Dapagliflozin vicino a diventare il primo farmaco orale indicato nel diabete di tipo 1
Il comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell’Ema ha raccomandato l’impiego di dapagliflozin negli adulti con diabete di tipo 1 che soddisfino determinati criteri. Il farmaco, un inibitore selettivo del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2), è già approvato per l’uso nel diabete di tipo 2 nell’Unione Europea, negli Stati Uniti e in altri paesi.
Una volta ottenuto il via libera europeo al nuovo uso, di solito poco più di una formalità dopo il parere positivo del Chmp, dapagliflozin sarebbe, a livello mondiale, il primo trattamento orale approvato nel diabete di tipo 1 come terapia aggiuntiva all’insulina.-
Come riportato dal comunicato dell’Ema «il parere del CHMP sarà ora inviato alla Commissione europea per l’adozione di una decisione relativa a un’autorizzazione all’immissione in commercio su scala europea. Una volta concessa, le decisioni in merito al prezzo e al rimborso si svolgeranno a livello di ciascuno Stato membro, tenendo conto del ruolo e dell’uso potenziale di questo medicinale nel contesto del sistema sanitario nazionale di quel paese».
Parere positivo per una parte del soggetti con diabete di tipo 1
Per mitigare il rischio di chetoacidosi diabetica (DKA) emerso negli studi su questa classe di farmaci, l’indicazione proposta dal Chmp limita l’uso di dapagliflozin ai soggetti con diabete di tipo 1 in sovrappeso o obesi con un indice di massa corporea di almeno 27 kg/m2 che non raggiungono gli obiettivi glicemici nonostante l’uso di alte dosi di insulina.
Durante il trattamento dapagliflozin i dosaggi di insulina dovrebbero essere continuamente ottimizzati da uno specialista e dovrebbero essere ridotti solo per evitare l’ipoglicemia. Al contempo i pazienti dovrebbero essere istruiti a controllare i livelli di chetone e riconoscere i segni e i sintomi della chetoacidosi diabetica, un rischio sempre presente per i pazienti con diabete di tipo 1 che può causare ospedalizzazione o morte.
I risultati clinici alla base della nuova indicazione
L’opinione positiva del Chmp si è basata sugli esiti di due studi clinici di fase III del programma clinico DEPICT (Dapagliflozin Evaluation in Patients With Diabetes Typeed Diabetes). Sia DEPICT-1 che DEPICT-2 erano trial randomizzati, in doppio cieco, della durata di 24 settimane con estensioni a lungo termine fino a 52 settimane, ciascuno dei comprendeva circa 800 pazienti. Lo studio DEPICT 1 è stato pubblicato su The Lancet Diabetes and Endocrinology, lo studio DEPICT-2 sulla rivista Diabetes Care.
I dati a breve (24 settimane) e a lungo termine (52 settimane) di DEPICT-1, insieme ai risultati a breve termine di DEPICT-2, hanno dimostrato che dapagliflozin alle dosi di 5 mg e 10 mg, quando somministrato come coadiuvante orale al trattamento con insulina nei pazienti con diabete di tipo 1 con un inadeguato controllo glicemico, ha comportato riduzioni significative e clinicamente rilevanti rispetto al basale di HbA1c, peso e dose totale giornaliera di insulina rispetto al placebo.
In DEPICT-1 la DKA si è verificata nell’1-2% dei gruppi trattati sia con dapagliflozin che con placebo, mentre in DEPICT-2 si è osservato un piccolo ma significativo aumento della DKA con il farmaco, fino al 2,6% con la dose da 10 mg, rispetto a nessun caso con il placebo.
«Nonostante i miglioramenti delle insuline, i metodi di somministrazione e il monitoraggio della glicemia, una percentuale di pazienti non è in grado di raggiungere o mantenere i livelli raccomandati di zucchero nel sangue con la sola insulina», riporta il comunicato dell’Ema. «Iperglicemia, ipoglicemia e aumento di peso sono comuni e l’aspettativa di vita dei pazienti è ancora significativamente ridotta rispetto alla popolazione generale, principalmente a causa del maggior rischio di malattie cardiache. Vi è quindi la necessità di nuove terapie in aggiunta al trattamento insulinico, per gestire meglio i livelli di zucchero nel sangue e altri fattori di rischio cardiovascolare».
Timori per l’uso nella vita reale
Molti esperti temono che il rischio di DKA possa essere superiore in un contesto terapeutico reale in cui il trattamento non viene sottoposto allo stretto monitoraggio che viene effettuato negli studi clinici.
Tale preoccupazione è emersa anche in una recente riunione del comitato consultivo della Fda statunitense per sotagliflozin, un doppio inibitore SGLT1 e SGLT2. Il panel di esperti si è diviso a metà, otto membri a favore e otto contro l’approvazione del farmaco come trattamento aggiuntivo all’insulina per gli adulti con diabete di tipo 1.
L’Endocrinologic and Metabolic Drugs Advisory Committee dell’agenzia ha espresso preoccupazione riguardo alla potenziale correlazione tra l’uso del farmaco e il rischio di chetoacidosi diabetica emerso negli studi clinici. Una decisione definitiva per questo farmaco è prevista entro il 22 marzo.
da PHARMASTAR