Celiachia. Diagnosi certa con la conta dei linfociti intraepiteliali

Secondo i risultati di uno studio caso-controllo, pubblicato da Gut, il conteggio dei linfociti intraepiteliali (IEL) nella mucosa duodenale può essere utilizzato per distinguere la mucosa colpita da malattia celiaca dalla mucosa normale, con un cutoffottimale di 25 IEL /100 enterociti. Un aumento della popolazione dei linfociti intraepiteliali (IEL) è stato riconosciuto come segno distintivo della malattia celiaca da oltre 50 anni, ma in letteratura ancora manca di un valore soglia definitivo per confermare la diagnosi.

Lo studio

Per approfondire questo tema Kamran Rostami, dell’ospedale universitario di Milton Keynes, nel Regno Unito, e colleghi provenienti da 19 laboratori di 8 Paesi hanno utilizzato le biopsie colorate tradizionalmente con ematossilina (H) eosina (E) per determinare la popolazione di IEL in 198 pazienti con malattia celiaca e 203 controlli senza malattia celiaca. Il conteggio medio IEL era di 54/100 enterociti nei campioni dei malati celiaci e di 13/100 enterociti nei campioni provenienti dai controlli. E la conta degli IEL sorpassava i limiti considerati nella norma in 56 biopsie, pari al 14% dei campioni totali.
“L’esistenza di una significativa eccedenza numerica degli IEL tra individui senza malattie intestinali al confronto con quelli con la malattia celiachia è stata una conclusione sorprendente”, ha dichiarato Rostami. “Questo perché non è mai stata pubblicata una definizione definitiva di un numero normale di IEL nella letteratura esistente finora. Inoltre, al contrario di quanto si riteneva precedentemente, si è visto che IEL non erano diversi (bimodale) nella malattia e in individui con intestino sano. E questo non è mai stato dimostrato prima. Siamo convinti che i conteggi degli IEL realizzate con i metodi convenzionali, colorando i campioni con H – E possano fornire risultati ottimali e a basso costo nelle analisi istologiche routinarie, e che le colorazioni con immunofissazione per i conteggi CD3/gamma-delta, siano da utilizzare solo in casi speciali che richiedono marcatori specifici”.


Fonte: Gut 2017

Will Boggs

(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)