Diabete in Sicilia. Pazienti abbastanza informati, non completamente soddisfatti dei medici, ancora meno per liste d’attesa e servizi
Sebbene la maggior parte dei pazienti diabetici siciliani in terapia risulti consapevole, attiva e competente nella gestione della propria patologia la percentuale è leggermente più bassa che nel resto d’Italia. Analogamente, altrettanto più bassa appare la soddisfazione dichiarata per la disponibilità e competenza dei medici curanti (84% contro 88% del resto d’Italia) e per la qualità dei Servizi sanitari in termini di accessibilità, tempi di attesa e servizi offerti (70% contro 75% della media nazionale). E questo sebbene la Regione Siciliana abbia una legge (la n. 5/98) tra le più avanzate del Paese per la creazione e il mantenimento di reti per la presa in carico dei pazienti cronici.
Sono questi alcuni tra i dati più evidenti dell’indagine condotta su scala nazionale da Gfk Eurisko e che, estrapolati a livello regionale, posizionano la Sicilia tra le regioni sostanzialmente nella media bassa per autonomia e competenza dei pazienti, ma ancora un po’ peggio dal punto di vista organizzativo. Una carenza a cui la Regione stessa aveva cercato di rimediare in passato con una Legge ad hoc che però, nel tempo, si è un po’ persa per strada.La declinazione siciliana della ricerca Eurisko è stata presentata nei giorni scorsi a Palermo nel corso di un incontro tra esperti organizzato da Sics, Società italiana di comunicazione scientifica e sanitaria, realizzato con il sostegno non condizionante di Sanofi e promosso da Quotidiano Sanità nell’ambito del più vasto programma di approfondimento del progetto DIRE (Diabete, Informazione, Responsabilità, Educazione) che toccherà dieci regioni fino al prossimo mese di ottobre.
All’incontro hanno partecipato rappresentanti delle associazioni dei pazienti, dei cittadini, delle Società scientifiche di riferimento e della medicina generale.
Il coinvolgimento attivo del paziente nella gestione della malattia ha effetti significativi sulla soddisfazione del paziente e sulla sua qualità di vita. Questo significa una migliore percezione dello stato di salute, un umore migliore, migliori relazioni sociali e familiari e migliori risultati in termini di buon controllo glicemico, minori ipoglicemie gravi, più aderenza al trattamento e maggiore capacità di migliorare il proprio stile di vita.
I risultati dello studio condotto da GfK Eurisko su un campione nazionale di 500 pazienti con diabete di tipo 2 in trattamento con insulina confermano – anche a livello della Regione Siciliana – l’importanza di una buona relazione medico-paziente nel favorire il coinvolgimento attivo del paziente e nel migliorare i risultati della cura. Paziente che tuttavia, nella Regione Siciliana, si caratterizza per una lievissima maggiore incidenza, rispetto all’Italia, di persone in sovrappeso (47% in Sicilia vs 46% in Italia) od obese (28% contro 27%).
“Il medico – ha dichiarato Isabella Cecchini, Direttrice del Dipartimento di Ricerche sulla Salute di GfK Eurisko – ha un ruolo fondamentale nell’educare il paziente e renderlo consapevole dell’importanza della cura e di un corretto stile di vita. Tale consapevolezza migliora la soddisfazione del paziente attraverso un migliore controllo della malattia”.
L’indagine ha confermato che anche nella Regione Siciliana il diabetologo è il medico di riferimento per il paziente, mentre il medico di medicina generale ha un ruolo più collaterale, anche se in quasi la metà dei pazienti ha una funzione di supporto e guida nella gestione quotidiana della malattia e dello stile di vita. In Sicilia, inoltre, è meno accentuata la quota di pazienti seguiti in modo integrato da specialista e medico di famiglia ed è più alta la quota di pazienti che si rivolgono al privato.
Il “limbo” in cui sembra essere sospesa la legge 5/98 che mirava alla creazione di reti integrate di assistenza, denunciato sia dai pazienti sia dai medici, sembra non voler cedere il passo ad una piena attuazione mentre è ormai acclarato, anche dall’indagine Eurisko, come la sinergia tra medico di famiglia e team specialistico abbia un effetto positivo sull’efficacia della cura e sulla soddisfazione complessiva del paziente per il medico e per i servizi di cura.
In Sicilia, ha osservato Antonino Di Benedetto, Responsabile dell’Ambulatorio di Diabetologia del Policlinico di Messina e Presidente regionale della SID “la gestione integrata funziona di più alcuni centri, molto meno in altri. Inoltre, con il Decreto appropriatezza del ministro Lorenzin, preso alla lettera dalla medicina di famiglia, i diabetologi si sono trovati sostanzialmente costretti ad un aumento del lavoro burocratico, allungando enormemente i tempi della visita. Lo specialista, in pratica, in molte zone della regione deve fare tutto quello che prima faceva il medico di famiglia: elaborare il piano terapeutico, compilare la ricetta sul ricettario regionale e quella dematerializzata per gli esami di laboratorio e i nuovi moduli regionali per la prescrizione delle insuline basali, caricandosi di un surplus di lavoro a fronte, peraltro, di un numero sempre più in calo di specialisti”.
