anche il costo dei presidi e della distribuzione diretta di alcuni farmaci, non presente in ARNO, si può arrivare facilmente tra i 10 e gli 11 miliardi di euro (circa 14 miliardi di dollari) per una popolazione di 60 milioni di Italiani ed il 5% di prevalenza del diabete. Mancano in Italia dati solidi sui costi indiretti del diabete (guadagni perduti, giornate lavorative perse, ecc).
Lo studio Economic Cost of Diabetes in the U.S. in 2012, che sarà pubblicato sul numero di Aprile di Diabetes Care, la rivista dell’American Diabetes Association, evidenzia invece una spesa del 245 miliardi di dollari (176 miliardi di dollari in costi diretti e 69 miliardi in costi indiretti) nel 2012 per i costi inerenti al diabete stelle e strisce, cifra che peraltro fa registrare un aumento del 41% rispetto alla già ragguardevole cifra di 174 miliardi di dollari indicata nel precedente rapporto del 2007. Gli Stati che fanno registrare la maggiore spesa per il diabete sono la California (con 27,6 miliardi di dollari) e la Florida (con 18,9 miliardi di dollari). I vertici dell’American Diabetes Association, attribuiscono questa esplosione della spesa sanitaria destinata alle persone con diabete, all’aumento di prevalenza di questa condizione, anche se poi alla fine la spesa sanitaria per una persona con diabete è 2,3 volte superiore a quella della popolazione non diabetica. Resta il fatto, che almeno negli USA, i costi del diabete crescono ad una velocità assai maggiore, rispetto alla spesa sanitaria in generale: in questo Paese oggi un dollaro ogni 10 di quelli destinati all’assistenza sanitaria viene speso per il diabete e le sue complicanze.
L’analisi degli esperti dell’ADA mette in rilievo anche un altro dato interessante e cioè che la spesa farmaceutica, nonostante l’introduzione sul mercato di nuove classi di antidiabetici, è rimasta identica a quella del 2007, cioè pari al 12% dei costi totali, il che indica che altri sono i motivi dell’aumento della spesa legata alla malattia diabetica. Negli USA 26 milioni di persone sono affette da diabete e altre 79 milioni da prediabete, ma le proiezioni per il 2050 preannunciano che un americano su tre svilupperà la malattia. In Italia, le persone con diabete sono oltre 3 milioni e quelle con prediabete quasi 2 milioni, con proiezioni che vedono in circa 6 milioni le persone affette da diabete nel 2030. “Osservando questi dati – commenta Marchesini – si evince che il nostro sistema è molto più economico; anche aggiungendo spese personali non conteggiate (visite in libera professione e acquisto diretto di alcuni farmaci), per certo non si giunge al costo diretto di 13.700 dollari (oltre 10mila Euro) a persona degli Stati Uniti. In Italia la spesa annuale per una persona con diabete si attesta infatti intorno a € 3.500, un terzo del costo degli USA. Varrebbe la pena di interrogarsi sull’efficienza del nostro SSN”.
“Sicuramente il nostro Paese – commenta il professor Stefano Del Prato, Presidente della Società Italiana di Diabetologia – ha il vantaggio di essersi dotato ormai da tempo di una rete di servizi specialistici in grado di affrontare le condizioni più complesse e di interagire con sempre maggiore efficienza con la medicina generale per garantire un’ampia copertura alla popolazione diabetica. Questa organizzazione rende la cura del diabete efficiente soprattutto nel cogliere e prontamente trattare le prime manifestazioni delle complicanze, come testimoniato da una riduzione dei ricoveri ospedalieri che sono passati da 120.804 nel 2000 a 96.787 nel 2010.” “Anche in Italia, comunque – prosegue il professor Marchesini – il costo per persona con diabete è di 2.2-2.5 volte superiore a quello del costo sanitario di una persona senza diabete, espressione delle molteplici complicanze della malattia ed in particolare delle complicanze cardiovascolari. La percentuale di spesa per farmaci, ricoveri, servizi, è molto simile tra Italia e Stati Uniti. In Italia i ricoveri ospedalieri coprono il 57% del costo calcolato sui dati amministrativi (ma circa il 45% dei costi totali diretti, come negli USA); il costo dei farmaci è intorno al 22-25% del totale (contro il 30% degli USA, considerando una spesa del 12% per i farmaci antidiabetici e del 18% per i farmaci per le complicanze del diabete), quello della specialistica ed esami di laboratorio e strumentali intorno al 10% (9% negli USA per le sole visite).Vale comunque la pena inquadrare il problema nella spesa sanitaria globale. Ricordiamoci che gli USA spendono oggi oltre il 17% del PIL per la Sanità, contro un 9% della spesa in Italia (inferiore alla media OCSE).
Quanto al problema della spesa farmaceutica – prosegue il professor Marchesini – il 30% USA deriva dalla somma del 18% (spesa farmaceutica per le complicanze, ovvero farmaci non ipoglicemizzanti) + 12% (spesa per farmaci antidiabetici). Il valore riportato (22-25% in Italia) è la spesa farmaceutica globale, di cui circa un quinto (ovvero il 4% del totale della spesa) è quella relativa ai soli farmaci ipoglicemizzanti. I farmaci per il diabete costano in media soltanto 200-210 Euro a paziente in Italia. Questo valore aumenta del 50% o poco più se calcoliamo il costo dei presidi. Quindi, in Italia si spende molto meno, soprattutto per i farmaci. I vincoli AIFA non sono senza effetto.” Ma come sta cambiando negli anni il costo del diabete in Italia? “L’Osservatorio ARNO-Diabete – spiega il professor Marchesini – ci conferma che, come negli Stati Uniti, anche in Italia in peso economico del diabete, come quello di altre malattie croniche non trasmissibili, si va facendo insostenibile. Tra il 2006 ed il 2010 l’aumento del costo totale diretto del diabete per il Sistema Sanitario Nazionale è stato di circa il 20% (circa 1,4 miliardi di Euro) e le proiezioni per il futuro non sono favorevoli. Occorrono strategie per favorire la prevenzione del diabete e delle sue complicanze, per limitare la spesa dei ricoveri nelle fasi avanzate”.
“I dati forniti dall’analisi ADA così come quelli dell’Osservatorio Arno Cineca – commenta il professor Stefano Del Prato – indicano che il costo legato al diabete mellito rischia di divenire non più sostenibile nell’arco di pochi anni. La quota maggiore di questo aggravio di spesa non è tanto nell’uso di farmaci, quanto di quello legato alla ospedalizzazione. La causa principale di ricovero per la persona con diabete è rappresentato dalle complicanze che possono essere ridotte solo con una efficace prevenzione del diabete e, in chi la malattia ce l’ha già, con uno stretto controllo glicemico. La prima richiede una massiccia azione generale che migliori la consapevolezza della popolazione generale iniziando con processi educativi avviati già in età scolare. La seconda è di rendere omogeneo un trattamento standardizzato e moderno su tutto il territorio nazionale, con il coinvolgimento di tutti gli attori del sistema come previsto dal Piano Nazionale del Diabete. Ovviamente queste azioni devono essere accompagnate da un’attenta verifica di costo-efficacia. In tal senso la Società Italiana di Diabetologia ha avviato, oltre alla collaborazione con l’Osservatorio ARNO-CINECA anche un gruppo di lavoro di Health Technology Assessment con la partecipazione di esperti di economia sanitaria e diabetologi”.
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