Da cuore a cuore, da cervello a cervello, da pancreas sbilenco a pancreas sbilenco

C’era una volta, tanti tanti anni fa, una bella ragazzina che stava male. Aveva un diabete cattivo, ma all’epoca, non lo si poteva dire. Lei sapeva che la sua terapia sarebbe stata parlare, ma in quell’epoca cattiva non lo si poteva fare.
Cercò di confrontarsi in un gruppo di auto-aiuto, ma lì dentro, diabetici zoppi, ciechi e sciancati, tutti dicevano di stare davvero bene. A loro non disturbava fare il laser agli occhi, perché non era nulla, amavano le iniezioni e non era un problema il cibo, perché dicevano di divorare anche la pizza, anzi, due. Che poi in pizzeria ne mangiassero appena uno spicchio la ragazzina non lo poteva far notare.
La fanciulla, col suo peso sulle spalle, cercò confronto nei nuovi gruppi virtuali. Chissà che dietro al computer, qualcuno la potesse ascoltare… di gruppi ce n’erano tanti, ma sembravano sempre lo stesso: “il diabete non è niente”, dicevano, “noi facciamo una vita normale”.
La ragazzina voleva aprire la parola “normale” con un coltello affilato, guardarci dentro per capire. La sua normalità la voleva raccontare, ma le tornava indietro come su un muro di gomma. Erano tutti davvero molto molto molto felici. Era quasi meglio avere il diabete che non averlo, in fondo. La ragazzina non capiva quel fondo.
Bussò a un certo punto, con le spalle ormai reclinate dal peso di tante parole non dette e di troppe non ricevute, alla porta di Portale Diabete.
Le rispose una vocina: “Parlami, raccontami chi sei”.
La ragazza, ormai donna, si aprì come un fiume. Sgorgò da quel corpo minuto un flusso di dolore, solitudine, frustrazione, speranza e attesa. La voce non cadde nel nulla.
Le risposte furono gocce di pioggia, un suono che inizia piano e poi si fa temporale. Tante voci che dicevano di riconoscersi nella sua, tantissimi cuori disposti ad aprirsi, tanti che la guardavano come in uno specchio.
Chi le aveva aperto la porta non era una vecchina, non era nemmeno una chiocciola lenta, ma una signora un po’ speciale. Aveva quella signora un pancreas perfettamente funzionante che però, come per magia, all’uopo sapeva diventare sgangherato, mancante, ammalato.
E così la ragazza sentì di poter parlare come sapeva fare, in modo sincero, con tutta se stessa: da cuore a cuore, da cervello a cervello, da pancreas sbilenco a pancreas sbilenco.

 

Luisa Codeluppi