Secondo Vittorio Di Carlo, membro del direttivo provinciale della Fimmg e della Simg (medici di famiglia) la medicina generale sconta certamente la mancata applicazione di un corretto PDTA, percorso diagnostico terapeutico assistenziale, dove ciascun operatore della sanità svolga il proprio lavoro in maniera integrata come previsto dalla legge regionale ma anche un certo retaggio del passato quando il paziente ritornava dal medico di famiglia con un foglio prestampato dallo specialista e gli chiedeva tout court di prescrivere su ricetta rossa quanto indicato. Oggi, la disponibilità del ricettario SSN da parte di tutte le strutture accreditate e l’avvento della ricetta dematerializzata stabiliscono, su delibera assessoriale, che il medico specialista faccia seguire alla propria visita, se necessario, la prescrizione di accertamenti e/o nuovi farmaci. Tutto questo conforta e valida la prestazione specialistica evitando al paziente, in molti casi, di fare andirivieni dal proprio domicilio, ancor più se in provincia, per prenotare ulteriori esami etc.
Il dibattito sull’uso del ricettario, seppur ampiamento chiarito dalla dirigenza regionale e aziendale, registra ancora momenti di attrito a discapito di una fattiva collaborazione che il medico di medicina generale non si stanca di ricercare con l’obiettivo principale di salvaguardare il benessere salutare e la qualità di vita dei proprio assistito. In un certo senso” ha quindi osservato Di Carlo “siamo da sempre gli attori non protagonisti della vita del paziente, condividendo gioie e dolori in un tempo ragionevolmente lungo. Registriamo in maniera attenta e continua la storia clinica correlata di esami e terapie e ricercando con la medicina di iniziativa ogni momento utile per proporre interventi decisivi per la salute della persona assistita. In definitiva va sottolineato che soffriamo moltissimo questa mancata integrazione così come rifiutiamo l’essere considerati meri trascrittori seppur convinti che un miglioramento della comunicazione risolverà ogni verosimile conflitto”.
Insomma, non soltanto un problema di rapporti tra professionisti, per la cui risoluzione come ha comunque ricordato Giuseppe Greco, Segretario Regionale di Cittadinanzattiva, sono attivi alcuni tavoli di lavoro, ma di vero e proprio flusso prescrittivo che rischia, sostanzialmente, di rallentare a detrimento della veloce ed efficace presa in carico dei pazienti.
Ma se da un lato la specialistica osserva come la medicina generale abbia preso troppo alla lettera il decreto appropriatezza (e non il successivo dietrofront del ministro dell’aprile scorso) sul “banco degli imputati” a giudizio dei clinici deve essere messa la Regione ritenuta colpevole di essere troppo passiva nel definire compitamente le dinamiche di governance dando piena attuazione alla stessa Legge regionale 5/1998.
Peraltro entrambi, medici di famiglia e specialisti, sentono invece molto la pressione per un indiscriminato contenimento dei costi “con il rischio reale di esitare nel prescrivere il farmaco migliore e più adatto allo specifico paziente”.
Un problema quest’ultimo non di poco conto anche alla luce degli stimoli offerti dagli interventi in video di Paola Frati e Stefano Ferracuti, rispettivamente Ordinario di Medicina legale e psichiatra forense alla Sapienza, sulla responsabilità professionale in caso di prescrizioni dettate più dall’economia che da “scienza e coscienza”. Se per la Frati è fondamentale una comunicazione e un’informazione puntuale, chiara e trasparente al paziente per una scelta consapevole e concordata dei trattamenti di cura, in buona sostanza il consenso informato, per Ferracuti diventa “verosimilmente prudente assumerlo addirittura in forma scritta”, perché se è vero che il codice deontologico non impone in maniera assoluta l’acquisizione scritta del consenso del paziente qualora un medico si trovasse nella condizione di prescrivere una farmaco più economico al posto di un altro (perché non sono trattamenti pericolosi o off label) “è anche vero che molti di questi farmaci sono drammaticamente recenti e manchiamo a tutt’oggi di sufficiente pratica clinica per comprendere bene le differenti alterative”. In ogni caso in questa partita, per Paola Frati è essenziale che il medico rimanga protagonista della scelta prescrittiva. “Prescindere totalmente dalla possibilità di scelta del medico – ha aggiunto – è in palese contrasto con gli articoli del codice deontologico e con lo stesso spirito della professione sanitaria”.
Insomma, una sorta di “paradosso siciliano” in cui la medicina difensiva rischia di manifestarsi non già per attacchi esterni di tipo giudiziario o risarcitorio ma, come ha sottolineato Greco “interni allo stesso Servizio Sanitario Regionale e identificabili con gli stringenti obiettivi di spesa posti ai Direttori Generali dalla Regione”.
