Le iperlipidemie, l’eccesso di colesterolo o di trigliceridi nel sangue sono un fattore di rischio cardiovascolare importante quanto e più della glicemia. Dieta, esercizio fisico e alcuni farmaci aiutano a tenerlo a bada.
Il diabetico rischia da 3 a 4 volte più di una persona non diabetica di essere colpito da un infarto del miocardio, e ha un rischio circa doppio di presentare un ictus o una complicanza legata alla malattia aterosclerotica delle grosse arterie degli arti inferiori. “Se vogliamo ridurre questo rischio detto ‘macrovascolare’, bisogna operare in più direzioni: lo stretto controllo della glicemia non basta”, continua Franco Maraffi, 49 anni, responsabile dell’Unità di Diabetologia e Malattie Metaboliche degli Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano: “occorre tenere sotto controllo contemporaneamente la pressione arteriosa e il livello dei grassi nel sangue, che quando sono elevati danno origine alle cosiddette iperlipidemie”. Maraffi, che divide l’attività clinica fra il C.T.O. e l’Ospedale Vittore Buzzi, ed è consulente sanitario dell’Associazione Diabetici della Provincia di Milano, è particolarmente attento al controllo degli elevati valori di grassi nel sangue, le iperlipidemie, dei pazienti che segue nell’attività clinica.
Lipidi, trigliceridi, colesterolo LDL, HDL… possiamo fare un po’ di chiarezza? Certamente! Una quota dei grassi che mangiamo viene assorbita dall’intestino e trasferita nel sangue, un’altra quota viene ‘sintetizzata’ dal fegato. Chiamiamo i grassi ‘lipidi’ e la ‘lipid-emia’ è la concentrazione dei grassi nel sangue. ‘Iper-lipid-emia’ significa presenza di una eccessiva quantità di grassi nel sangue.
Ed è una malattia? L’eccesso di grassi nel sangue contribuisce a deteriorare e ostruire le arterie cioè ad accelerare quello che noi chiamiamo il ‘processo aterosclerotico’. Si distinguono due tipi principali di lipidi, i trigliceridi e il colesterolo.
Chi ha il colesterolo alto ha anche i trigliceridi alti e viceversa? Non obbligatoriamente. Ci sono iperlipidemie in cui è elevato il solo colesterolo, parliamo allora di ‘ipercolesterolemia’; o i soli trigliceridi la ‘ipertrigliceridemia’ e ci sono ‘iperlipidemie combinate’ in cui sono elevati sia il colesterolo che i trigliceridi. Ma la situazione è ancora più complessa perché a sua volta sia il colesterolo che i trigliceridi circolano nel sangue legati a delle particelle definite ‘lipoproteine’ che ne consentono la solubilità. In particolare il colesterolo circola sotto forma di colesterolo-LDL e di colesterolo-HDL, il primo è particolarmente dannoso in quanto trasporta il colesterolo all’interno della parete delle arterie mentre il secondo svolge un’azione favorevole in quanto rimuove il colesterolo dalla parete delle arterie e lo riporta al fegato dove verrà eliminato. I trigliceridi sono invece legati ad una lipoproteina specifica definita VLDL.
E tutto questo è influenzato anche dal metabolismo del glucosio? In parte: nel diabetico, ad esempio i trigliceridi sono mediamente più elevati, a parità di peso corporeo, e le HDL sono più basse, perché l’aumentata produzione di trigliceridi condiziona una maggiore eliminazione di HDL. Per il colesterolo, possiamo non vi sono sostanziali differenze tra diabetici e non diabetici nei livelli del colesterolo totale e di LDL. È invece molto diversa la composizione delle LDL dei diabetici che sono, usando una definizione tecnica, ‘più piccole e più dense’. Questo tipo di LDL induce un maggior accumulo di colesterolo nelle cellule della parete delle arterie, e quindi sono più aterogene. Ciò significa che anche un aumento non significativo dei livelli di colesterolo LDL acquista una grande potenza in senso cardiovascolare in presenza di diabete.
