Diabete di tipo 1: scoperti i geni coinvolti nello sviluppo della patologia
Grazie al lavoro di un équipe di ricercatori membri di diversi istituti universitari della Florida, ora sappiamo quali sono i geni coinvolti nello sviluppo del diabete di tipo 1, vale a dire quella forma di diabete che si configura come malattia autoimmune e cronica e nella quale il pancreas non è più in grado di produrre l’insulina.
Sono stati individuati, dunque, quei geni che fanno aumentare il rischio di contrarre questa grave forma di diabete. Lo studio dei ricercatori, pubblicato sulla rivista scientifica “Nature Genetic”, fornisce delle informazioni specifiche al fine di poter effettuare ulteriori ricerche e scoprire chi sono i soggetti a rischio e quindi poter prevenire la malattia.
L’équipe ha raccolto i dati relativi al genoma di più di 27mila persone tra le quali vi erano anche soggetti colpiti da questo tipo di diabete. Dopo aver raccolto i dati, sono state osservate le differenze nel patrimonio genetico delle due categorie, con e senza questo tipo di diabete.
In seguito, i ricercatori hanno mappato il genoma con maggiore precisione per individuare i geni responsabili della patologia e hanno localizzato le variazioni di Dna rilevanti. Sono riusciti, inoltre, a restringere il numero da alcune migliaia a cinque e anche meno in alcune particolari regioni genomiche.
Uno studio, questo, che rappresenta senz’altro una spinta concreta per la comunità scientifica al fine di definire nuovi e importanti trattamenti per una patologia che presenta dei caratteri gravi in quanto rende insulino-dipendente chi ne è affetto. Nel diabete di tipo 1 il trattamento con insulina dura tutta la vita poiché il pancreas non è più in grado di produrre questo ormone, che regola i livelli di glucosio nel sangue, permettendogli di entrare all’interno delle cellule, dove funziona come riserva di energia.
Questo diabete si sviluppa generalmente durante gli anni dell’adolescenza, ma può comparire anche in bambini piccolissimi o in giovani adulti. Al momento non esiste una cura definitiva per questa patologia, pertanto la scoperta dei ricercatori porta entusiasmo nel settore.
“È ora possibile concentrarsi su come queste variazioni alterano l’attività delle cellule immunitarie. Ciò potrebbe aiutare la ricerca a definire nuovi trattamenti che prevengano, o fermino, il diabete di tipo 1 ma anche altre malattie autoimmuni”, ha dichiarato, infatti, Todd Brusko, docente dell’Università della Florida.
In Italia le persone affette da diabete di tipo 1 sono circa 300.000 e l’incidenza di questa patologia è in aumento in tutto il mondo.
di Marcella Barone