Alzheimer, il morbo forse innescato da diabete e alti livelli di grassi
L’Alzheimer potrebbe essere innescato dal diabete o da alti livelli di grassi nel sangue. In uno studio effettuato da scienziati dell’Università di Medicina e Odontoiatria del New Jersey (UMDNJ), in collaborazione con la Northwestern University dell’Illinois, alcuni ricercatori hanno analizzato laretina (considerata un’estensione del cervello e più accessibile per esami diagnostici), trovando l’evidenza sperimentale che il diabete è legato alla comparsa del morbo di Alzheimer. In base a questo test, gli studiosi avrebbero trovato aumenti sostanziali di amiloide beta peptide – una caratteristica della malattia di Alzheimer – nella corteccia cerebrale e nell’ippocampo, in concomitanza con il diabete. Inoltre, avrebbero osservato anche una significativa patologia beta-amiloide nella retina stessa. Per contrasto, in assenza di diabete non era rilevata nessuna patologia nel cervello o nella retina. Da un ulteriore studio dallo U.S. National Institute on Aging è emerso poi che alti livelli di grassi nel sangue possono aumentare il rischio di sviluppare l’Alzheimer. Pubblicato sulla rivista ”Neurology”, lo studio attesta che alti livelli sierici di ceramidi, una famiglia di molecole lipidiche, sono stati associati a un aumentato rischio di demenza, indipendentemente da fattori come età, glicemia e indice di massa corporea.
Intanto c’è una terapia per il morbo che si è dimostrata efficace nello stabilizzare i sintomi della malattia per un periodo di 3 anni. Ventiquattro partecipanti sono stati trattati con una dose standard di immunoglobulina intravenosa (IVIG) per un periodo totale di 6 mesi di trattamento e un follow up fino a 36 mesi, senza riportare declini nella memoria, capacità cognitive e umore. I risultati dei trial sono stati presentati all’Alzheimer’s Association International Conference 2012 a Vancouver. ”Si tratta del primo risultato di questo genere. Molti trial clinici per l’Alzheimer hanno avuto risultati insoddisfacenti poiché vengono testati in stadi troppo avanzati della malattia. Fortunatamente, i miglioramenti delle tecnologie di diagnosi ci stanno consentendo di riconoscere sempre più facilmente i casi di Alzheimer in stato preclinico”, ha spiegato William Thies dell’Alzheimer’s Association. “Questi individui sono la categoria ideale per i trial clinici, e ciò che impariamo dai test di questi trattamenti potrà rivelarsi utilissimo per la popolazione generale”.