Quali sono quindi gli obiettivi terapeutici per chi presenta un elevato valore di lipidi nel sangue? Più il colesterolo è elevato e maggiore è il rischio di infarto del miocardio. È stato anche dimostrato che riducendo il livello del colesterolo-LDL si riduce il rischio di malattie cardiovascolari e ciò è vero anche e soprattutto nei diabetici. A questo proposito, sono stati recentemente presentati i risultati dello studio HPS (Heart Protection Study). Nel gruppo dei pazienti diabetici indipendentemente dal valore di partenza del colesterolo, si otteneva parallelamente alla riduzione del colesterolo una significativa riduzione delle malattie cardiovascolari. Sulla scorta di questo studio si può affermare che la riduzione del colesterolo nel diabetico è sempre utile, anche se il valore di partenza non è elevato. E questo senza la comparsa di gravi effetti collaterali, anche dopo un lungo periodo di cura con statine.
Ma quali sono le misure da adottare per ridurre i grassi nel sangue? In primo luogo evitando di mangiarli… sicuramente, assumiamo una quantità eccessiva di grassi saturi e colesterolo sotto forma di carni rosse, formaggi, ed insaccati, per fare alcuni esempi. Una dieta equilibrata deve invece prevedere che meno del 30% dell’introito calorico giornaliero sia rappresentato dai grassi e solo un terzo di questi da grassi saturi. In secondo luogo dimagrendo e facendo esercizio fisico con regolarità. Alcune iperlipidemie sono infatti una conseguenza diretta dell’insulino-resistenza, una condizione metabolica, che è legata al sovrappeso, soprattutto quando il grasso si accumula a livello dell’addome.
Quanto bisogna dimagrire? Ogni riduzione di peso pari al 5-10% del peso corporeo iniziale ha effetti diretti e favorevoli su iperlipidemie, insulino-resistenza, pressione arteriosa, e livello della glicemia. Ogni volta che visitiamo un paziente con diabete e iperlipidemia, o anche solo con la seconda delle due condizioni, cerchiamo di promuovere comportamenti corretti per quanto riguarda l’alimentazione e l’attività fisica. Solo dopo un intervallo di tempo sufficientemente lungo, nell’ordine dei mesi, se non otteniamo, nonostante il dimagrimento e il cambiamento dello stile di vita, una normalizzazione di tutti i parametri che erano alterati, prendiamo in considerazione l’introduzione di farmaci specifici. I ‘fibrati’ se il problema principale è l’elevato valore dei trigliceridi e le ‘statine’ se invece è prevalentemente elevato il colesterolo. Ma è probabile che i risultati dello studio HPS, come ho già detto, influenzeranno una revisione delle ‘linee guida’ di trattamento del diabete mellito, estendendo le indicazioni per il trattamento con statine.
Le statine sono farmaci sicuri? Assolutamente sì. Sono farmaci oramai utilizzati da molti anni e se si applicano alcune precauzioni si possono evitare i potenziali inconvenienti sui muscoli e sul fegato. È importante, nella fase di impostazione della terapia, e tutte le volte che si varia la posologia del farmaco, monitorare alcuni esami in particolare CPK e transaminasi; mentre quando la terapia è stabile nel tempo, sarà sufficiente un controllo annuale di questi parametri. Evitare l’uso concomitante di farmaci come alcuni antibiotici della classe dei macrolidi o gli antimicotici imidazolici e triazolici, la ciclosporina e i fibrati. Ma complessivamente sono farmaci molto ben tollerati, che presentano raramente effetti collaterali gravi, mentre sono sicuramente efficaci nel ridurre il rischio cardiovascolare non solamente in soggetti che hanno già presentato un evento cardiovascolare, ma anche per alcuni classi di pazienti come i diabetici, in tutti coloro che non hanno ancora avuto manifestazioni cliniche di malattie cardiovascolari. Probabilmente le statine dovranno essere considerate alla stregua delle altre terapie ‘cardioprotettive’ oramai consolidate (Aspirina, beta-bloccanti, ACE-inibitori) e di sicura efficacia nella riduzione del rischio di malattie cardiovascolari.
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