Attivita’ Fisica e Rischio Cardiovascolare
L’attività fisica è associata ad un ridotto rischio di malattia cardiovascolare: è un dato di fatto.
Tuttavia i miglioramenti che l’esercizio fisico conduce nei fattori di rischio convenzionali non spiegano in pieno i suoi benefici.
Per arrivare a comprendere il reale collegamento tra esercizio fisico e malattia cardiaca, sono state predisposte tecniche di valutazione del dispendio energetico: si è perciò arrivati a dimostrare come per un aumento di 10 kJ/kg/d di esercizio si ottenesse uno 0,75%d i riduzione della velocità dell’onda sfigmica aortica ( aortic pulse wavevelocity ) quindi una minor rigidità aortica.
L’effetto del passaggio da un comportamento sedentario ad una attività leggera,moderata o intensa non si evidenzia sui valori pressori od emodinamici centrali, masulla rigidità aortica che si riduce: e’ questo uno dei numerosi benefici di una abituale attività fisica (Medicine Baltimore 2015 Feb;94(5):e485).
Quest’ultima e l’educazione all’esercizio sono parte essenziale delle attuali linee guida per i pazienti con patologia coronarica, ma sembra anche importante la frequenza con cui si svolge l’esercizio fisico: se esso diventa abituale, minore diventa il rischio di eventi CV nel breve periodo.
Ciò però sembra meno vero se si tratta di pazienti con patologia coronarica associata a diabete di tipo 2 (Diabetes Care 2015 Jan 15. pii: dc142216).
Quello che risulta importante e’ il tempo di sedentarietà indipendentemente dal fatto che comunque venga fatta o meno attività fisica.
Una vasta meta analisi ha cercato di quantificare l’associazione tra il tempo di vita sedentaria e varie condizioni: ospedalizzazione, mortalità da tutte le cause, malattie cardiovascolari, diabete e cancro.
La conclusione è stata che un prolungato tempo di sedentarietà è associato ad effetti deleteri sulla salute anche in chi svolge una certa attività fisica (Ann Intern Med 2015 Jan 20;162(2):123-32).
Anche gli effetti di una riduzione ponderale sono sempre stati considerati latori di salute cardiovascolare, ma
un articolo della Società Cardiovascolare Canadese sembra mettere in discussione questo principio.
Partendo dal presupposto che esiste una notevole eterogenicità nella risposta al calo ponderale tra individui con le stesse caratteristiche di sovrappeso o obesità all’inizio di una dieta, i ricercatori hanno giudicato come fattori più efficaci della dieta stessa, una riduzione della circonferenza addominale e un aumento della ginnastica cardiorespiratoria attraverso il miglioramento nella qualità dei nutrienti, la riduzione delle abitudini alla sedentarietà e l’aumento dell’attività fisica anche in assenza di riduzione di peso (Can J Cardiol.2015 Feb;31(2):216-22).
In un lungo studio svedese sono stati seguiti uomini cinquantenni per trent’anni, con l’obiettivo di valutare eventuali associazioni tra BMI, livello di attività fisica e rischio a lungo termine di malattia cardiovascolare.
Si è trovato che, aumentando l’indice di massa corporea, aumentava anche il rischio di patologia cardiaca; tuttavia un’intensa attività fisica era associata ad un più basso rischio qualunque fosse la categoria di BMI in cui erano stati inseriti questi pazienti.
In conclusione benchè l’attività fisica sia benefica nei confronti di futuri eventi cardiovascolari, a tutti i livelli di BMI , il rischio aumenta quando associato ad una condizione di sovrappeso o obesità (Eur J Prev Cardiol.2015 Jan 20. pii: 204748731456803).