Diabete, anche il trapianto del solo pancreas è un vero salvavita
Il trapianto del solo pancreas è oggi un’opzione possibile per chi ha un diabete di tipo 1: una ricerca italiana, i cui primi risultati sono stati presentati durante l’ultimo congresso dell’European Association for the Study of Diabetes, dimostra che a dieci anni di distanza dall’intervento il 92 per cento dei pazienti è ancora in vita e soprattutto che l’organo è ancora pienamente funzionale nel 64 per cento dei casi e il 55 per cento continua a non avere più necessità di insulina.
L’esperienza di un centro di eccellenza
L’efficacia di un impianto del solo pancreas non era finora ben chiara perché nella maggior parte dei pazienti l’opzione trapianto si prende in considerazione in situazioni molto critiche, impiantando pancreas e rene quando la funzionalità renale è molto compromessa; il trapianto in questi casi è un vero salvavita mentre non era certo che potesse essere altrettanto opportuno trapiantare soltanto il pancreas, sebbene diversi studi sembrino suggerire che ripristinare una buona produzione di insulina significhi migliorare la funzione di organi come il cuore o i reni, rivelandosi in sostanza un salvavita anch’esso nel lungo periodo. I dati raccolti nel Centro Trapianti Pancreas dell’Azienda universitaria pisana su 60 casi operati fra il 2000 e il 2005 dimostrano che l’intervento ha consentito una normalizzazione duratura della glicemia nella maggioranza dei pazienti, risolvendo le complicanze acute legate alla terapia con insulina (per esempio il pericolo di ipoglicemie) e bloccando o talvolta migliorando l’evoluzione delle complicanze microvascolari, ottimizzando perfino il colesterolo totale e LDL.
Pochi donatori
«Questi risultati indicano che la procedura è sicura: il tasso di mortalità è stato di appena lo 0,83 per cento annuo. I dati sono molto incoraggianti e mostrano che il trapianto può essere efficace per i diabetici di tipo 1 con indicazione all’intervento», spiega Margherita Occhipinti, uno dei medici coinvolti nell’indagine che è stata condotta da giovani ricercatori sostenuti dalla Società Italiana di Diabetologia. Ugo Boggi, direttore dell’unità di Chirurgia Generale e dei Trapianti dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisa, aggiunge: «La recente possibilità di effettuare la procedura tramite la chirurgia robotica, quindi in via mininvasiva, è un grosso passo avanti nel trapianto del solo pancreas: ridurre in modo significativo il trauma chirurgico elimina infatti uno dei maggiori ostacoli all’intervento. Il vero problema è tuttavia la scarsità di donatori: devono essere giovani, con meno di 40 anni, e idealmente dovrebbero essere deceduti di un trauma cranico. Altri parametri poi restringono ulteriormente il campo e così i possibili donatori sono pochissimi: l’uso ottimale di quelli disponibili, magari attraverso protocolli di scambio nazionali e internazionali, è perciò necessario anche perché si tratta di un tipo di chirurgia che ha ottimi risultati nelle mani di medici esperti, con un buon volume di trapianti».
tratto da Corriere della Sera