A quali malati cronici va il vaccino A
Più dell’85% delle persone in cui l’influenza A si è presentata in forma grave avevano già prima almeno un’altra malattia. Non a caso, il ministero ha deciso di offrire il vaccino contro il virus H1N1 a chi presenta alcune condizioni croniche. Ad oggi non si è vista una massiccia adesione da parte dei malati: diffidenza? Incertezze? Cerchiamo di chiarire, allora, quali sono queste condizioni.
DIABETE – L’elenco ministeriale indica, ad esempio, il diabete mellito. «Si deve intendere diabete sia di tipo 1 sia di tipo 2, compensato o no che sia — spiega Andrea Gori, primario di malattie infettive al San Gerardo di Monza —. Infatti, anche se, grazie alla terapia, la glicemia del diabetico può essere più bassa di quella di una persona sana, la sua capacità di combattere le infezioni rimane ridotta. La vaccinazione non è prevista, invece, per chi è nella condizione di prediabete o intolleranza al glucosio: i casi in cui, dopo averne assunto in grande quantità, i livelli di zucchero salgono oltre il consentito, ma poi tornano nella norma».
CUORE E VASI – Analogamente, per gravi malattie dell’apparato cardiocircolatorio non s’intende una pressione arteriosa appena sopra la media: l’indicazione ministeriale si riferisce ai portatori di malformazioni cardiache dalla nascita, a chi ha avuto un infarto, ha bypass, valvole artificiali, o a chi ha altre patologie di rilievo.
POLMONI, FEGATO, RENI – Il documento entra più in dettaglio sui fattori di rischio relativi ai polmoni, offrendo la vaccinazione tra gli altri ad asmatici, bronchitici cronici, a chi ha fibrosi cistica, ma è più generico per le malattie del fegato o renali. «In entrambi i casi il vaccino è utile alle persone defedate dalla loro condizione» precisa Gori. In altre parole, non basta che gli esami del sangue relativi alla funzione epatica o renale siano un po’ fuori dalla norma, ma occorre che il danno a fegato o reni si rifletta su tutto l’organismo.
TUMORI – Un vasto capitolo, non a caso lasciato nel vago dall’ordinanza, riguarda i tumori. Puntualizza l’esperto: «Dipende dal tipo di tumore e dalla fase in cui si trova il paziente, che comunque dovrà sempre fare riferimento allo specialista che lo ha in cura». Chi per esempio ha avuto un tumore maligno della pelle, curato ed eradicato molti anni fa, non ha necessità di vaccinarsi, mentre chi, anche da parecchio tempo, è guarito da una leucemia, dovrebbe ricevere il vaccino, poiché il suo sistema immunitario è stato messo a dura prova sia dalla malattia sia dalle cure. E quando il trattamento è in corso? «Se, come nel caso dei linfomi, tra un ciclo di chemioterapia e l’altro passa un tempo abbastanza lungo — dice Gori — si può cogliere il momento in cui le difese immunitarie stanno risalendo per stimolarle a rispondere al vaccino; ma se i trattamenti devono essere ravvicinati c’è il rischio che la procedura, che comunque non è rischiosa, non serva a nulla».
MALATTIE AUTOIMMUNI – Diverso il caso delle malattie autoimmuni, come l’artrite reumatoide: a meno di terapie immunosoppressive molto forti, dicono gli esperti, meglio lasciar stare il «cane che dorme».
Roberta Villa