Diabete: è una proteina l’«anello mancante» con l’infiammazione del fegato
Sul banco degli imputati per il ruolo svolto in malattie come l’artrite reumatoide e l’artrite psoriasica, la proteina Rankl potrebbe essere anche l’interruttore molecolare che sta dietro le disfunzioni del fegato destinate a causare il diabete di tipo 2. Tutto è partito dalla scoperta fatta da un gruppo di ricerca internazionale di Roma, Brunico, Innsbruck e Verona. Le persone che hanno una maggiore quantità di questa proteina nel sangue presentano un maggiore rischio di sviluppare il diabete. I ricercatori tedeschi hanno quindi modificato geneticamente alcuni topi. aumentando o riducendo la concentrazione di Rankl, fino a confermare che la proteina è effettivamente coinvolta nel metabolismo del glucosio.
La relazione con il diabete
La scoperta è il frutto di un’ampia ricerca pubblicata sul Nature Medicine da un gruppo di ricerca internazionale che ha coinvolto l’Ospedale di Brunico (Bolzano), l’Università di Verona, l’Università Cattolica – Policlinico Gemelli di Roma, i ricercatori dell’Università di Cambridge e della Harvard University di Boston. I ricercatori dell’Università Cattolica di Roma, in particolare, hanno condotto un’altra parte dello studio riducendo i livelli di proteina in topi alimentati con dieta grassa, simile alla dieta scorretta che porta molte persone a sviluppare il diabete, dimostrando che in questo modo era possibile prevenire le alterazioni metaboliche tipiche dell malattia metabolica: il fegato mostrava una migliore capacità di rispondere all’insulina, riducendo l’eccessiva produzione epatica di glucosio.
Le prospettive
“Esistono già dei farmaci che agiscono su Rankl – spiega Andrea Giaccari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e consigliere della società Italiana di Diabetologia (SID) – ma sono destinati unicamente alla cura di malattie reumatiche. È molto probabile che questi farmaci abbiano anche un effetto positivo sulla comparsa del diabete, ma i loro effetti collaterali ne sconsigliano l’uso per questo fine. Il vantaggio di questa ricerca è che ci si è molto avvicinati alla comprensione del legame infiammazione-diabete. È molto probabile che questa scoperta possa portare allo sviluppo di nuovi farmaci destinati direttamente alla prevenzione del diabete e a tutte le condizioni che portano con sé l’insulina alta”.