Che cos’è il diabete non autoimmune
In età pediatrica la forma più frequente di diabete mellito è quella ad eziologia autoimmune, cioè il diabete mellito tipo 1, insulino-trattato. Più rare sono le forme di origine non autoimmune in particolare: il MODY, il diabete mitocondriale, la sindrome di Wolfram e il diabete tipo 2.
Maturity-Onset Diabetes of the Young (MODY)
Una forma di diabete mellito ad insorgenza in età pediatrica e caratterizzata da decorso non grave era stata descritta già nel 1916 da Reisman. In seguito, studi familiari hanno permesso di definire una variante di diabete non insulino-trattato, definita “Diabete mellito tipo adulto ad esordio giovanile o Maturity-Onset Diabetes of the Young (MODY)”, caratterizzata da: eterogeneità genetica, insorgenza precoce (infanzia, adolescenza, inizio età adulta, <25 anni), ereditarietà autosomica dominante. I pazienti con MODY non necessitano di terapia insulinica e non sono sovrappeso. Sono attualmente conosciute 6 forme di MODY, ciascuna causata da mutazioni di geni differenti. Comunemente asintomatico, il MODY può manifestarsi clinicamente in corso di infezioni. Pertanto, a meno di screening familiari, o in corso di approfondimento diagnostico di una iperglicemia occasionale, la diagnosi può essere posta non precocemente, ma in età avanzata. Studi familiari hanno evidenziato che il MODY è caratterizzato da una progressione lenta, da uno stato di normale tolleranza al glucosio a quello di ridotta tolleranza e quindi a diabete clinicamente manifesto. Il maggior numero di pazienti descritti in letteratura riguarda casi di MODY2 e di MODY3. Esiguo è il numero dei pazienti descritti con le altre forme conosciute: MODY1, MODY4, MODY5 e MODY6. In Italia la forma più frequente è il MODY2, documentato nel 67% dei casi con diagnosi clinica di MODY. Il MODY 2 è associato a mutazioni del gene codificante la glucochinasi, enzima essenziale nella regolazione del metabolismo glucidico. Ad un’alterata attività enzimatica della glucochetosi mutata corrisponde un innalzamento della soglia del glucosio ematico per innescare la secrezione di insulina. L’iperglicemia nel MODY2 è spesso modesta e meno del 50% dei soggetti presenta sintomi clinici di diabete mellito. Molti pazienti, talora sin dalla nascita, e comunque già nella prima infanzia manifestano iperglicemia che si innalza con l’età, superando raramente nella vecchiaia 180 mg/dl. La curva da carico orale di glucosio evidenzia dopo 2 ore ridotta tolleranza ai carboidrati e raramente valori superiori a 200 mg/dl. La maggior parte dei pazienti è identificata durante controlli occasionali, screening familiari, e in caso di diabete gestazionale. I soggetti con MODY 2 possono presentare un basso peso alla nascita, conseguente al deficit insulinico fetale, e raramente diabete neonatale, di tipo transitorio nella condizione di eterozigosi o di tipo permanente nella condizione di omozigosi.
Il trattamento del MODY2 è essenzialmente dietetico, con esclusione di zuccheri semplici, associato ad attività fisica. Raramente è necessario ricorrere agli ipoglicemizzanti orali. Nel diabete gestazionale può essere necessaria la terapia insulinica.
Nei pazienti MODY2 è riportata una ridotta prevalenza di complicanze microvascolari, quali retinopatia e nefropatia, rispetto ai soggetti con altri tipi di MODY.
Diabete mellito tipo 2
Il diabete mellito tipo 2 (DM2) è una complessa malattia metabolica di eziologia eterogenea che può associarsi ad una predisposizione genetica. Il DM2, sino a pochi anni orsono malattia propria dell’età adulta e senile, rappresenta oggi una patologia emergente in età pediatrica, soprattutto adolescenziale. Negli Stati Uniti studi epidemiologici recenti riportano una prevalenza di DM2 negli adolescenti fra l’8 e il 45% delle nuove diagnosi di diabete mellito, variabile a seconda delle aree geografiche e dei gruppi etnici considerati.
