Diabete, diverso in ogni Regione
Perché ai diabetici torinesi è stata offerta la tessera gratis per la palestra e perfino un personal trainer, mentre i pazienti di Bari se vogliono fare attività fisica devono pagare di tasca propria?
Perché solo nelle scuole toscane gli insegnanti possono iniettare l’insulina ai bambini diabetici?
Perché in Veneto i microinfusori vengono erogati da un unico Centro per tutti i malati della Regione? Le risposte a queste domande vanno cercate nella giungla delle norme regionali in tema di diabete, denunciata dal primo Rapporto nazionale sulla legislazione per il diabete, che è stato presentato in questi giorni a Padova durante il congresso nazionale della Società italiana di diabetologia.
Tutto è iniziato nel 1987, quando la legge nazionale 115 sul diabete ha dato mandato alle Regioni di predisporre norme riguardanti la malattia, per prevenirla e gestirla al meglio.
Allora eravamo all’avanguardia nel mondo, oggi abbiamo un calderone di 132 normative (poche leggi regionali, molte delibere), tutte diverse, spesso insufficienti o anacronistiche. «
DISPARITÀ ASSISTENZIALE – Una disparità legislativa si traduce in una disparità assistenziale — osserva Gabriele Riccardi, presidente SID —.
Chi vive in Lazio, ad esempio, dove non esiste una normativa sull’assistenza per il piede diabetico, rischia di non accedere al miglior trattamento possibile, o di dover pagare per prestazioni che altrove vengono rimborsate».
Così ci sono le Regioni “prime della classe”, che hanno previsto norme sui 13 punti-chiave per la gestione della malattia, o hanno poche regole, ma chiare e sempre aggiornate.
Un esempio è la Toscana, la Regione con la normativa più completa, l’unica ad aver previsto per legge la possibilità della somministrazione dell’insulina da parte degli insegnanti nelle scuole materne ed elementari, la sola ad aver dato disposizioni su come gestire un diabetico durante un eventuale ricovero (dagli orari dei pasti, al momento migliore per gli interventi chirurgici).
E ci sono Regioni come la Campania, che ha collezionato 14 atti normativi costellati da buone intenzioni, che però spesso non hanno una copertura finanziaria reale.
C’è la Basilicata, con una buona legge regionale arrivata però appena due mesi fa, con oltre 20 anni di ritardo dalla legge 115 e c’è la Puglia, che ha dedicato al tema diabete solo poche righe nel Piano sanitario regionale.
Va detto che 16 Regioni hanno organizzato servizi specifici per i diabetici sia sul territorio sia pressoché in tutti gli ospedali. Ma il coordinamento tra queste strutture e i medici di base, che riduce la necessità di controlli specialistici, rimane sulla carta quasi dappertutto. Insomma, bisognerebbe dare ai pazienti le stesse opportunità, ovunque.
«È lo scopo del Rapporto appena completato, che aggiorneremo ogni due anni — spiega il coordinatore, Alberto Bruno dell’ospedale San Giovanni Battista di Torino —.
Entro un anno produrremo un documento-guida nazionale, con tutte le norme migliori per ciascun argomento: ogni Regione vi potrà attingere per creare normative proprie, ma finalmente omogenee, aggiornate e più utili per i pazienti».
di Elena Meli