Caso incretine. Uno studio italiano pone fine alla diatriba sul rischio: non fanno male

Dopo l’assoluzione delle incretine da parte dell’Ema arriva anche uno studio tutto italiano che segna un importante ulteriore punto a favore di queste, dalle pagine di The Lancet Diabetes & Endocrinology. Ad essersi guadagnato la pubblicazione sull’importante rivista è infatti il gruppo guidato da Carlo B. Giorda, Direttore Unità diabete e malattie metaboliche ASL 5 Torino e Presidente Fondazione Associazione Medici Diabetologi (AMD), che potrebbe oggi mettere fine a un dibattito che va avanti da mesi. “Un dato estremamente importante – sottolinea Giorda – è che si tratta del primo studio su questo fenomeno condotto in Europa, su popolazione europea, ma soprattutto che è la prima volta al mondo che si analizza una popolazione ‘non selezionata’, ossia il comportamento nella vita reale. Gli altri studi sin qui svolti analizzavano banche dati di farmacosorveglianza o di compagnie assicurative, e quindi gruppi di persone in qualche modo speciali.”

La diatriba si era aperta a giugno scorso, quando un’inchiesta sembrava alludere alla possibilità che l’innovativa classe di farmaci antidiabetici fosse implicata nell’aumento del rischio di pancreatite, l’infiammazione del pancreas. Questi risultati sono stati, nei mesi successivi, confutati dalla comunità medica internazionale e, a fine luglio scorso, da una presa di posizione chiarificatrice dell’Agenzia europea del farmaco (EMA), la quale ha terminato la propria indagine, concludendo che non sussiste alcun nuovo motivo di preoccupazione circa la sicurezza dei farmaci antidiabetici che agiscono sul sistema delle incretine, ovvero i GLP-1 agonisti e gli anti DDP-4.
Oggi ulteriori prove arrivano a sostegno dell’assoluzione delle incretine: il team italiano di Torino ha analizzato la banca dati di 280.000 persone con diabete assistite dal Servizio sanitario in Piemonte. Da questa ne ha estratte 1.003, con diabete di tipo 2, che erano state ricoverate in ospedale per sintomi di pancreatite acuta tra il 1 gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012, e 4.012, confrontabili per età, sesso, caratteristiche della malattia e tipo di cura per il diabete. “Abbiamo condotto quello che tecnicamente si chiama ‘studio caso-controllo’”, ha spiegato Giorda. “Si confronta un gruppo di persone, i 1.003 casi, in cui si vuole esaminare un determinato accadimento come ad esempio l’insorgenza di pancreatite causata da incretine, con un gruppo il più simile possibile per caratteristiche, i 4.012 controlli, in cui questo accadimento non si sia verificato.”

Dopo avere escluso tutti i possibili fattori esterni che possono confondere l’esito dell’analisi, “come malattie delle vie biliari, alcolismo o impiego di farmaci, tra cui altri antidiabetici orali in passato indiziati di essere possibile causa di pancreatite acuta abbiamo rilevato che l’impiego delle incretine, nei 6 mesi precedenti al ricovero per pancreatite acuta, non aveva alcuna relazione con l’aumento del rischio di malattia”, ha continuato.
“La discussione sulla pericolosità di questa categoria di farmaci si trascina ormai da molti mesi, incredibilmente più nel nostro Paese che nel resto del mondo”, ha commentato Antonio Ceriello, Presidente Associazione Medici Diabetologi (AMD). “I sospetti si sono sempre basati su evidenze scientifiche estremamente labili. Mi auguro che i risultati pubblicati da Giorda possano contribuire a mettere un punto fermo, che possa tranquillizzare ulteriormente nell’utilizzo di questi farmaci”.

 

 

da quotidianosanità.it