Il trapianto di isole contribuisce a controllare il diabete : commento del dr Federico Bertuzzi
L’articolo pubblicato sul New England offre la occasione per fare il punto sul trapianto di isole.
Con il protocollo standard immunosoppressivo proposto per la prima volta da un gruppo di ricercatori canadesi nel 2000 e adottato negli ultimi anni da quasi tutti i centri, si è in grado di ottenere nei pazienti trapiantati di isole una insulino indipendenza di durata limitata nel tempo. Permane invece a lungo una funzione parziale del trapianto che permette di migliorare il compenso glicemico e che sembra avere un positivo effetto sulle complicanze diabetiche. Due osservazioni vanno fatte: la prima è che il successo della procedura è strettamente legato alla esperienza del centro che fa i trapianti, per cui i centri di grande esperienza hanno risultati nettamente migliori di altri. La seconda è che in questi ultimissimi anni la scienza è andata avanti e il protocollo di Edmonton di per sé si può considerare in parte superato o comunque da integrare con nuove strategie farmacologiche. E’ infatti ipotizzabile che nei pazienti trapiantati oggi con i nuovi schemi terapeutici anche i risultati a lungo termine possano migliorare. Comunque alla luce di questi risultati clinici e della necessità di effettuare in questi pazienti la terapia immunosoppressiva con i suoi possibili effetti collaterali, rimane evidente che l’indicazione oggi al trapianto deve essere realmente giustificata e limitata ad un gruppo selezionato di pazienti affetti da diabete instabile in grado di condizionare negativamente la vita. |
Federico Bertuzzi, MD Responsabile Unita’ Diabetologia IsMeTT, Palermo 10 ottobre 2006 |