Diabete: dagli annali Amd 2008, la fotografia italiana
L’Associazione Medici Diabetologi (AMD) ha presentato al IV Congresso Nazionale del Centro Studi e Ricerche – Fondazione AMD apertosi oggi a Cernobbio, i dati degli “Annali AMD 2008” sull’assistenza diabetologica in Italia nel 2007 – Il ruolo di AMD nella clinical governance del diabete. Il 54,3% dei diabetici è maschio; l’82,7% ha più di 55 anni, il 10,3% tra 45 e 55, ma l’8% ne ha meno di 35. Il 91,6%% è colpito da diabete di tipo 2 e, tra questi, 1 su dieci ha tra i 45 e i 55 anni, ma già 3 su cento meno di 45, segno che la malattia è sempre più “giovane”. Oltre il 40% dei soggetti con diabete di tipo 2 è obeso (BMI superiore a 30) e solo meno del 20% risulta normale. Invece, nel diabete tipo 1 è obeso “solo” un quarto dei pazienti. Poco meno di un terzo delle persone con diabete tipo 1 (27,6%), e il 17,7% di quelli con tipo 2, è fumatore. Il dato è particolarmente allarmante alla luce del forte rischio di complicanze microvascolari correlate al fumo di sigaretta, soprattutto nel diabete tipo 1. Molto buona, superiore al 90% (94,9% nel tipo 1 e 91,3% nel tipo 2), e con un significativo miglioramento rispetto all’84% del 2006, la percentuale di diabetici che effettua la misurazione, almeno una volta l’anno, dell’emoglobina glicosilata (HbA1c), il miglior parametro per determinare il livello di controllo del diabete. Inoltre, anche il grado complessivo di controllo della malattia nei diabetici assistiti dai centri italiani è buono, pur con la necessità di migliorare ulteriormente l’intervento terapeutico: l’HbA1c risulta, infatti, superiore al 7% nel 70,2% dei pazienti con diabete di tipo 1 e in metà (51,8%) di quelli con tipo 2. Secondo varie linee guida l’obiettivo da raggiungere per prevenire le complicanze microvascolari della malattia diabetica (o dei piccoli vasi arteriosi, come la retinopatia che porta danni alla vista, la nefropatia che compromette la funzione renale, la neuropatia periferica che favorisce le lesioni al piede) è un valore inferiore al 7%, che si riduce al 6,5% per prevenire quelle macrovascolari (o dei grossi vasi arteriosi, con aumentato rischio di arteriosclerosi e quindi infarto, ictus). In questo caso, sono il 17% i pazienti con diabete tipo 1 e il 32% quelli con tipo 2 che presentano livelli di HbA1c sotto al 6,5%; sono rispettivamente 3 su 10 e cinque su 10 quelli con valori inferiori al 7%. Comunque, il valore medio dell’emoglobina glicosilata italiano è migliore di quello che si rileva in simili analisi compiute negli Stati Uniti: autorevolissime rilevazioni come la survey NHANES promossa dal NIH (l’Istituto di sanità del governo americano) o i dati della NCQA (National Committee for Quality Assurance) riportano che i diabetici statunitensi hanno un’HbA1c superiore al 9,5% in percentuali dal 20 al 40% e superiore all’8% in percentuali tra il 40 e il 50%. Promossa quindi a pieni voti, nel complesso, la qualità dell’assistenza fornita nel nostro paese, anche se esistono ulteriori margini di miglioramento. “L’emoglobina glicosilata dovrebbe essere misurata almeno una volta l’anno a tutte le persone con diabete e anche i dati sulla valutazione del profilo lipidico e della pressione arteriosa, oggi effettuati nel 70% e nel 75% dei casi rispettivamente, indicano la necessità di interventi più incisivi, soprattutto verso i principali fattori di rischio cardiovascolare. Infatti, meno del 40% dei diabetici italiani presenta valori di colesterolo LDL inferiori a 100 mg/dl”, dice Giacomo Vespasiani, coordinatore degli Annali AMD (Associazione Medici Diabetologi), la cui edizione 2008 sarà presentata al IV Congresso Nazionale del Centro Studi e Ricerche – Fondazione AMD in corso a Cernobbio dall’8 al 10 ottobre prossimi. “Gli annali AMD, nati dalla collaborazione tra Centro Studi e Ricerche AMD, Centri diabetologici italiani e Consorzio Mario Negri Sud, costituiscono un vero e proprio rapporto nazionale sugli ‘Indicatori di qualità dell’assistenza diabetologica in Italia’. Sono giunti alla terza edizione e analizzano i dati raccolti, nel 2007, in 122 Centri di diabetologia su 205.244 persone con diabete”, spiega Umberto Valentini, Direttore Centro Studi e Ricerche AMD. “Gli Annali 2008 sono la conclusione di un percorso di qualità iniziato da AMD molti anni fa. Costituiscono la fotografia dell’assistenza specialistica diabetologica nel nostro Paese e rappresentano il primo passo, indispensabile, nella clinical governance di questa