Chirurgia bariatrica: benefici anche a 12 anni su perdita di peso, remissione e prevenzione del diabete

In una società ogni giorno più ‘pesante’ la chirurgia bariatrica si propone sempre più come una valida opzione terapeutica per contrastare in tempi ragionevoli il carico di morbilità, disabilità e mortalità correlato all’obesità. Ed essendo l’esperienza sul campo ormai pluridecennale, si può cominciare a ragionare su esiti a lungo termine.

Il New England Journal of Medicine pubblica oggi un lavoro di Ted Adams e colleghi sul follow up a 12 anni di pazienti sottoposti a bypass gastrico Roux-en-Y presso centri statunitensi. Lo studio prende in considerazione in particolare le variazioni di peso, l’incidenza e i tassi di remissione di diabete di tipo 2, ipertensione, dislipidemia in 418 pazienti sottoposti a quest’intervento per obesità grave, paragonando questi parametri con quelli di due gruppi di pazienti (rispettivamente di 417 e 321 soggetti) con obesità grave, non sottoposti ad intervento.

I risultati dello studio (90% di questi soggetti sono arrivati ai 12 anni di follow up) dimostrano che, nonostante ampie variazioni nel peso corporeo all’interno del gruppo, il 93% dei soggetti operati , a 12 anni manteneva ancora una perdita di peso di almeno il 10%, rispetto ai livelli iniziali; il 70% di loro manteneva un calo ponderale di almeno il 20% rispetto al basale e nel 40% degli operati la riduzione di peso era di almeno il 30% rispetto ai valori iniziali. Solo l’1% dei soggetti sottoposti ad intervento chirurgico aveva riguadagnato tutti i chili persi con l’intervento.
Sul fronte dei diabete, l’incidenza di questa condizione a 12 anni dall’intervento era del 3% (8 pazienti su 303), contro il 26% (42 pazienti su 164) del primo gruppo di controllo non chirurgico e il 26% (47 pazienti su 184) del secondo gruppo di controllo non chirurgico.

Anche i benefici di questo intervento sulla remissione del diabete sono apparsi importanti, anche se più evidenti a ridosso dell’intervento. Così, a due anni dal bypass gastrico risultavano in remissione 66 pazienti su 88 (il 75%), a 6 anni 54 pazienti su 87 (il 62%) e a 12 anni 43 pazienti su 84 (il 51%). Il 69% dei soggetti operati che risultava in remissione dal diabete a due anni dall’intervento, lo era ancora a distanza di 12 anni. Un forte predittore di remissione del diabete nel gruppo degli operati era il tipo di trattamento anti-diabete effettuato dai pazienti al momento dell’intervento. Chi seguiva solo un programma di dieta e attività fisica aveva le maggiori probabilità di andare in remissione; all’estremo opposto, i pazienti già in trattamento insulinico.

Il gruppo dei chirurgici presentava infine tassi di incidenza di ipertensione e dislipidemia inferiori a quelli del gruppo di controllo 1.

Il problema dei suicidi tra i soggetti sottoposti ad intervento di chirurgia bariatrica, viene confermato dai risultati di questo studio (7 casi di suicidio tra gli operati). Una revisione di 28 studi sull’argomento conferma che atti di grave autolesionismo e suicidi sono più frequenti tra i soggetti sottoposti ad intervento di chirurgica bariatrica che nella popolazione generale, nei pazienti pre-chirurgici, nei soggetti dei gruppi di controllo. Potenziali fattori di rischio per suicidio dopo intervento di chirurgia bariatrica sono: un’età inferiore a 35 anni, variazioni ormonali, persistenza di condizioni pre-esistenti; preesistente depressione e altre alterazioni del comportamento; peggioramento o mancato miglioramento della qualità di vita correlata alla salute, problemi inerenti a fattori sociali, sessuali e relazionali; disturbi dell’immagine corporea, storia di maltrattamenti in età infantile. Gli autori ricordano anche che è stata segnalata una ridotta biodisponibilità di alcuni inibitori del reuptake della serotonina un mese dopo il bypass gastrico; esiste infine un’associazione tra problemi di binge eating prima dell’intervento e impiego di farmaci psichiatrici.

Non essendo del tutto chiarite le cause di questo fenomeno, anche sulla base dei risultati di questo studio, gli autori sottolineano la necessità di individuare migliori predittori del rischio suicidio per poter prevenire questa rara ma drammatica conseguenza di questi interventi.



di Maria Rita Montebelli

 

da Quotidiano Sanità