A rischio cuore e reni nei diabetici anziani
Secondo un nuovo studio americano pubblicato sul numero di aprile del Journal of General Internal Medicine, nonostante i farmaci appartenenti alle famiglie degli ACE inibitori e degli antagonisti dei recettori dell’angiotensina siano in grado di prevenire danni al cuore e ai reni in presenza di diabete, vengono prescritti a meno della metà dei diabetici americani più anziani. “Sappiamo che questi farmaci salvano vite e fanno risparmiare denaro, eppure vengono utilizzati in meno della metà delle persone che potrebbero trarne beneficio”, ha sottolineato la D.ssa Allison B. Rosen in un comunicato stampa. La D.ssa Rosen, dell’ University of Michigan, Ann Arbor, USA, ha estratto i dati dal 1999 al 2002 del sondaggio National Health and Nutrition Examination. Nel suo studio la D.ssa Rosen riferisce che il campione di pazienti oggetto dello studio era costituito da 742 soggetti diabetici oltre i 55 anni di età, tutti con almeno un requisito per la prescrizione di un ACE inibitore o antagonista dei recettori dell’angiotensina, come la presenza di proteine nelle urine (un segnale di problemi renali), patologie cardiovascolari, insufficienza renale, ipertensione, colesterolo alto o essere fumatore. Solo il 43% stava assumendo un ACE inibitore o antagonista dei recettori dell’angiotensina. Anche fra i pazienti che presentavano quattro o più indicazioni per l’assunzione di questi farmaci, la probabilità che venisse loro prescritto un ACE inibitore/antagonista dei recettori dell’angiotensina era pari solo al 53%, “non più alta della probabilità di fare testa o croce”, scrive la D.ssa Rosen. La Dottoressa aggiunge inoltre che, visto che fra i diabetici vi è un’elevata prevalenza delle indicazioni per la terapia con ACE inibitori o antagonisti dei recettori dell’angiotensina, sarebbe opportuno semplificare le linee guida per il trattamento “ampliando le indicazioni di questi farmaci in modo da estenderle a tutti i diabetici più anziani, indipendentemente dalla valutazione dei fattori di rischio”.
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(Reuters Health) FONTE: Journal of General Internal Medicine di aprile 2006.
21 aprile 2006 |