Dal “prediabete” al diabete. La dieta può evitarlo. Ma non sempre
Rallentare la progressione del diabete di tipo 2 è possibile. Anche a tavola. Lo dimostra uno studio condotto dai dietologi del King’s College di Londra che hanno dimostrato come sostituire i grassi saturi alimentari con quelli polinsaturi (contenuti negli oli vegetali e nelle nocciole ad esempio) consenta di rallentare la progressione da prediabete a diabete.
Il prediabete è caratterizzato da livelli di glicemia un po’ più alti del normale ma al di sotto dei 126 mg/dl, la soglia al di sopra della quale scatta la diagnosi di diabete.
Studi condotti in passato hanno dimostrato che esistono almeno due condizioni classificabili come ‘prediabete’; nella prima è il fegato a produrre troppo glucosio; nella seconda sono i muscoli a consumarne troppo poco.
Lo studio inglese è il primo ad aver esaminato gli effetti dei grassi alimentari nei confronti di queste due diverse condizioni che vanno sotto il nome di ‘pre-diabete’. In passato è stato dimostrato l’impatto dei grassi sulla sensibilità insulinica.
Al momento la perdita di peso è ritenuta la maniera più efficace per prevenire la progressione a diabete nei pazienti con prediabete; ma i ricercatori inglesi hanno voluto verificare se un intervento dietetico mirato potesse avere un ulteriore beneficio rispetto al calo ponderale.
Lo studio ha preso in esame 15 persone in buona salute, 14 atleti, 23 obesi, 10 persone con prediabete e 11 persone con diabete di tipo 2; tutti i partecipanti allo studio hanno risposto ad un questionario sulle abitudini alimentari e sono stati monitorati i loro valori di glicemia e dei lipidi ematici.
I ricercatori inglesi hanno così potuto osservare che nella condizione di pre-diabete determinata da un’alterata captazione di glucosio da parte dei muscoli, sostituire nella dieta i grassi saturi con i polinsaturi aveva un effetto positivo nel rallentare la progressione di questa condizione verso uno stato di diabete di tipo 2 conclamato. La spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che i grassi polinsaturi promuovono l’uptake di glucosio da parte dei recettori insulinici nei muscoli.
Dove invece il prediabete era imputabile all’eccessiva produzione di glucosio da parte del fegato, la riduzione dei grassi saturi nella dieta a favore dei polinsaturi, non rallentava la progressione di questa condizione.
“Questo studio – afferma Nicola Guess, Divisione di Diabete e Scienze della Nutrizione presso il King’s College di Londra – è stato il primo a esplorare la possibilità di modulare la prescrizione dietetica tenendo conto delle differenze alla base di queste due condizioni di prediabete. I risultati ottenuti suggeriscono che aumentare l’apporto dietetico di grassi polinsaturi possa avere un effetto benefico nei soggetti con un certo tipo di prediabete, ma getta anche luce sul perché alcune variazioni della dieta a volte non hanno alcun effetto sulla progressione da prediabete a diabete. Intendiamo confermare questa nostra osservazione con studi su casistiche più numerose e testare la nostra idea in un trial randomizzato”.
Questo studio ha delle limitazioni importanti, riassumibili nel basso numero di partecipanti totali e nei singoli gruppi, ma offre una chiave di lettura inedita che vale senz’altro la pena di indagare ulteriormente.
di Maria Rita Montebelli