A giudizio di Vincenzo Provenzano, Direttore CRR Diabetologia ed impianto microinfusori Sicilia e Presidente nazionale eletto SIMDO, intervenendo sulla normativa regionale ancora abbastanza disattesa, “la L. 5/98 è una delle normative più belle ed etiche per la cura delle persone con diabete. Aveva ed ha il merito di mettere assieme tutti, medici di famiglia, specialisti e pazienti nella gestione integrata della patologia ma, se possibile, ha fatto di più: aveva messo insieme la sanità con il sociale. Ragione per cui in Sicilia, per legge, la dimissione delle persone con diabete non avviene più in maniera tradizionale ma assume la connotazione di ma facilitata/guidata o addirittura protetta nel caso delle persone più fragili. Questa legge ha avuto un grande slancio nel 2009 e nel 2010 ma negli ultimi anni, forse per i continui cambi al timone dell’assessorato, il processo sembra essersi un po’ sopito. La mia speranza” ha quindi aggiunto “è che la politica torni ad essere protagonista riprendendo in mano quanto previsto dalla legge e dando nuovo impulso alle azioni che la stessa prevede. Peraltro non riguarda soltanto il diabete, patologia con numeri già molto elevati, ma anche per esempio la Bpco o lo scompenso cardiaco, tutte di alto impatto sociale. Insomma” ha concluso Provenzano “abbiamo ridotto gli ospedali e le ospedalizzazioni ma se poi non rafforziamo il territorio le vittime legate alle patologie croniche non diminuiranno affatto, anzi. Non dimentichiamo” ha quindi chiosato Provenzano “che in Sicilia la mortalità per diabete è doppia rispetto alla media nazionale, abbiamo la più alta presenza di diabete di tipo 1, in quanto seconda regione con più bambini e, purtroppo, registriamo la più alta percentuale di amputazione di piede a causa di questa patologia”.
Anche Di Carlo ha sottolineato l’importanza di questa legge ed ha sollecitato, dal canto suo, le istituzioni regionali e le aziende sanitarie affinché tornino ad essere protagoniste di una estesa attuazione della stessa. Peraltro, ha sottolineato ancora Di Carlo, “la cosiddetta spending review sta notevolmente influenzando l’attività dei clinici. Il taglio della spesa sui farmaci e sulle prestazioni incide in maniera tangibile sul lavoro di ogni giorno ma non sempre è possibile fare di necessità virtù. Perché prima di tutto viene la salute della persona e il miglioramento della sua qualità di vita. Sicuramente c’è da discutere parecchio con i nostri decisori perché non è possibile tagliare a piè pari un farmaco così come non è possibile, per esempio, sostituirlo automaticamente con un altro solo perché costa meno”. Un riferimento, questo, direttamente collegato all’introduzione dei esempio dei nuovi farmaci biosimilari che se da una parte non vedono alcun ostacolo, nell’accettazione da parte dei clinici per i pazienti naïve, sollevano qualche perplessità se imposti dall’alto anche a pazienti già efficacemente compensati con farmaci originator.
Non meno esortativa la voce dei pazienti rappresentati all’incontro palermitano da Michele Girone, Presidente della Federazione Diabete Sicilia, e da Francesco Sammarco, Presidente dell’Associazione Castelli (Fand). Se da un lato anche Girone ha esortato la Regione a dare attuazione alla L. 5/98 soprattutto “per evitare di avere medici di famiglia disconnessi dalla specialistica e quindi non in grado di essere anche loro protagonisti dell’evoluzione della patologia”, Sammarco ha invitato le Aziende farmaceutiche produttrici di farmaci per diabetici ad avvicinare e formare anche i medici di medicina generale sulle terapie disponibili per aumentarne la competenza a vantaggio di una migliore gestione del paziente e della sua malattia”.
Sulla base delle risposte dei pazienti diabetici in terapia con insulina, i ricercatori Gfk Eurisko hanno stimato circa 1500 i ricoveri all’anno legati al diabete. Una percentuale inferiore alla media nazionale anche se la durata del ricovero è superiore (mediamente 10 giorni contro gli 8,5 della media nazionale). La stima dei costi per questi ricoveri fissa l’asticella alla cifra di circa 11,3milioni di Euro mentre sono mediamente oltre 900 gli euro all’anno spesi privatamente da ogni paziente per trasporti, visite specialistiche, prodotti specifici o attività a supporto della gestione della malattia.
Quello di Palermo, ha quindi concluso Giuseppe Greco “è stato un incontro importante e utile. Non v’è dubbio” ha sottolineato “che a volte si pensi solo alla soluzione finale del problema ma per arrivarci c’è un percorso da fare, un compito anche arduo ma che condividiamo. Noi siamo innamorati del servizio sanitario ma le leggi camminano con le gambe e con la volontà di tutti. Andiamo verso nuovi scenari nelle cure ma occorre tornare quanto prima a cimentarsi in un progetto che premi soprattutto il lavoro comune”.