“Jama contro la pseudomedicina: i medici possono (e devono) proteggere i pazienti”. Ma anche tutti noi possiamo fare qualcosa.

Nei giorni scorsi sul nostro gruppo Facebook è stata riproposta la campagna #insulinaèvita che avevamo lanciato come Portale Diabete all’inizio del 2018; questo perchè ultimamente notiamo, e sempre di più, un clima di rifiuto della scienza, che non può essere tollerato.
Se a prima vista potremmo forse sorridere di certi “personaggi”, se ci sembra impossibile che qualcuno possa credere a certe assurdità, riflettendoci bene, penso invece sia un preciso dovere di chi sta “sul web” tutto il giorno, si occupa di social e prova a fare corretta informazione, discuterne. 

Tra l’altro, qualche giorno fa è uscito un pregevole articolo di Maria Rita Montebelli che tratta proprio di questo argomento e da cui ho tratto spunto. Per completezza e correttezza, lo pubblico sotto.
Non parla di diabete, ma di demenze, eppure non ho potuto non notare delle affinità con quello che succede in campo diabetologico.

Nel diabete (come nell’Alzheimer e nelle demenze) non esiste una “cura” definitiva, e seppure la terapia insulinica consenta di vivere una vita quanto più vicino a quella “normale” dei non diabetici, seppure la tecnologia ne abbia cambiato drasticamente la gestione, con sensori e microinfusori che negli ultimi anni hanno migliorato la qualità di vita dei pazienti, dalla malattia non si guarisce. 
Il diabete resta una malattia cronica, per tutta la vita: il diabete è “per sempre”.

Questa diagnosi, questo “per tutta la vita”, porta a volte le persone che ne sono affette, le loro famiglie a cercare “la soluzione”, e internet, il dr Google, possono essere un megafono potente per chi, in malafede e normalmente per fini di lucro, specula sulla disperazione e l’ignoranza delle persone.

Tutti i giorni leggiamo di prodotti “miracolosi”, “risolutivi” per curare il diabete. Diete che permettono di guarire in 3 settimane, alimenti che “sostituiscono” l’insulina.
Teorie strampalate “avvalorate” da fantomatici studi sulle cause del diabete: i vaccini, il latte, i carboidrati (!), lo stress…
Teorie che non solo non hanno alcun fondamento scientifico, ma rischiano di avere un effetto devastante a livello psicologico, colpevolizzando i pazienti e i genitori dei bambini malati che si chiedono dove abbiano sbagliato, se abbiano sbagliato.
Teorie che nell’articolo vengono definite “pseudomedicina“, e mai termine fu più corretto e centrato, visto che molto spesso vengono proposte da chi medico non è: da cialtroni, da impostori, ciarlatani che sfruttano la situazione di disagio, di debolezza del paziente per meri fini economici.

Che cosa si può fare, allora, per cercare di proteggere chi potrebbe “cascarci”? Tanto. Tutti noi possiamo fare qualcosa. 
Innanzitutto informandoci. Scegliendo fonti certificate, affidabili, sicure. Non condividendo articoli o link di cui non capiamo il contenuto (soprattutto prima leggiamolo! non fermiamoci al titolo!)
Cerchiamo di spiegare, ogni volta che ne abbiamo l’occasione, che tipo 1 e tipo 2 sono malattie diverse, che il tipo 1 è autoimmune e insulinodipendente, che vuol dire che non esiste (al momento) altra terapia che l’insulina. Che senza insulina un tipo 1 muore, e in pochissimo tempo.

Cosa possono fare i medici?
Come dice anche Maria Rita Montebelli nel suo articolo, i medici seri “devono conoscere le armi della pseudoscienza” e quindi gli impostori che infestano web e canali televisivi; devono smontare “scientificamente” le panzane spesso riportate durante la visita dai pazienti, e non liquidarle con sufficienza: questo potrebbe dare ai pazienti l’impressione che il medico “non sappia” o, peggio, “non voglia, per interesse” replicare.
Purtroppo su questo insistono spesso questi cialtroni, quelli che “Big Pharma ci vuole tutti malati, i medici sono tutti corrotti”.
I medici dovrebbero discutere con i propri pazienti la terapia, non solo prescriverla. Dovrebbero coinvolgerli. Spesso chi si rivolge a questi “guaritori” ha in realtà bisogno di rassicurazioni, di una parola di conforto, di speranza. Spesso la verità non gli interessa o non riesce a sopportarla. Il medico deve cercare di capire allora lo stato d’animo del paziente ed aiutarlo ad accettare la malattia, a curarla con le armi che abbiamo a disposizione.
Ogni minuto speso a favore della scienza è un minuto regalato alla vita dei pazienti.

 

di Daniela D’Onofrio

 

 

 

Jama contro la pseudomedicina: i medici possono (e devono) proteggere i pazienti, soprattutto nel campo delle demenze

L’Alzheimer e le demenze, ai tempi dei social e di dottor Google, si ‘curano’ anche e soprattutto (in mancanza di terapie ‘ufficiali’) con il passaparola e con la fantasia. Purtroppo anche con la malafede di alcuni che, speculando sul dolore e la paura delle famiglie, propongono ‘cure’ spesso costosissime, quanto inefficaci, basate su supplementi e interventi medici che, pur muovendosi nei confini della legalità, sono fondamentalmente inutili.  E’ quella che Joanna HellmuthGil Raninovici Bruce Miller del Memory and Aging Center della University of California di San Francisco chiamano, senza mezzi termini,  ‘pseudomedicina’ nell’articolo pubblicato su JAMA.

