Neuropatia diabetica: colpisce una persona con diabete su tre. A Roma un congresso sulle ultime novità di diagnosi e terapia
NEURODIAB 2018, il congresso internazionale sulla neuropatia diabetica, che si terrà a Roma da 4 al 7 settembre (Hotel Sheraton Parco de’ Medici), farà il punto su una condizione che interessa oltre una persona diabetica su tre ma che, pur essendo estremamente invalidante, è poco conosciuta da medici e pazienti. Nel corso del congresso verranno presentati tutti i nuovi strumenti di diagnosi e le ultime terapie. NEURODIAB, il gruppo di studio sulla Neuropatia Diabetica dell’EASD (European Society for the Study of Diabetes), è presieduto dall’italiana Simona Frontoni, professore di Endocrinologia presso l’Università Tor Vergata di Roma e presidente della sezione Lazio della Società Italiana di Diabetologia
Roma, lunedì 3 settembre 2018. Ci sono quelli per cui quella sensazione di formicolio ai piedi accompagnata da ‘frustate’ di dolore bruciante alle gambe è ormai una presenza costante; quelli che non riescono a fare più un pasto intero perché lo stomaco rifiuta di ricevere il cibo (o lo vomita) e la digestione è un’impresa lunga ore; quelli con la vita sessuale devastata da un disturbo senza nome; quelli che come si alzano in piedi vedono tutto nero e cadono per terra rischiando di farsi molto male. Tanti problemi diversi, con un impatto importante sulla qualità di vita; condizioni che per molte persone con diabete di lungo corso sono una compagnia quotidiana, della quale spesso non parlano, soffrendo in silenzio. Ma questa costellazione di sintomi, apparentemente così diversi ed estranei tra loro ha un nome , ‘neuropatia diabetica’. E la possibilità di ricevere una diagnosi e terapie efficaci. Sebbene, secondo gli ultimi dati epidemiologici (i dati sono del professor Andrea Truini, dell’università La Sapienza di Roma) il 36 per cento delle persone con diabete presenti una polineuropatia (prevalenza riferita all’Italia, ma simile a quello di altri Paesi europei come Francia e Gran Bretagna) e il 13 per cento abbia polineuropatia dolorosa, la conoscenza di questi disturbi, da parte degli stessi pazienti, dell’opinione pubblica e di molti medici, è ancora scarsa. Questo fa sì che il paziente tenda a non parlare dei propri disturbi (tranne in casi estremi), se non adeguatamente sollecitato dal medico e dunque non riceva una diagnosi e delle terapie che potrebbero alleviarli. Per fare il punto sulla neuropatia diabetica nelle sue svariate forme, si riunirà a Roma dal 4 al 7 settembre il gotha degli esperti mondiali, per il congresso internazionale Neurodiab 2018, la 28° edizione del meeting annuale del Gruppo di Studio Neuropatia Diabetica dell’EASD (Società Europea per lo Studio del Diabete), attualmente presieduto dall’italiana Simona Frontoni, professore di Endocrinologia all’Università Tor Vergata di Roma e presidente della sezione Lazio della Società Italiana di Diabetologia, SID.
Cos’è la neuropatia diabetica. “La neuropatia diabetica – spiega Simona Frontoni – fa parte delle complicanze croniche del diabete e interessa quasi tutti gli organi e apparati. Si distingue in una forma periferica e in una forma autonomica. La prima interessa i nervi periferici, soprattutto degli arti inferiori; quella autonomica interessa l’innervazione simpatica e vagale del nostro organismo e in quanto tale va a colpire quasi tutti gli organi. La forma più importante e pericolosa di neuropatia autonomica è quella cardiovascolare, in quanto è responsabile di un’altissima percentuale di morti nel soggetto diabetico proprio perché colpisce la regolazione autonomica del cuore e della pressione arteriosa ed è quindi associata ad un’elevata morbilità e mortalità. La neuropatia autonomica può interessare anche il sistema gastrointestinale e quello uro-vescicale”.
Ma esiste anche una forma di neuropatia ‘centrale’. “Abbiamo scoperto – prosegue Frontoni – che il sistema nervoso centrale è in qualche modo coinvolto nella neuropatia autonomica. Nel corso del congresso verranno presentati dei dati del gruppo del professor Solomon Tesfaye (UK) che dimostrano come esista una grossa componente centrale, per esempio nella percezione del dolore. Anche nel caso dell’Alzheimer che è molto frequente nel paziente diabetico sappiamo che esistono delle strette correlazioni tra la forma di neuropatia centrale e quella periferica. E’ ormai conoscenza acquisita che l’Alzheimer sia una importante complicanza del diabete: al congresso il professor Rafael Simò (Barcellona) presenterà un dato molto bello sulla possibilità di predire la comparsa di Alzheimer nel diabetico, attraverso lo studio delle alterazioni della retina, evidenziate alla microperimetria retinica.