L’età media alla diagnosi è 13.5 anni e la maggiore frequenza è osservata nel sesso femminile. In Europa non sono ancora disponibili stime di incidenza e di prevalenza del DM2 in età pediatrica e adolescenziale, anche perché molti adolescenti, soprattutto se obesi, possono non sapere di esserne affetti. I nuovi casi di DM2 si stanno evidenziando troppo rapidamente per ipotizzare la componente genetica come principale fattore causale, mentre sempre più importanza viene attribuita ai fattori alimentari, che determinano obesità e iperinsulinismo con insulino-resistenza. Altri fattori di rischio per lo sviluppo del DM2 sono la pubertà, la sindrome dell’ovaio policistico, la presenza di acanthosis nigricans. L’acanthosis nigricans è caratterizzata da cute ispessita e scura, localizzata alle ascelle e sulla superficie posteriore del collo. Il principale fattore ambientale responsabile del DM2 è costituito dall’obesità, secondaria ad un’alimentazione non corretta e alla sedentarietà. Il rischio di sviluppare DM2 nel corso degli anni sembra correlato alla durata dell’obesità. Analogamente a quanto osservato nel paziente adulto, errate abitudini alimentari sono responsabili dell’obesità e del DM2 in età pediatrica. Popolazioni del Nord America (Indiani ed Eschimesi) e dell’Australia, Isole del Pacifico, Cina e Asia hanno mostrato un’aumentata prevalenza di DM2 dopo l’introduzione di errori alimentari della cosiddetta “westernized diet”: un eccessivo apporto di grassi saturi e di zuccheri semplici, uno scarso introito di carboidrati complessi e di fibre. Un’altra caratteristica della “westernized diet” è l’assunzione di bibite e snack. È stato calcolato che annualmente negli Stati Uniti si consumano circa 457 lattine pro capite di bibite gassate. Le principali alterazioni metaboliche osservate nel DM2 sono l’insulino-resistenza e le modifiche dell’assetto lipidico. L’obesità inizialmente si associa ad insulino-resistenza con normale glicemia e normale tolleranza ai carboidrati, seguite da iperglicemia, inizialmente post-prandiale, da ridotta tolleranza ai carboidrati sino al diabete mellito clinicamente manifesto. Il DM2 è una malattia a lenta evoluzione: i fattori favorenti esercitano la loro influenza anche anni prima delle manifestazioni cliniche, che possono essere le medesime del diabete tipo 1, cioè poliuria e polidipsia, con iperglicemia e glicosuria. Il DM2 può talora manifestarsi con un quadro clinico anche grave, con chetoacidosi, e necessità di terapia insulinica. In un terzo circa dei casi la diagnosi di DM2 può essere occasionale, per il riscontro di glicosuria, e successiva conferma di iperglicemia. Nel diabete mellito tipo 2 in età pediatrica, analogamente a quanto osservato nel paziente adulto, sono riportate anche alterazioni del quadro lipidico quali: ipertrigliceridemia, elevati livelli di colesterolo totale e di colesterolo LDL, e bassi livelli di colesterolo HDL. L’intervento terapeutico del giovane con DM2 è essenzialmente educazionale, comprende una dieta adeguata ed una regolare attività fisica, modificando lo stile di vita del paziente. Una corretta alimentazione previene l’evoluzione delle complicanze vascolari, che possono manifestarsi già in età giovanile. Non è indicata, se non in casi particolari e in ogni modo, non al momento della diagnosi, la terapia farmacologica con ipoglicemizzanti orali. L’alimentazione nel giovane con DM 2 deve includere i principali componenti di una corretta dieta, quali carboidrati, proteine, grassi, fibre, vitamine e antiossidanti.
RACCOMANDAZIONI GENERALI
Promuovere il consumo di frutta, verdura, ed alimenti contenenti fibre. Disincentivare le abitudini alimentari tipo fast-food e simili; Abituare il nucleo familiare a mangiare tutti insieme. Diminuire il consumo di snack, bevande gassate, alimenti ad alto contenuto calorico(cibi con grassi e zuccheri semplici).
Educare i bambini e il nucleo familiare a non:
a. mangiare dinanzi alla televisione;
b. mangiare per gratificazione;
c. estremizzare il concetto di dieta.
Infine sono fondamentali il calo ponderale e il mantenimento del peso ideale raggiunto.
Giuseppe d’Annunzio
Elena D’Amato
II Clinica Pediatrica Università di Genova Istituto G. Gaslini – Genova