Immunotolleranza nei trapianti di pancreas: sogno irrealizzabile o realtà?

Il trapianto di pancreas consente di ottenere in modo costante la normalizzazione della glicemia in assenza di insulina esogena (cioè somministrata tramite iniezioni) e corregge le disfunzioni metaboliche dei diabetici; e’ la terapia piu’ efficace per un paziente diabetico che necessiti di un trapianto di rene, che abbia sviluppato complicanze o che non riesca ad ottenere un controllo metabolico soddisfacente attraverso le terapie insuliniche.

Ma il prezzo da pagare per ottenere l’insulinoindipendenza e’ la necessita’ di assumere medicinali per deprimere il sistema immunitario (immunosoppressione), così da prevenire il rigetto del pancreas trapiantato.

Per questo motivo, la decisione se sottoporsi o meno a trapianto di páncreas, comporta un considerare attentamente i rischi insiti nel diabete rispetto a quelli conseguenti all’immunosoppressione cronica.

Le attuali strategie immunossoppressive cercano di prevenire o curare gli episodi di rigetto, bloccando o sopprimendo la risposta immunitaria del trapiantato rispetto ai tessuti del donatore.

Con questo approccio, gli organi trapiantati non saranno mai realmente “accettati” dal trapiantato, anche se non verrano mai rigettati finche’ l’immunosoppressione riuscira’ a tenere sotto controllo il sistema immunitario del trapiantato.

Nonostante il trapianto di pancreas o di rene-pancreas siano in grado di migliorare la qualita’ della vita di un diabetico trapiantato, e possano persino salvargli la vita, l’immunosoppressione e’ associata ad effetti negativi nel breve e nel lungo periodo.

Paradossalmente, alcuni immunosoppressori causano essi stessi il diabete e possono causare problemi all’organo trapiantato, nel lungo periodo.

In teoria, molti degli effetti negativi degli immunosoppressori potrebbero essere eliminati se il sistema immunitario del trapiantato potesse “tollerare” i tessuti trapiantati, piuttosto che semplicemente “non combatterli” attraverso l’immunosoppressione.

Deprimere il sistema immunitario del trapiantato in modo che sia tollerante rispetto ai tessuti donati e’ la cosiddetta “immunosoppressione tollerogenica”.

I trapiantati di pancreas e di isole ne trarrebbero un enorme beneficio, visto che molti degli effetti negativi dell’immunosoppressione “classica” coinvolgono organi che sono gia’ colpiti dal diabete, come cuore, reni e nervi.

Inoltre, evitare medicine che sono tossiche per i reni, permetterebbe ad un numero maggiore di diabetici che abbiano gia’ una lieve o una moderata nefropatia di sottoporsi al trapianto di solo pancreas (PTA) piuttosto che a quello di rene-pancreas (SPK).

Eliminare il bisogno di un trapianto di rene, ridurrebbe il rischio chirurgico nel trapiantato e “lascerebbe” un rene ad un altro paziente in insufficienza renale.

L’immunosoppressione tollerogenica viene attualmente sperimentata in studi pilota.

Questi protocolli sperimentali deprimono profondamente i linfociti del trapiantato (una componente dei globuli bianchi) subito prima del trapianto ed inmediatamente dopo.

Quando i linfociti del trapiantato si riproducono, i nuovi linfociti dovrebbero “riconoscere” gli antigeni dell’organo trapiantato come propri, sviluppando la tolleranza, eliminando o riducendo la necessita’ di un’immunosoppressione cronica.

Attualmente la riduzione delle cellule-T puo’ essere ottenuta mediante due diversi regimi terapeutici.

Al 9º Congresso dell’Associazione Internazionale Trapianti di Pancreas e Isole (IPITA) tenutasi a Dublino, Irlanda, lo scorso luglio, il Dr David Sutherland ha illustrato il regime tollerogenico attualmente utilizzato per il trapianto di pancreas all’Universita’ del Minnesota (Minneapolis, Minnesota, USA).

La prospettiva del Dr Sutherland su questo nuevo protocollo e’ stata cosi’ ottimista che, ha sostenuto, aprira’ una nuova era nell’immunosoppressione.

Il protocollo del Dr Sutherland e’ basato sull’utilizzo del Campath – 1 (un anticorpo umano monoclonale IgG2b) che virtualmente elimina le cellule-T dopo la normalizzazione dei cambiamenti sanguigni periferici ad un mese dal trapianto.

Il Campath dovrebbe essere somministrato in otto dosi durante il primo anno dopo il trapianto, insieme al mofetilmicofenolato (MMF, CellCept), un medicinale usato nell’immunosoppressione “classica”, senza steroidi o inibitori della calcineurina (tacrolimus o ciclosporina).

La dose del Campath dovrebbe essere aggiustata secondo i bisogni individuali con lo scopo di mantenere i linfociti del trapiantato sotto i 200/ml durante il primo anno dopo il tx.

In seguito, il trapiantato dovrebbe assumere solo MMF.

Basandosi sullo stesso principio, il Dr Thomas Starzl e i suoi colleghi dell’Universita’ di Pittsburgh (Pennsylvania, USA) hanno recentemente comunicato di aver eseguito 83 trapianti di organo, di cui 14 di pancreas, nei quali l’immunosoppressione tollerogenica e’ stata basata sulla distruzione iniziale delle cellule-T con una dose unica di Timoglobulina, un timocito antiglobulina policlonale.

L’immunosopressione basata solo sull’utilizzo del Tacrolimus 2 volte al giorno, comincia subito dopo il trapianto. Dopo 4 mesi dal loro trapianto, i pazienti cominciano ad essere “svezzati” ad una dose giornaliera, poi ad una ogni due giorni, o ad intervalli maggiori.

I pazienti diabetici trapiantati sono stati 14 (4 solo pancreas, 10 rene-pancreas) e sono stati trattati con il regime tollerogenico.

2 pancreas sono stati persi: uno dei trapiantati di solo pancreas ha perso l’organo per rigetto, uno dei trapiantati rene-pancreas a causa di una trombosi.

5 dei 12 trapiantati di pancreas (42%) sono passati alle dosi distanziate di tacrolimus.

Ad un paziente e’ stato dato il tacrolimus a giorni alterni, a 2 e’ stato dato tacrolimus 3 volte alla settimana, ad 1 una sola volta alla settimana.

Nonostante sia indispensabile ottenere maggiori esperienze prima che l’immunosoppressione tollerogenica possa sostituire gli attuali regimi immunosoppressivi, possiamo sentirci all’inizio di una nuova era nei trapianti di organo.

In questa nuova era, i pazienti potranno decidere se sottoporsi a trapianto di pancreas prima che si instaurino gravi complicanze, in considerazione del fatto che i rischi dell’immunosoppressione saranno decisamente minori.

Attualmente, bisogna pero’ essere cauti perche’ non conosciamo ne’ gli effetti nel lungo periodo ne’ la reale sicurezza dal punto di vista della profonda riduzione iniziale delle cellule-T, specie per cio’ che riguarda l’incidenza di tumori ed infezioni.

Autunno 2003

 

Di: Prof. Ugo Boggi, MD, Divisione di Chirurgia Generale e Trapianti e Prof. Piero Marchetti, MD, Divisione di Endocrinologia, dell’Università di Pisa

 

A cura di Daniela D’Onofrio