Cosa provoca la neuropatia diabetica: iperglicemia, stress ossidativo, infiammazione e cellule ‘gregario’. “Come tutte le complicanze croniche del diabete, anche la neuropatia è causata dall’iperglicemia (e molto pericolosi sono anche gli ‘sbalzi’ di glicemia, cioè la variabilità glicemica) che, attraverso meccanismi prevalentemente legati ad un’attivazione dello stress ossidativo o dell’infiammazione o all’alterazione dei microvasi che portano nutrimento ai nervi, è responsabile dello sviluppo di neuropatia. Tutti questi meccanismi vanno a danneggiare (stato infiammatorio o di attivazione dello stress ossidativo) e portano in seguito a morte (apoptosi) le fibre nervose. Oggi sappiamo che il danno mielinico è molto precoce. Un’altra acquisizione recente è che le cellule gliali (o di supporto) sembrano avere un ruolo importante nella precocità del danno nervoso, perché sono quelle che in qualche modo garantiscono il nutrimento e le informazioni alla cellula nervosa. In uno studio che stiamo effettuando sulla retina, abbiamo dimostrato che le cellule di Müller (l’equivalente retinico delle cellule gliali) sono implicate in alterazioni estremamente precoci alle quali segue il danno della cellula nervosa. Le cellule gliali insomma, ritenute fino a poco tempo fa una sorta di impalcatura inerte, sono al contrario delle vere e proprie cellule ‘gregario’ per i nervi. Se la retina è danneggiata da stress ossidativo provocato da sbalzi glicemici, queste cellule si attivano per cercare di proteggere le cellule nervose”.
Come si diagnostica la neuropatia diabetica. E’ possibile diagnosticare precocemente la neuropatia diabetica. “Per prima cosa – sottolinea la professoressa Frontoni – è importante saperla riconoscere attraverso i suoi segni e sintomi. Nel caso della neuropatia autonomica, alcuni di questi sono piuttosto precoci e, anche se aspecifici, se ben inquadrati nel contesto clinico possono aiutarci a porre un sospetto diagnostico. Ad esempio, uno dei primi segni e sintomi della neuropatia diabetica è la disfunzione erettile (che nel diabetico può avere anche cause vascolari ma che spesso nasconde anche una neuropatia). Sintomi gastro-intestinali, quali un rallentato svuotamento gastrico che dà un senso di ripienezza, può essere un iniziale segno di neuropatia gastro-intestinale. La presenza di una tachicardia fissa e di una scarsa modulazione della frequenza cardiaca è un altro segno da valorizzare nella diagnosi; più avanti nel tempo compare l’ipotensione ortostatica che è un segno importante, facile da individuare e che è fortemente diagnostico di neuropatia diabetica; purtroppo, bisogna anche ricordare che l’ipotensione ortostatica si associa anche ad un aumento di mortalità e morbilità nella popolazione diabetica. Altro motivo per ricercarne attivamente la presenza. Per la forma periferica è molto importante l’esame del paziente, l’ispezione del piede, la valutazione del polso e il test del microfilamento che insieme consentono di fare agevolmente diagnosi di neuropatia diabetica periferica, senza necessità di ricorrere ad esami quali l’elettromiografia (EMG), necessaria solo quando si vuole fare una diagnosi differenziale dalla neuropatia diabetica.
Il microfilamento. E’ un test molto facile da eseguire che si effettua toccando alcune parti predefinite del dorso e della pianta del piede del paziente con un microfilamento (una sorta di setola morbida, semi-rigida); estremamente facile da eseguire è decisamente low-cost e alla portata di ogni medico. Va a rilevare a livello del piede la percezione del filamento. La perdita della sua percezione è considerata un indice estremamente precoce di neuropatia diabetica, oltre che un indice prognostico negativo per piede diabetico (complicanza in stretta correlazione con la neuropatia).
I nuovi test diagnostici.
● Holter cardiaco e analisi spettrale. Per la neuropatia autonomica cardio-vascolare ci sono dei nuovi test molto sofisticati. Oggi è possibile utilizzare l’analisi spettrale dell’intervallo R-R all’Holter cardiaco che consente di fare una diagnosi di neuropatia autonomica più precoce e sofisticata.
