Diabete: il paziente non è ancora al centro del ‘sistema cura’
Ci sono campi della medicina nei quali è di fondamentale importanza l’empowerment, un termine inglese che racchiude al tempo stesso i concetti di ‘educare’, ‘dare le opportune istruzioni per l’uso’ e in definitiva mettere in grado il paziente di prendere in mano la propria vita, compresi gli eventuali problemi di salute. Le patologie croniche, e tra queste il diabete, sono quelle che più hanno bisogno di empowerment, per una corretta gestione quotidiana della patologia e per ottenere i migliori risultati relativi alla sua gestione.
Un obiettivo purtroppo tutt’altro che a portata di mano, come dimostrano i dati di Dawn 2 (Diabetes Attitudes Wishes and Needs), la più grande indagine mai realizzata per rivelare i desideri e gli unmet needs delle persone con diabete. Per avere il polso della situazione, sul campo, sono stati intervistati 15.000 soggetti, tra persone con diabete, loro familiari e operatori sanitari (medici, infermieri, dietisti), residenti in 17 Paesi, tra i quali l’Italia, di 4 diversi continenti.
“Dawn 2 – spiega il dottor Marco Comaschi, diabetologo e coordinatore dello studio per l’Italia – è l’indagine più ampia mai svolta allo scopo di fotografare e interpretare il mondo del diabete dal punto di vista della persona, del familiare e di tutti gli operatori sanitari, per evidenziare in particolare l’impatto della malattia sulla vita di tutti i giorni e il rapporto della persona con diabete con le strutture sanitarie e sociali, pubbliche e private. L’obiettivo dichiarato del Dawn2 è quello di spingere le Istituzioni dei vari Paesi a costruire modelli di sanità centrati sulla persona.”
Una persona con diabete su due, tra quelle intervistate, ha dichiarato di non aver mai partecipato a programmi educativi, sebbene sia ben noto agli addetti ai lavori che l’educazione terapeutica rappresenti una parte fondamentale del percorso di cura e contribuisca a migliorare la qualità di vita, oltre che l’autocontrollo della malattia. Gli stessi familiari delle persone con diabete, preziosi nel migliorare la gestione della malattia, in 3 casi su 4 hanno riconosciuto l’importanza delle iniziative educative per poter comprendere meglio il diabete e dunque dare un supporto più qualificato al proprio congiunto; eppure solo uno su 4 ha mai partecipato ad un corso apposito.
“I dati italiani – afferma il dottor Antonio Nicolucci, Responsabile del Dipartimento di farmacologia clinica ed epidemiologia della Fondazione Mario Negri Sud, che ha elaborato e analizzato i dati del Dawn 2 – sono in linea con quelli degli altri Paesi coinvolti nella ricerca: anche da noi, solo la metà delle persone con diabete e il 20% dei familiari dichiarano di essere stati coinvolti in attività educative riguardanti la malattia. Partendo dal presupposto che una migliore gestione del diabete deve partire dalla persona stessa, è evidente come sia necessario fare qualcosa per modificare questa situazione”.
Le persone con diabete hanno bisogno di formazione per poter acquisire l’empowerment che consenta loro una migliore gestione della malattia. ed è fondamentale coinvolgere in iniziative di formazione anche familiari, care giver e operatori sanitari. “Il peso del diabete – ricorda Massimo Massi Benedetti, Presidente del Comitato scientifico DAWN Italia e già Presidente IDF Europa – è destinato a crescere: si stima che entro il 2035, una persona su dieci nel mondo avrà il diabete. Porre la persona con diabete al centro del sistema di cura e assistenza è dunque una priorità a livello globale. Come professionisti della salute dobbiamo impegnarci, insieme ai decisori politici di tutto il mondo, per incentrare sempre più sulla persona la cura del diabete e migliorare così la qualità di vita di milioni di pazienti”.
di Maria Rita Montebelli