Diabete e celiachia i nemici

Non fanno sconti ai bambini. Da quando sono in tenera età e fino all’adolescenza, le malattie autoimmuni possono colpire anche loro.

Tra le più frequenti, il diabete di tipo 1, esempio classico di una patologia immunitaria organo specifica, che coinvolge un solo organo. “Improvvisamente e per ragioni solo in parte chiare”, spiega Francesco Beguinot, ordinario di Patologia generale alla Federico II di Napoli, l’organismo aggredisce una parte specifica del pancreas, le isole di Langherans con le cellule beta che producono l’insulina”.
Si arriva quindi alla distruzione completa di queste isole e quindi alla incapacità dell’organismo di fornire insulina.
“Purtroppo, quando ci si accorge del fenomeno distruttivo”, dice Beguinot, “il danno è già avvenuto e molto spesso il bambino arriva all’osservazione già con manifestazioni da deficit acuto di insulina. Una situazione talvolta molto grave che, ad esempio, si configura nella chetoacidosi, uno scompenso metabolico che, se non trattato in tempi rapidi, può essere mortale”.
Ma la chetoacidosi e le conseguenze della carenza di insulina rappresentano l’epifenomeno di una serie di alterazioni che si instaurano nel tempo.

È possibile prevenirle? “Ci sono metodiche disponibili”, risponde il docente, “come il dosaggio di tre anticorpi (GAD, IAA, IA2) che riesce a definire con accuratezza il rischio che un soggetto geneticamente predisposto possa sviluppare la malattia. E, una volta individuato, si può passare alle misure di prevenzione. Tra le più semplici, il prelievo di sangue periodico che rivela se c’è l’iperglicemia e consente di intervenire prima della chetoacidosi”.
La malattia si sviluppa con tempi così dilatati che, disponendo di strumenti in grado di controllare l’aggressività del sistema immunitario, si avrebbe la possibilità di intervenire in tempo utile. E, in questo senso, la ricerca è attiva: nuove molecole in grado di bloccare l’autoimmunità sono più che una speranza.

Altrettanto diffusa nell’infanzia è la celiachia, patologia che rappresenta il vero modello dell’autoimmunità e che si manifesta attraverso un’intolleranza permanente (genetica) alle proteine del grano, dell’orzo e della segale. “Si nasce con la predisposizione alla celiachia”, dice Luigi Greco, docente di pediatria al Nuovo Policlinico di Napoli, “ma si può manifestare clinicamente ad ogni età dopo aver mangiato la farina: dagli otto mesi ai 100 anni. Nel bambino, la maggior parte dei sintomi, sfumati, si presenta dopo i 18 mesi. Campanelli d’allarme sono l’arresto della crescita, la perdita dell’appetito, l’addome gonfio, l’anemia e la diarrea. In più della metà dei casi si giunge alla diagnosi dopo essersi sottoposti a esami e controlli generali”.

Il danno deriva dall’azione di alcune parti del glutine che, attaccandosi alla mucosa intestinale, non seguono la via della digestione e della tolleranza, ma attivano i linfociti killer. Questi, a loro volta, procurano lesioni alla mucosa intestinale e stimolano la produzione di un anticorpo contro una propria proteina, la transglutaminasi tissutale.

La prima diagnosi si basa sul dosaggio degli auto-anticorpi contro questa proteina.
“Ma quella definitiva si raggiunge con l’analisi di un minuscolo prelievo della mucosa intestinale mediante una gastroscopia ordinaria”, chiarisce Greco, “ma il miracolo è che possiamo rimuovere dalla dieta la proteina offensiva e restaurare pienamente la normale funzione dell’individuo, a patto che non mangi più il veleno”.
Tutto bene purché si rispetti la dieta, altrimenti il paziente può andare incontro a una serie di complicanze, a breve (diarrea, arresto di crescita, disturbi intestinali, anemia) e a lungo termine (diabete, epilessia, malattie croniche).

“Oggi abbiamo una migliore conoscenza dei geni che predispongono alla celiachia”, conclude lo specialista, “e sin dalla nascita, sul sangue del cordone ombelicale, è possibile idividuarli. Se c’è il gene portatore del rischio è possibile attivare un programma di sorveglianza che eviterà sofferenze ai bambini candidati a sviluppare la celiachia”.

 

di Giuseppe Del Bello

Da Repubblica.it Supplemento salute

21 marzo 2007