Dai diabetologi i dieci “comandamenti” per l’autogestione appropriata della malattia
Gli italiani con diabete sono in un certo senso dei privilegiati, poiché vivono in un Paese dove il livello medio di compenso glicemico è migliore rispetto a quello degli altri paesi occidentali e l’incidenza di complicanze croniche, il tasso di ricoveri per complicanze acute, così come l’eccesso di mortalità sono tra i più bassi al mondo. “Risultati che ci rendono orgogliosi – afferma Enzo Bonora, presidente della Società italiana di diabetologia (Sid) – e che sono attribuibili ad una rete capillare di centri specialistici per la cura del diabete che non ha eguali al mondo e che rappresenta l’elemento fondante del ‘Piano Nazionale per la Malattia Diabetica’ varato nel 2013 dal Ministero della Salute e dalla Conferenza Stato Regioni”.
Non sorprendono risultati di questa portata, anche visti i precedenti vantati dal nostro paese: quando nel mondo ancora non si parlava di diabete come della pandemia del terzo millennio e i suoi numeri erano ben lontani da quelli di oggi l’Italia, prima nel mondo, ne riconosceva la portata sociale con la legge 115 del 1987 che stabiliva tra l’altro proprio il ruolo chiave dei centri diabetologici.
In 30 anni il numero dei soggetti affetti da questa condizione è più che raddoppiato negli ultimi (da meno di 2 milioni a quasi 4 milioni) e con esso i costi inerenti alla loro assistenza sanitaria, attualmente stimabile in 15 miliardi di euro all’anno. Una spesa destinata ad aumentare sensibilmente nei prossimi 20-30 anni perchè aumenterà ancora il numero delle persone con diabete. Le complicanze croniche rendono conto del 90% della spesa e gran parte di questa (circa 2/3) è legata ai ricoveri ospedalieri.
E in tutto ciò, la spesa per mantenere i centri diabetologi, che in qualche regione subiscono uno strisciante smantellamento, rappresenta appena l’1% del totale. “Ottimizzare la spesa sanitaria – continua Enzo Bonora – è imperativo se si vuole garantire a tutte le persone con diabete l’accesso a quell’innovazione che permetterà di migliorare ulteriormente i già eccellenti risultati dell’assistenza diabetologica del nostro Paese. Per farlo serve che il diabetologo si impegni si impegni in una serie di azioni che, senza venir meno ad un’assistenza di alto livello, possono liberare ingenti quantità di risorse per permettere un equo accesso all’innovazione”.
I diabetologi italiani, quelli della Società Italiana di Diabetologia unitamente a quelli dell’Associazione Medici Diabetologi, hanno messo nero su bianco 10 ‘impegni’ per fa sì che in futuro la qualità dell’assistenza diabetologica italiana continui a mantenere la sua leadership mondiale anche grazie al contenimento della inappropriatezza prescrittiva, alla riduzione di alcuni sprechi, a scelte terapeutiche che permettono di controllare la spesa (diretta e indiretta), ad una maggiore attenzione ad alcuni aspetti della gestione della malattia.
Una ‘ricetta’ che vede tra i suoi punti fermi l’empowerment e l’educazione della persona con diabete, con la dovuta sottolineatura all’importanza dell’auto-monitoraggio; l’appropriatezza nella prescrizione degli esami diagnostici e delle terapie anti-iperglicemizzanti; la prevenzione dell’ipoglicemia; l’attenzione alla salute del piede; l’assistenza qualificata alle persone con diabete ricoverate in ospedale per altre patologie; la logica del lavorare in team, sia quello diabetologico stretto, che quello allargato ad altri specialisti e al medico di famiglia, per realizzare in pieno la gestione integrata prevista dal ‘Piano Nazionale per la Malattia Diabetica’.
“Si tratta di una sorta di ‘decalogo’ – sottolinea Giorgio Sesti, presidente eletto della Sid – che da un lato consolida il ruolo insostituibile del diabetologo nella cura della malattia e dall’altro rafforza l’alleanza terapeutica tra specialista, medico di famiglia, persona con diabete e il team diabetologico con un attento sguardo all’appropriatezza prescrittiva e alla sostenibilità della spesa”.
