Cellule progenitrici vascolari umane per guarire le ulcere
Ogni 30 minuti un malato di diabete perde l’uso di un arto inferiore a causa di un’ulcera e della conseguente necrosi dei tessuti che la malattia provoca. La messa a punto di un sistema in grado di risanare rapidamente i tessuti chiudendo le lesioni è dunque tra le priorità di chi studia il diabete mellito.
Paolo Madeddu scienziato dello European Vascular Genomics Network (EVGN, www.evgn.org) dell’Università di Bristol, insieme con i colleghi dell’Istituto Besta di Milano e dell’INSERM di Bordeaux, ha messo a punto un modello sperimentale basato sulla somministrazione di cellule progenitrici vascolari, (VPC) che, in laboratorio, si è rivelato efficace dal punto di vista terapeutico sulle ulcere diabetiche ischemiche. La ricerca è stata presentata oggi, 13 dicembre 2006, alla Conferenza annuale di EVGN in corso a Tolosa (Francia).
Trattandosi di studi preliminari non è ancora possibile prevedere quando potrebbero essere applicati sull’uomo. Tuttavia, i risultati estremamente incoraggianti hanno indotto gli scienziati ad avviare una serie di ulteriori esperimenti mirati a caratterizzare i composti prodotti dalle VPC, da cui dipende il risanamento delle lesioni ulcerose.
Il diabete è una malattia sociale che, in Italia, colpisce due milioni di persone. Le ulcere diabetiche sono lesioni che scendono in profondità nei tessuti, spesso inibendo la funzionalità di muscoli e ossa. Non di rado, inoltre, producono infezioni che degenerano aggravando lo stato di salute già compromesso del paziente. Da qualche anno le cellule staminali hanno attratto l’attenzione dei ricercatori per le loro potenzialità di cura delle ulcere diabetiche. In questo studio, però, Paolo Madeddu e il suo gruppo hanno utilizzato cellule progenitrici vascolari. “Si tratta di cellule che non sono state ancora completamente caratterizzate. Sappiamo però che non sono del tutto differenziate – ha spiegato Madeddu – e che ritengono un notevole potenziale di rigenerazione vascolare, oltre alla capacità di contrastare il suicidio delle cellule, o apoptosi”.
Tra i principali obiettivi dello studio c’era la messa a punto un modello di diabete sul quale sperimentare le capacità rigenerative delle VPC. “Abbiamo usato un modello murino in cui abbiamo indotto delle ulcere diabetiche simili a quelle che si formano nell’uomo” ha precisato lo scienziato. “Poi abbiamo somministrato un particolare sottogruppo di VPC e, a 1 settimana di distanza dal trattamento, siamo andati a controllare lo stato delle ulcere. Le lesioni trattate risultavano più sottili e ridotte rispetto alle non trattate, ed erano circondate da un abbondante numero di capillari di neoformazione, segno che il tessuto si stava rigenerando”.
A ulteriore conferma dell’efficacia del trattamento gli scienziati hanno osservato che le VPC inibivano l’apoptosi cellulare, un meccanismo di difesa presente anche nei tessuti necrotici che l’organismo mette in atto quando non c’è possibilità di riparare un danno, incrementando al contempo la proliferazione cellulare. Altrettanto efficace delle cellule si è rivelata la somministrazione del terreno in cui esse erano state mantenute in laboratorio.
“Il terreno di coltura – ha sottolineato Madeddu – contiene qualche fattore che riesce a stimolare la proliferazione delle cellule endoteliali, la cui identificazione sarà cruciale per il prosieguo delle ricerche. Questi risultati, infatti, potrebbero portare alla realizzazione di una terapia mirata basata sull’uso delle cellule progenitrici, o delle sostanze curative che esse secernono”.
14 dicembre 2006