Una ‘disciplina’ questa che, facendo leva sul disagio e la paura delle famiglie – affermano gli autori dell’articolo – promuove esperienze individuali come apodittiche verità scientifiche, propone terapie dagli effetti mai dimostrati. E, soprattutto, fa tutto questo per ricavare un profitto. 

Pseudomedicina: i supplementi contro le demenze

Nel caso delle patologie neurodegenerative, la strategia più gettonata dalla pseudomedicina – proseguono gli autori – è la prescrizione di supplementi dietetici che dovrebbero migliorare le funzioni cognitive. Quella dei supplementi dietetici è un’industria che solo negli Usa fattura 3,2 miliardi di dollari e che viene pubblicizzata sui media oltre che su internet. Peccato che, ad oggi, per nessuno di questi supplementi sia mai stato dimostrato alcun effetto anti-demenza. Anzi, non essendo sottoposti al controllo dell’Fda, alcuni di questi possono rivelarsi addirittura dannosi. È il caso ad esempio di quelli a base di vitamina E che – affermano gli autori – può aumentare il rischio di ictus emorragico e addirittura di morte, se assunti in elevato dosaggio.

Pseudomedicina: i trattamenti olistici contro l’Alzheimer
C’è poi il capitolo degli interventi promossi da alcuni medici e volti a colpire alcune ‘cause’ – almeno finora non dimostrate scientificamente – delle patologie neurodegenerative. In questo campo, l’unico limite è quello della fantasia. Si va dalla tossicità dei metalli, all’esposizione alle muffe, a cause infettive le più varie (come ad esempio il morbo di Lyme). I ‘flagelli’ su elencati vengono ‘curati’ attraverso la nutrizione parenterale, o interventi personalizzati di detossificazione, terapie chelanti, antibiotici. I più smart propongono addirittura trattamenti a base di cellule staminali. Anche in questo caso – commentano gli autori – oltre al fatto di essere molto costosi, questi trattamenti non hanno alcun fondamento scientifico e potrebbero rivelarsi addirittura dannosi.

Pseudomedicina: i ‘protocolli’ contro le alterazioni cognitive
Di recente, sono stati pubblicati dei protocolli per correggere le alterazioni cognitive. Ma anche in questo caso – fanno notare gli autori – si tratta di una riformulazione di noti interventi utilizzati nel campo delle demenze (dal training cognitivo, all’esercizio  fisico, ad una dieta sana), ‘conditi’ con gli immancabili, quanto inutili supplementi. I medici che offrono queste soluzioni olistiche e personalizzate – affermano gli autori – le ammantano spesso di un’aura di ‘scientificità’ citando studi, in genere pubblicati su riviste ‘open access’, che gli autori dell’articolo pubblicato su JAMA non esitano a definire ‘predatorie’. Insomma, anche un articolo pseudoscientifico finisce col risultare uno specchietto per le allodole.

Cosa possono ( e dovrebbero) fare i medici
Anche se molto spesso del tutto innocui, questi interventi – sottolineano gli autori – non sono affatto ‘benigni’. Non lo sono dal punto di vista etico e neppure da quello medico, per non parlare poi di quello finanziario. “La pseudo medicina insomma – commentano gli autori – spesso porta al medico un guadagno non etico, mentre si costruisce l’illusione di un beneficio per i pazienti.”

I medici seri e onesti dovrebbero conoscere le armi della pseudomedicina così che se un paziente o un suo parente fa domande in proposito, possono essere in grado di smontare i miti e le false illusioni sulla quale è costruita. I medici dovrebbero capire che spesso i familiari si avvicinano a queste pratiche ritenendo di offrire così al paziente le migliori cure mediche disponibili. E’ bene dunque che i medici esaminino insieme ai diretti interessati la scientificità di queste pratiche e ne discutano il rapporto costi- e rischi-benefici.

Sarebbe bene ingaggiare col il proprio paziente una conversazione per discutere di tutti questi aspetti e finire con lo smascherare queste pratiche inutili e potenzialmente dannose chiamandole col loro nome, ‘pseudomedicina’, piuttosto che rifiutarle a priori, senza discuterle con il proprio paziente.

Potrebbe anche essere utile mettere ben in evidenza l’aspetto lucrativo di queste pratiche, che non solo porta a chi le propone un guadagno, ma anche un’immeritata fama, in genere solo temporanea.

Infine, concludono gli autori, vale la pena sottolineare con i propri pazienti che se, quel dato intervento fosse realmente così efficace, di certo sarebbe stato adottato giù da tempo universalmente.

I medici, quelli seri, concludono gli autori hanno un obbligo etico di proteggere i pazienti con demenza e le loro famiglie da queste pratiche speculative, mirate solo al guadagno di chi le propone. E di certo, sarebbe auspicabile che anche a livello nazionale, si intervenisse in maniera decisa per contrastare claim di efficacia non provati scientificamente. I medici dovrebbero aiutare i pazienti a capire che le opinioni personali e aneddotiche di alcuni medici e la cosiddetta ‘cargo cult science’ (un’espressione che descrive pratiche apparentemente scientifiche) sono cose assai diverse dalla ricerca medica qualitativamente e scientificamente ineccepibile.
Una comunità di medici e di pazienti ben ‘educata’ e smaliziata è insomma il baluardo più efficace contro l’imperversare della pseudoscienza.

di Maria Rita Montebelli

 

da Quotidiano Sanità