Congresso EASD: ecco le nuove Linee Guida e le novità terapeutiche
Sono state pubblicate e presentate nel corso del Congresso della European Association for the Study of Diabetes (EASD) le nuove Linee Guida per il trattamento del diabete di tipo 2, stilate insieme alla American Diabetes Association (ADA) e che per la prima volta mettono davvero il paziente al centro della cura. Il 48esimo Congresso EASD è iniziato lunedì a Berlino e si concluderà venerdì 5.
Le nuove raccomandazioni sono meno prescrittive delle precedenti, ma promuovono un maggiore coinvolgimento del paziente, dando anche consigli sul giusto approccio per la scelta della terapia: questa dovrà combinare le migliori evidenze della letteratura scientifica con l’esperienza dei medici, ma senza dimenticare le esigenze personali di ogni paziente. “Un approccio che permetta di fornire cure che rispettino e rispondano alle preferenze individuali, ai bisogni e ai valori che il paziente ha, e che gli assicurino di avere voce in capitolo in tutte le decisioni cliniche”, fanno sapere EASD e ADA. “Un approccio che viene assunto sempre di più in tutte le patologie, ma che ha un senso ancora maggiore per il diabete di tipo 2, vista l’incertezza in termini di tipo di terapia e di loro risultati che è propria della patologia”, ha aggiunto Andrew Bulton, presidente EASD.
Anche perché sono proprio i pazienti a dover fare una scelta di cambiamento di stile di vita, ed è solo da loro che dipende l’aderenza alla terapia, anche farmacologica. Dunque l’implementazione di una strategia per il trattamento deve basarsi sulla vita reale del singolo malato.
Se le raccomandazioni generali sulla terapia glicemica si basavano in passato sul mantenere sotto il 7% il valore della emoglobina glicosilata (HbA1c), il parametro che valuta il livello di glucosio nel sangue del paziente sul lungo termine, la nuova posizione enfatizza il punto di vista più pratico di questo obiettivo. Il particolare questo valore deve tenere in considerazione diversi fattori, come quello dell’attitudine del paziente alla cura, e dei sui sforzi, i rischi potenzialmente associati alla glicemia e altri effetti collaterali, da quanto tempo ogni paziente presenta la patologia, l’aspettativa di vita, eventuali comorbidità o complicazioni vascolari, fino ad arrivare alle condizioni economiche e sociali del paziente e della sua famiglia. Se il paziente sente che la terapia è troppo pesante, ad esempio, o l’obiettivo impossibile da raggiungere, avere buoni risultati sarà impossibile.
Proprio in questa direzione va anche il nuovo “algoritmo”, presentato sempre nel corso del Congresso, sviluppato in Italia dall’Associazione Medici Diabetologi (AMD): si tratta di un procedimento che si basa proprio sull’automisurazione della glicemia, e che attraverso diversi step arriva ad una terapia veramente a misura di paziente.
Si parte da 5 diversi profili di paziente, stilati in base all’età, ad eventuali complicanze, e ad altri fattori. Ad ognuna delle tipologie corrisponde una terapia diversa, ma a partire da quella si possono sviluppare altri “sottogruppi” di trattamento, a seconda dei fattori di rischio presenti. E Infine l’ultimo step, che individua la cura personalizzata vera e propria, effettuata dallo stesso paziente tramite l’automonitoraggio della glicemia, da effettuarsi prima di ogni visita di controllo in diversi momenti della giornata e della settimana. Dal profilo dettagliato che emerge da questo vengono sviluppati poi la terapia e il mix di farmaci più appropriati. “Presto – fanno sapere dal Congresso – sarà disponibile anche una versione dell’algoritmo dell’International Diabetes Federation (IDF), ispirata proprio al documento italiano.