I 10 impegni dei diabetologi italiani (Sid-Amd)
I diabetologi italiani, consapevoli del loro importante ruolo nel garantire, nel rispetto delle normative vigenti, l’accesso all’innovazione in diabetologia e nel contenere la spesa per la cura delle persone con diabete, applicando pienamente la loro peculiarità clinica, specifica e non sostituibile con altri professionisti della salute, consci dell’impegno a perseguire una cura efficace nel prevenire le complicanze acute e croniche della malattia, ribadiscono il loro impegno a:
1. Sollecitare la persona con diabete ad una partecipazione attiva alla cura della malattia, affinché essa possa essere realmente protagonista di una gestione condivisa della cura e in grado di assumere decisioni e comportamenti appropriati (alimentazione, attività motoria, automonitoraggio glicemico, terapia, assunzione di farmaci orali e/o iniettabili, ecc.).
2. Educare la persona con diabete ad un automonitoraggio glicemico strutturato (frequenza e orario delle misurazioni, interpretazione dei dati, correzione terapeutica quando applicabile) ma personalizzato in funzione delle necessità cliniche, differenziando le prescrizioni di dispositivi per l’autocontrollo glicemico domiciliare in base al tipo di trattamento, secondo una logica di appropriatezza, e analizzare con scrupolo, congiuntamente, il diario glicemico, possibilmente sfruttando le opportunità offerte dalla moderna tecnologia, soprattutto quando i dati da condividere sono numerosi come nelle persone in trattamento insulinico multi-iniettivo o con microinfusore.
3. Addestrare la persona con diabete in trattamento insulinico non solo ad un’efficace aggiustamento della dose quando necessario ma anche ad un uso corretto delle penne per le iniezioni di insulina, al fine di evitare sprechi di farmaco con dosi test inappropriatamente elevate, garantendo nel contempo lo standard di sicurezza nella sua somministrazione.
4. Istruire la persona con diabete in trattamento insulinico ad una corretta tecnica iniettiva al fine di prevenire o risolvere prontamente il problema delle lipodistrofie con le possibili conseguenze che queste comportano sia dal punto di vista clinico (variabilità glicemica) che economico (aumento del fabbisogno insulinico).
5. Richiedere gli esami di laboratorio necessari alla diagnosi, al monitoraggio e alla cura, prestando massima attenzione alle esigenze cliniche individuali, nel rispetto delle linee guida e della specifica appropriatezza clinica.
6. Prescrivere la terapia anti-iperglicemizzante che, a parità di efficacia e sicurezza, è meno costosa una volta che siano state attentamente considerate tutte le opzioni terapeutiche disponibili e valutando non solo il costo del farmaco ma anche quello dei dispositivi (aghi, lancette, strisce reattive) necessari e raccomandati nelle varie situazioni, verificandone periodicamente l’efficacia e la sicurezza al fine di intervenire tempestivamente in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi o di effetti avversi, evitando il fenomeno dell’inerzia terapeutica e interrompendo e sostituendo trattamenti costosi laddove essi si siano dimostrati privi di beneficio, al fine di liberare risorse utili per il bene comune.
7. Prevenire quanto più possibile l’ipoglicemia, fenomeno totalmente riconducibile alla terapia farmacologica, sia con una scelta oculata fra le varie alternative terapeutiche che con un’adeguata istruzione delle persone con diabete.
8. Raccomandare alla persona con diabete la massima attenzione alla cura dei propri piedi ed esaminare sempre con scrupolo i piedi delle persone con diabete per identificare e possibilmente correggere le condizioni di rischio e per avviare tempestivamente alla cura le lesioni nelle fasi più precoci, al fine di prevenirne la progressione, riducendo così morbilità, disabilità e i relativi ingenti costi.
9. Garantire, laddove richiesta, la massima disponibilità ad assistere le persone con diabete ricoverate in ospedale per altra patologia al fine di migliorare gli esiti, accorciare la degenza e contenere sensibilmente la spesa correlata.
10. Perseguire in ogni circostanza la logica del team diabetologico (medico, infermiere, dietista, ecc.), eventualmente allargato ad altri specialisti (cardiologo, nefrologo, oculista, ecc.) quando necessario per garantire la corretta gestione multidimensionale e multidisciplinare della malattia e nel contempo collaborare coi medici di medicina generale per permettere la piena realizzazione della gestione integrata prevista dal ‘Piano Nazionale della Malattia Diabetica’.