malattia. AMD li mette a disposizione di chiunque si occupi di politica e programmazione sanitaria – Ministero, Regioni, Aziende per i servizi sanitari, società scientifiche, organizzazioni professionali – con l’obiettivo di continuare a migliorare l’assistenza alle persone con diabete in Italia”, afferma Adolfo Arcangeli, Presidente AMD. Alla clinical governance del diabete – ossia a quel sistema di strategie e strumenti che si pone l’obiettivo di migliorare la pratica clinica, e in ultima analisi l’assistenza della persona con diabete – è dedicato il congresso di Cernobbio. “AMD ha cominciato a occuparsi di clinical governance già negli anni ’90, sviluppando una serie di strumenti per fornire ai diabetologi italiani informazione e formazione verso l’approccio multidisciplinare alla malattia e l’assistenza integrata”, spiega Sandro Gentile, Vicepresidente AMD. “Proseguendo su questa strada, a fine luglio è stato siglato un accordo tra AMD, SID (Società Italiana di Diabetologia) e le diverse sigle della medicina generale – FIMMG, SIMG, SNAMI, SNAMID – per la costituzione di team di cura integrati per l’assistenza alle persone con diabete mellito di tipo 2, secondo le linee guida definite negli Standard Italiani per la Cura del Diabete Mellito – prosegue Arcangeli – Abbiamo ora sottoposto il documento al Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali, per loro condivisione, e auspichiamo che possa presto andare alla discussione della Conferenza Stato-Regioni, perchè la sua implementazione sul territorio potrebbe, finalmente, rappresentare un concreto ulteriore passo in avanti per la diabetologia in Italia”, conclude. La fotografia tracciata nei dati degli Annali AMD 2008 dell’Associazione Medici Diabetologi confrontata con quelli di 19 Paesi UE raccolti dal progetto EUCID (European Core Indicators in Diabetes), finanziato dall’Unione Europea. In estrema sintesi: l’Italia regge più che bene il confronto ed esce a testa alta, anche se non è raccomandabile stilare classifiche di merito, in quanto l’attendibilità dei dati forniti dalle varie nazioni è ancora da verificare appieno. Emoglobina glicosilata (HbA1c): in Italia, il 51,8% delle persone con diabete di tipo 2 ha un valore di emoglobina glicosilata superiore al 7% (la media dell’HbA1c è 7,8% nel diabete di tipo 1 e 7,3% nel diabete di tipo 2), meglio di noi solo Irlanda (32%) e Olanda (48%), mentre la Francia (50%) ha una situazione simile, e paesi considerati a elevata organizzazione sanitaria come Danimarca (64%), Germania (64%) e Belgio (69%), evidenziano una situazione nettamente meno favorevole. Ciò significa che il grado di controllo della malattia è buono. Anche per quanto concerne la rilevazione dei dati, ossia la percentuale di persone con diabete che misura almeno una volta l’anno la HbA1c, siamo in linea con l’Europa, pur con margini di miglioramento: Italia 91-95%, al top Francia, Olanda e Belgio con il 99%, USA 97,6% . Pressione arteriosa: in questo caso, il confronto è fatto sulla percentuale di pazienti testati che ha una pressione non a target, ovvero con valori superiori a 140/90 mm/Hg. Secondo gli Annali AMD 2008 tale dato è 60,9% nel tipo 2. L’Italia non pare brillare nel controllo della pressione arteriosa, in quanto la percentuale dei non a target in Europa va dal 17% della Francia al 46% della Svezia. Forse, vi si può leggere un richiamo per il diabetologo italiano a controllare meglio questo fattore di rischio . Assetto lipidico: il confronto con i dati riportati nello studio EUCID va fatto sulla percentuale di pazienti che ha LDL (il colesterolo cattivo) superiore a 100 mg/dl. Secondo gli Annali AMD 2008 tale dato è 60,3% nel tipo 2. L’Italia si colloca nella fascia di mezzo, tra i primi, come Irlanda (16%), Danimarca (33%), Finlandia (42%), Belgio (45%) e gli ultimi, come Cipro (81%) e Scozia (84%) Obesità: il BMI medio italiano (indice di massa corporea: kg/m2) è 24,8 nel tipo 1 e 29,5 nel tipo 2, con una percentuale di obesi (BMI >30) pari a 40% nel tipo 2. Anche in questo caso l’Italia si colloca in Europa a un livello intermedio. Nello studio EUCID è sesta dopo Finlandia (38%), Cipro (39%), Austria (36%), Danimarca (36%), Belgio (35%), ma prima di Francia (47%), Svezia (47%), Olanda (47%), Scozia (47%), Inghilterra (45%), Germania (45%) e Irlanda (49%). Almeno nella popolazione adulta con diabete, quindi, l’Italia non è ai primi posti in Europa per obesità e soprappeso .
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