Dieta ricca di fibre favorisce il controllo glicemico
In uno studio in cui i pazienti diabetici sottoposti a una dieta ricca di fibre hanno mostrato un miglior controllo della HbA1c, è stato identificato un gruppo selezionato di batteri intestinali responsabili dei benefici delle diete ad alto contenuto di fibre nel diabete di tipo 2. Questo è quanto emerge da una ricerca effettuata in Cina e pubblicata sulla rivista Science.
I ricercatori affermano che, in effetti, l’assunzione delle giuste fibre alimentari può riequilibrare il microbioma intestinale e portare a una riduzione della glicemia e del peso corporeo, ponendo così le basi per un nuovo approccio nutrizionale finalizzato a prevenire e gestire il diabete di tipo 2.
La chiave sono gli acidi grassi a catena corta.
«Lo sviluppo mirato dei batteri che producono acidi grassi a catena corta (SCFA) attraverso un’alimentazione personalizzata, può rappresentare un nuovo approccio per manipolare il microbiota intestinale, allo scopo di gestire il diabete di tipo 2 e altre malattie correlate alla disbiosi», scrivono Liping Zhao della School of Environmental and Biological Sciences, Rutgers University-New Brunswick, New Jersey, e colleghi
I SCFA sono prodotti da vari microbi intestinali umani. Agiscono come una fonte di energia per l’epitelio del colon e sono anche coinvolti nei meccanismi che modulano l’appetito e l’infiammazione.
Nel loro studio Zhao e colleghi spiegano che i microbi intestinali svolgono una serie di ruoli in risposta all’assunzione di cibo, e suggeriscono che le malattie croniche come il diabete di tipo 2 possono in parte derivare da una carenza nella produzione dei SCFA, che sono il risultato della fermentazione dei carboidrati nell’intestino.
Precedenti studi clinici hanno dimostrato che un maggiore apporto di carboidrati non digeribili ma fermentabili (fibre alimentari) aiuta ad alleviare la patologia, ma le risposte al trattamento sono molto variabili. Gli autori sottolineano che una migliore comprensione di come rispondono i batteri intestinali, sia come singole specie che attraverso le interazioni reciproche, può migliorare gli esiti clinici degli interventi dietetici.
Uno studio che mirava alla dieta
In questo studio, i pazienti con diabete di tipo 2 sono stati assegnati in modo casuale a un gruppo di controllo, in cui hanno ricevuto normali raccomandazioni dietetiche (n=16), o al gruppo di trattamento, sottoposto a una dieta ricca di fibre composta da cereali integrali, alimenti medicinali cinesi tradizionali e prebiotici (n=27).
Successivamente, i ricercatori hanno caratterizzato le dinamiche del microbiota intestinale e il suo effetto sui livelli di glucosio dei pazienti, inclusa la catalogazione dei geni batterici per vedere come l’aumento delle fibre alimentari alterasse la composizione complessiva del microbiota intestinale. Nello specifico, hanno esaminato i geni coinvolti nella produzione di metaboliti del glucosio.
I livelli di HbA1c, l’outcome primario dello studio, sono diminuiti significativamente rispetto al basale in modo tempo-dipendente in entrambi i gruppi. Tuttavia, dal 28 ° giorno in poi, la riduzione è stata superiore nel gruppo assegnato a una dieta ricca di fibre. La percentuale di partecipanti che hanno raggiunto un adeguato controllo glicemico (HbA1c <7%) dopo 12 settimane era significativamente più alta nel gruppo di trattamento (89% vs 50% nel gruppo di controllo, p=0,005).
Dei 141 ceppi di batteri intestinali produttori di SCFA identificati, solo 15 sono stati interessati dal consumo della dieta ad alto contenuto di fibre, e probabilmente sono quelli più coinvolti nel supportare i benefici osservati. Insieme formano una sorta di “corporazione” che stimola la produzione dei SCFA carenti (principalmente butirrato e acetato) da parte dell’ecosistema intestinale, affermano i ricercatori.
«Il coinvolgimento di questo gruppo attivo di produttori di SCFA non ha solo migliorato una funzione benefica, ma ha anche mantenuto un ambiente intestinale che tiene a bada i batteri dannosi», hanno osservato Zhao e colleghi.
«I nostri dati clinici indicano che una maggiore disponibilità di carboidrati non digeribili ma fermentabili è sufficiente per indurre miglioramenti metabolici clinicamente rilevanti nei pazienti con diabete di tipo 2».
In un comunicato stampa della Rutgers University, Zhao sottolinea che il loro studio apre la possibilità che, per questi pazienti, «le fibre destinate a questo gruppo di batteri intestinali potrebbero alla fine diventare una parte importante della dieta e del trattamento».
Nessuna correlazione dieta–microbioma in un altro studio
In un articolo pubblicato online su Gut lo scorso novembre, una dieta integrale non è riuscita a modificare la sensibilità all’insulina e il microbioma intestinale in soggetti sani a rischio di sviluppare la sindrome metabolica. Ha però comportato una riduzione del peso corporeo e una minore infiammazione sistemica di basso grado.
Nello studio crossover, 60 adulti danesi a rischio di sviluppare la sindrome metabolica sono stati assegnati casualmente a due periodi di intervento dietetico di 8 settimane separati da un periodo di washout di più di 6 settimane, comprendenti una dieta integrale (media, 179 g di grano intero al giorno) e una dieta con cereali raffinata (13 g al giorno).
L’assunzione di una dieta ricca di cereali integrali è stata associata a un minore apporto energetico e peso corporeo, e a una riduzione significativa dei marcatori di infiammazione circolanti, come l’interleuchina 6 e la proteina C-reattiva, riferisce Henrik Munch Roager, dell’Istituto National Food Institute, Technical University of Denmark, Kongens lyngby.
Ma «in contrasto con la nostra ipotesi», rispetto alla dieta con cereali raffinati, la dieta ricca di cereali integrali non ha modificato in modo significativo la composizione del microbioma fecale, né ha influenzato l’omeostasi del glucosio. Quindi i benefici per la salute di questa dieta specifica ricca di cereali integrali «sembravano essere indipendenti dai cambiamenti nella composizione del microbioma intestinale all’interno di uno studio di 8 settimane», hanno osservato gli autori.
Hanno comunque concluso che «il consumo di cereali integrali ha effetti benefici sui marcatori ematici di infiammazione subclinica negli adulti a rischio di sviluppare la sindrome metabolica, e un maggior consumo di cereali integrali dovrebbe essere incoraggiato nei soggetti a rischio di malattie infiammatorie».
Zhao L et al. Gut bacteria selectively promoted by dietary fibers alleviate type 2 diabetes. Science. 2018 : 1151-1156.
da PHARMASTAR