Diabete, migliorare la diagnosi precoce
Diabete: come si fronteggia una pandemia? A questa domanda vuole dare una risposta concreta l’Associazione Medici Diabetologi che, in collaborazione con i Centri diabetologici italiani e il Consorzio Mario Negri Sud, ha fotografato la qualità dell’assistenza in Italia, mettendo in evidenza le principali criticità. “Nel nostro Paese esistono 660 centri”, spiega Giacomo Vespasiani, direttore Centro Studi e Ricerche AMD, “sparsi su tutto il territorio (pochi e grandi al nord e al centro, tanti e medio-piccoli al sud). Di questi, 86 utilizzano cartelle cliniche informatizzate, patrimonio da cui trarre informazioni pratiche”. Globalmente lo studio ha preso in considerazione oltre 121 mila pazienti, 7 mila con il tipo I (forma giovanile) e 114 mila col tipo II, una volta definito senile, ma che riguarda sempre più spesso anche giovani e adolescenti. “Visti i numeri”, dice Vespasiani, “possiamo affermare che l’Italia ha risultati migliori della media europea. In Italia il 90% dei pazienti con diabete tipo I e l’88% di quelli con tipo II eseguono almeno una volta l’anno i test di base (glicemia, emoglobina glicosilata HbA1c) che controllano l’andamento della malattia, fungendo da campanello d’allarme per le principali complicanze. “Analizzando, però, i risultati raccolti dai vari centri”, continua Vespasiani, “è evidente come sia difficile, con i mezzi terapeutici a disposizione, poter raggiungere i valori che mettano a riparo dal rischio vascolare: ce la fanno solo il 7% dei tipo I e il 14 % dei tipo II. Più critica è la situazione relativa al monitoraggio delle complicanze agli arti inferiori: solo un quinto dei pazienti, a prescindere dal tipo di diabete, viene sottoposto annualmente a una visita mirata e sono pochi i centri italiani dove è possibile intervenire chirurgicamente sul piede diabetico.
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da: “Salute” supplemento de La Repubblica” del 20.04.06 http://www.repubblica.it/supplementi/salute/2006/04/20/medicinaprevenzione/
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