Diabete: l’importanza di un farmaco che aumenta le incretine per regolare il glucosio

Agiscono migliorando il processo fisiologico dell’organismo che contribuisce ad abbassare i livelli di zucchero nel sangue quando sono elevati e aumentano la capacità di quest’ultimo di controllare la glicemia: sono gli inibitori della dipeptidasi-4 (DPP-4) che aumentando i livelli degli ormoni denominati incretine, regolano il glucosio e ne favoriscono la riduzione nei pazienti affetti da diabete di tipo 2.

Questo meccanismo d’azione apre una nuova frontiera nella terapia del diabete grazie ad una nuova molecola, il sitagliptin, già presente in 11 Paesi nel mondo dal 2006 e che sarà disponibile in Italia entro la fine dell’anno. Tale molecola non solo stimola la secrezione di insulina agendo proporzionalmente sulla glicemia, ma ha anche la capacità di ritardare lo svuotamento gastrico rendendo più soft la curva glicemica dopo il pasto.

Quando la glicemia è elevata, le incretine, infatti, agiscono in due modi per aiutare l’organismo a regolare livelli della glicemia elevati: stimolano il rilascio di insulina dalle cellule B del pancreas, facilitando la captazione e l’immagazzinamento di glucosio a livello del muscolo e di altri tessuti e inibiscono il rilascio di glucagone dalle cellule alfa del pancreas regolando il rilascio da parte del fegato del glucosio immagazzinato.

Grazie a questo farmaco il paziente con diabete conclamato viene trattato con una terapia farmacologica codificata data la ultra comprovata sicurezza del prodotto registrata in diversi studi che hanno coinvolto più di 1000 pazienti.

Il diabete tipo 2, non insulino dipendente, è generalmente caratterizzato da:

  • un difetto progressivo di produzione di insulina da parte delle cellule beta del pancreas, cui si accompagna una minore sensibilità dei tessuti-bersaglio (come il muscolo e il fegato) legato all’azione dell’insulina;
  • un peggioramento del funzionamento delle incretine, ormoni che dopo l’assunzione del cibo favoriscono il rilascio di insulina bloccando il rilascio di glucosio del fegato; da un aumento di rilascio di glucosio da parte del fegato;
  • insulino resistenza quando il corpo perde la sua capacità di utilizzare adeguatamente l’insulina.

Dal momento in cui avviene la diagnosi in circa il 50% dei pazienti sono già presenti alcune complicanze dovute alla progressione della malattia e nonostante l’uso di molteplici farmaci molti pazienti hanno difficoltà a mantenere sotto controllo i livelli di glucosio nel sangue.

Queste persone sono in maggioranza di media età, piuttosto in sovrappeso ed ignare di avere la malattia per cui è difficile convincerle ad adottare una terapia idonea a ridurre le probabilità di andare incontro a complicanze, quali danni al sistema cardiovascolare e, in definitiva, all’infarto.

Per tale motivo il trattamento deve essere il più semplice possibile da assumere ed allo stesso tempo di provata efficacia nel lungo periodo. Gli inibitori dell’enzima DPP-4 offrono un potenziale di controllo con un profilo di tollerabilità migliore, rispetto a molte delle terapie orali per il diabete attualmente disponibili: gli studi clinici, hanno, infatti, mostrato che hanno un effetto neutro sul peso (non sono stati associati ad aumento ponderale rispetto al peso misurato al basale) e generalmente non sono stati associati a disturbi Gl o ad edema e l’incidenza di ipoglicemia è stata riportata molto raramente.

Va ricordato che in Italia le persone affette da diabete sono circa 2,6 milioni e di queste il 53,1% è maschio ed il 46,9% donna. Il 92% dei casi riguarda il diabete di tipo 2. Anche nel nostro Paese si prevede tra venti anni una preoccupante aumento della prevalenza della malattia, ma il dato più drammatico è che si sta abbassando l’età media in cui si viene colpiti: il 58% dei diabetici di tipo 2 ha oltre 65 anni, il 37% è tra i 45 ed i 65 anni e il 5% ha meno di 35 anni. Inoltre, oggi la percentuale di adolescenti e giovani diabetici di tipo 2 nella fascia 15-25 anni tocca già lo 0,2%. 

 

 

da Salute Europa

20 marzo 2007