Embrioni italiani
Un mese fa Obama riammetteva agli ingenti finanziamenti pubblici la ricerca sulle staminali embrionali. Le stesse cellule alla base della “fabbrica” del sangue, annunciata qualche giorno dopo da ricercatori inglesi e che dovrebbe funzionare tra tre anni (il condizionale è d’obbligo quando si fanno previsioni scientifiche). I due eventi hanno riacceso le polemiche anche in Italia, dove le embrionali sono escluse dai fondi pubblici. Intanto i nostri scienziati ci lavorano lo stesso e ad altissimo livello, vista l’entità dei finanziamenti che raccolgono all’estero. In queste pagine i 10 centri più avanzati e le patologie su cui indagano. (a. d’a.) Capire chi controlla i “controllori” del nostro corpo, i meccanismi ancora segreti che determinano la nascita, la proliferazione e la morte delle nostre cellule. La ricerca sulle cellule staminali embrionali dopo oltre un decennio di studi è oggi a un passo da traguardi importantissimi in biologia molecolare come nella genetica di base, e quindi nelle applicazioni terapeutiche. La stimolazione di ovociti Al laboratorio di Embriologia Medica dell’Università di Milano, la ricercatrice Tiziana Brevini e il direttore Fulvio Gandolfi (in collaborazione con la Clinica Mangiagalli) ottengono questi “sostituti” stimolando chimicamente gli ovociti scartati in sede di fecondazione assistita e donati alla ricerca. Le cellule del cuore Al Centro Interuniversitario di Medicina Molecolare e Biofisica Applicata di Firenze, diretto da Elisabetta Corbai, si studiano le embrionali per generare popolazioni di cardiomiociti, le cellule che contraendosi permettono al cuore di assolvere alla sua funzione vitale di pompa del sangue. In terapia potrebbero servire dunque a “riparare” il muscolo cardiaco indebolito nell’insufficienza cardiaca o a seguito di infarto o come conseguenza di chemioterapia antileucemica, per forme dilatative idiopatiche o conseguenti a infezioni virali. Tessuti artificiali Alla cura dell’infarto ma anche della distrofia muscolare punta il laboratorio di Nicola Elvassore, BioERA lab dell’Università di Padova e del Venetian Institute of Molecular Medicine, dove lavorano ingegneri chimici e biotecnologi per produrre muscolo cardiaco e scheletrico umano ingegnerizzato a partire da staminali adulte ed embrionali. Si stanno sviluppando nuovi sistemi di coltura per ottenere tessuti artificiali del tutto simili al tessuto naturale. In particolare, le cellule embrionali sono al momento utilizzate per generare le cellule del cuore con un’elevatissima efficienza grazie alla collaborazione internazionale con Gordon Keller della Division of Stem Cell and Developmental Biology Ontario Cancer Institute, Toronto, Canada. Ad oggi, sono in grado di produrre tessuti cardiaci umani delle dimensioni di 300 micron in grado di contrarsi ritmicamente. A Ferrara invece il lavoro del ThalLab (Laboratory for the Development of Pharmacological and Pharmacogenomic Therapy of Thalassemia) del dipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare (una fondazione finanziata anche da privati) di Roberto Gambari sulle staminali embrionali umane, serve a comprendere i meccanismi di differenziamento di molecole che possono essere sfruttate nella terapia della talassemia, grave anemia genetica. La ricerca ha già portato al brevetto di 7 nuove molecole in grado di indurre differenziamento in globuli rossi ed incrementare la produzione di emoglobina in cellule isolate da pazienti beta-talassemici. Ai progetti di ricerca (finanziati da Telethon e Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo) hanno collaborato la Cornell University e l’Hadassah Hospital di Gerusalemme. Cellule dell’epitelio polmonare da staminali embrionali sono invece ricavate dal Laboratorio di Genetica Medica dell’università Tor Vergata di Roma, diretto da Giuseppe Novelli e Federica Sangiuolo. Le cellule sono state testate sia in “vitro”, per valutarne tutte le caratteristiche, che in “vivo” su modelli animali. A circa due mesi dall’inoculazione di queste staminali embrionali divenute polmonari su un topo malato di fibrosi polmonare, è stato verificato il ripristino della funzionalità dell’organo. “Il passo successivo”, spiega Sangiuolo, “sarà quello di combinare questa terapia con protocolli di terapia genica finalizzati invece alla correzione della mutazione genica della fibrosi cistica cioè del gene CFTR, proprio grazie alle conoscenze acquisite nella coltura e differenziamento di staminali”. Cellule riprogrammate Sull’ampio capitolo aperto, nella ricerca di base, dalle cellule “riprogrammate”, scoperte nel 2007 da un gruppo di ricerca statunitense e giapponese, stanno attualmente lavorando (comparazione con le embrionali) due gruppi. Il team di ricerca di Roberto Mantovani dell’Università di Milano studia anche tutti i geni espressi nelle cellule staminali embrionali (OCT3, SOX2, KLF4, Nanog e altri) che non sono espressi invece nelle cellule adulte e differenziate (cute, fibroblasti, etc). La comparazione con le staminali embrionali murine permette di capire il meccanismo di riprogrammazione di questi geni espressi “a forza” nelle nuove iPs dalla cute. Salvatore Oliviero, del Laboratorio Molecolare dell’Università di Siena, sta studiando uno dei 4 geni, il Myc, alla base della “riprogrammazione cellulare”. Si vuole sapere in che rapporto sta con gli altri tre geni “riprogrammatori” delle cellule e quale è il suo ruolo. “La ricerca sulle cellule riprogrammate al momento è molto empirica e utilizza anche geni potenzialmente pericolosi”, spiega Oliviero, “per questo necessita ancora di essere studiata e paragonata con le staminali embrionali. Ciò renderà possibile identificare i geni coinvolti nella “riprogrammazione” cellulare”. Infine, anche al Laboratorio di Tecnologie della Riproduzione di Cremona (famoso per la clonazione riuscita di un toro e altri animali), si utilizzano cellule staminali embrionali nell’area di ricerca biomedica. Giovanna Lazzari e Cesare Galli hanno ricevuto un finanziamento europeo per “testing” alternativi (animali e pazienti) dei farmaci: tessuti cellulari ricavati dalle embrionali per testare tossicità e sperimentare nuovi farmaci.
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di Susanna Jacona Salafia 9 aprile 2009
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