● Microperimetria retinica. Si esegue dall’oculista, è un OCT che permette di misurare alcuni spessori della retina. “A lungo – ammette la professoressa Frontoni – la retinopatia diabetica è stata considerata solo una complicanza microvascolare; in realtà, se andiamo ad esaminare il tessuto retinico vediamo che questo è costituito per lo più da cellule nervose, mentre la componente vascolare è molto meno rappresentata (anche se è più facile da esaminare, ad esempio attraverso il fondo dell’occhio che permette lo studio dei vasi retinici). Di fatto insomma la retina è tessuto nervoso. E questo ha naturalmente implicazioni importanti, perché attraverso la misurazione degli strati retinici con l’OCT e anche attraverso la misurazione della funzione retinica con il multi-focal ERG (MFERG) che è un test funzionale di trasmissione dell’impulso nervoso della retina, si sono cominciate a fare correlazioni tra queste alterazioni retiniche e l’Alzheimer, ma anche con la neuropatia periferica.
● Microscopia confocale corneale. La esegue l’oculistae permette di individuare molto precocemente la neuropatia periferica perché le fibre corneali sono delle piccole fibre e si ritiene che siano le prime ad essere alterate nella neuropatia. E’ un esame che, come il Sudoscan (vedi sotto) consente di valutare precocemente le alterazioni delle piccole fibre. In questo caso, quelle della cornea. Queste alterazioni precoci sono predittive poi di comparsa di neuropatia periferica.
● Sudoscan (conduttanza cutanea elettrochimica). Utilizzato anche nelle forme di la neuropatia pre-diabetica. È una metodica che va ad indagare le alterazioni delle piccole fibre, considerate alterazioni precoci della neuropatiache, analogamente a quanto visto per la cornea, sono le prime alterazioni che si manifestano. Esiste da un certo numero di anni, è un test validato in gradi di rivelare alterazioni precoci (anche nel soggetto con pre- diabete). Si esegue in varie parti del corpo (palmo delle mani, piante dei piedi, ecc); è una sorta di cuscinetto che si mette a contatto con la cute del paziente e che si colora quando viene a contatto col sudore. Le ghiandole sudoripare, che sono innervate dalle piccole fibre, rappresentano una spia di un’alterazione precoce di questa innervazione. Col Sudoscan si misura la capacità della ghiandola sudoripara di rilasciare ioni cloro, dopo aver somministrato un piccolissimo stimolo elettrico nella zona in esame. Nel soggetto diabetico la quantità rilasciata è ridotta per le alterazioni a carico dell’innervazione delle ghiandole sudoripare.
“La terapia migliore e più efficace in assoluto della neuropatia diabetica – afferma la professoressa Frontoni – è lo stretto controllo metabolico del diabete. Per la neuropatia periferica, ci sono dati interessanti sull’utilizzo di alcuni integratori, quali l’acido alfa-lipoico (ALA) che, se assunto per lunghi periodi può dare risultati, soprattutto se iniziato precocemente. L’ALA è stato utilizzato anche nella neuropatia autonomica, ma con risultati meno robusti. Nel caso della neuropatia autonomica, si ricorre soprattutto a terapie sintomatiche, a strategie per l’ipotensione ortostatica e i vari disturbi disfunzionali, come le calze elastiche per facilitare il ritorno venoso, la caffeina per l’ipotensione ortostatica, i farmaci per la disfunzione erettile, i procinetici per la gastroparesi.
Nel caso della neuropatia dolorosa si ricorre al’uso di farmaci per il dolore. “Per molti anni – spiega la professoressa Frontoni – sono state utilizzate terapie del tutto aspecifiche (FANS, benzodiazepine, ecc)con scarso beneficio. Oggi disponiamo invece di un certo numero di classi terapeutiche per il dolore; ampiamente utilizzato è il gabapentin; una grande svolta nella terapia del dolore è stato l’utilizzo della duloxetina che nasceva come antidepressivo ma che ha poi dimostrato di avere un’efficacia importante nel dolore neuropatico. Nelle forme dolorose possono essere utilizzati infine altri farmaci considerati però di seconda linea,come il tramadolo e l’ossicodone e la più recente associazione ossicodone/naloxone. Le forme dolorose e gravi sono purtroppo molto frequenti. Per questo è così importante fare una diagnosi accurata; troppo spessoi disturbi di questi pazienti vengono sottovalutati o considerati aspecifici”.
I nuovi farmaci sperimentali (patogenetici). Molti approcci sperimentali sono orientati ad una terapia patogenetica, che riesca a riparare il danno nervoso, , a normalizzare il nervo, attraverso ad esempio una mielinizzazione. Mancano però ancora i dati sull’uomo. Il topiloxostat ad esempio, un nuovo trattamento testato per ora solo sui topi, si associa alla soppressione delle alterazioni infiammatorie in fase precoce. L’exendin-4sembra favorire i processi di rimielinizzaizone. Altre strategie prevedono una crema con nanoparticelle alla resinferatoxina. Altri farmaci sembrano favorire (ma sempre su modelli animali) una rigenerazione nervosa a livello del gangli nervosi della colonna.
Ufficio Stampa SID
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Maria Rita Montebelli
Andrea Sermonti