Diabete di tipo 2: prevenzione e trattamento affidati in futuro alla ‘nutrizione di precisione’
Nel 2015 nasceva negli USA la Precision Medicine Initiative che tra i cardini della sua mission ha proprio quello di adeguare il trattamento e le strategie di prevenzione e trattamento alle caratteristiche peculiari del singolo individuo, definite dal genoma, dalla composizione del suo microbiota, dalla sua anamnesi patologica o dalla dieta. Ed è proprio su questo filone che nasce e si innesta la ‘nutrizione di precisione’, un approccio che, partendo dalle raccomandazioni dietetiche generali delle linee guida, elabora delle diete su misura per il singolo individuo affetto da una determinata patologia, prendendo in considerazione genomica, metabolomica, metagenomica e analisi del microbiota intestinale, interazione con farmaci (ad esempio gli anti-diabete), livello di attività fisica e rapportando tutte queste informazioni all’analisi dei big data.
E alla neonata ‘nutrizione di precisione’, nella declinazione ‘prevenzione e trattamento del diabete di tipo 2’, Lancet Diabetes & Metabolism dedica questa settimana un articolo, a firma di Dong D. Wang e Frank B. Hu del Dipartimento di Nutrizione, Dipartimento di Medicina, Brigham and Women’s Hospital e Harvard Medical School, Boston, USA.
Molti dei 425 milioni di diabetici nel mondo (quasi tutti dei ‘tipo 2’) sono figli dell’urbanizzazione e degli stili di vita patogeni che la vita nelle città si porta dietro come corollario. Esistono prove incontrovertibili del fatto che la maggior parte dei casi di diabete di tipo 2 potrebbero essere prevenuti adottando uno stile di vita sano, fatto di attività fisica, dieta equilibrata e occhio alla bilancia (l’obesità è l’altra pandemia che va a braccetto con quella del diabete). Attività fisica e interventi dietetici rappresentano le basi anche del trattamento del diabete di tipo 2 che anche quando richieda l’intervento farmacologico non può fare a meno di questi due cardini di trattamento, che restano trasversali a tutte le fasi di questa patologia.
Le linee guida di tutte le società scientifiche di diabetologia dedicano grande attenzione al capitolo della ‘dieta’ che per essere ‘sana’ deve essere ricca di frutta, vegetali, cereali integrali, frutta a guscio, legumi e povera di carboidrati raffinati, carni rosse o processate, bevande zuccherate. Fondamentale anche la qualità dei grassi e dei carboidrati consumati durante la giornata, con un semaforo verde per i grassi insaturi e per i carboidrati a basso indice glicemico. Infine, fibre a volontà. Indicazioni chiare insomma ma decisamente a ‘taglia unica’ che, per quanto valide, in epoca di medicina di precisione, suonano un po’ anacronistiche.
Caratteristica peculiare del diabete è la sua eterogeneità (sul piano clinico, genetico, fisiopatologico), che meritare interventi ritagliati sul misura del singolo paziente. Così come la riposta ai farmaci non è uguale per tutti, analogamente un intervento dietetico del tipo ‘one size fits all’ nella persona con diabete può non risultare del tutto adeguato.
L’idea alla base della nutrizione di precisione è proprio quella di prevenire e trattare le patologie anche attraverso interventi dietetici su misura ritagliati sulla base del background genetico di un soggetto, sul suo profilo metabolico e sulle esposizioni ambientali.
I progressi della genomica, dell’epigenetica, della metabolomica e le conoscenze sul microbiota intestinale rendono particolarmente interessante il campo della nutrizione di precisione, in particolare nel campo della prevenzione e trattamento del diabete di tipo 2.
Negli anni recenti, la nutrigenomica ha gettato luce sulle varianti genetiche che influenzano assunzione e metabolismo di nutrienti specifici e predicono la variabilità individuale nella risposta agli interventi dietetici. La metabolomica ha consentito di individuare dei nuovi pathway metabolici fortemente influenzati dalla dieta.
Gli interventi sulla dieta sono inoltre molto efficaci nel modulare il microbiota intestinale, in termini di numerosità, composizione e attività e soprattutto in maniera tale da poter influenzare il metabolismo degli alimenti e il controllo glicemico. Al punto che oggi esistono già delle ‘app’ dedicate, che valutano in tempo reale l’apporto dietetico e danno dei feedback per migliorare il compenso glicemico e il controllo del diabete.
Ma al di là delle tecnologiche ‘omiche’ che ci parlano già del futuro prossimo venturo, gli autori invitano a non omettere da questa conversazione sulla personalizzazione delle indicazioni dietetiche le istanze socio-economiche (reddito, livello di istruzione, esposizione ad una determinata offerta alimentare, network sociali e lavorativi), che di certo giocano un ruolo fondamentale nella definizione di un piano alimentare e meritano dunque adeguata considerazione. E questo allarga il campo della nutrizione di precisione ad interventi di salute pubblica, sulla popolazione generale quali l’educazione alimentare, le politiche alimentari, ecc. Inutile parlare di ‘omica’ se gli unici alimenti disponibili a basso costo sono junk food e cibi ricchi di calorie, insomma.
L’integrazione di tutte queste conoscenze con l’analisi dei big data potrebbe un giorno consentire alla nutrizione di precisione di fornire una guida personalizzata per la prevenzione e il trattamento del diabete di tipo 2. Ma passerà ancora del tempo prima che questo si verifichi su larga scala, ammettono gli esperti di Harvard . Per adesso questo campo è ancora orfano di evidenze certe e riproducibili e le ‘omiche’ hanno ancora dei costi troppo elevati per poter essere traslate in clinica su larga scala.
Compito degli esperti in questa fase insomma è di far progredire rapidamente la ricerca in questo settore, individuando dei biomarcatori di risposta. Ma al contempo è necessario frenare facili entusiasmi e fughe in avanti, dettate da cupidigie di marketing. Non sono poche le company commerciali sul mercato – avvertono gli autori – che sfruttando l’onda della novità hanno cominciato a mettere sul mercato ‘valutazioni nutritive’ e trattamenti dietetici basati appunto sul genotipo del singolo individuo, senza alcuna dimostrazione scientifica a sostegno del fatto che questo approccio possa realmente migliorare qualità della dieta e soprattutto la salute dell’individuo.
Ma la strada è segnata e le strategie dietetiche del futuro nel campo del diabete (e non solo) saranno sempre più di ‘precisione’ e ‘su misura’.
Maria Rita Montebelli