Diabete, sempre più vicina la possibilità di rigenerare le beta cellule pancreatiche
I farmaci GLP-1 agonisti, utilizzati ampiamente e con successo per trattare il diabete di tipo 2, potrebbero presto essere impiegati anche come potenti farmaci rigenerativi delle cellule beta, se combinati con un inibitore DYRK1A. E’ quanto emerge dai risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine. Questo trattamento potrebbe curare sia il diabete di tipo 1 che di tipo 2.
La carenza di cellule beta che producono insulina impedisce il corretto controllo dei livelli ematici di glucosio. Il diabete 1 provoca una riduzione del 90% per cento delle cellule beta e il diabete di tipo 2 di circa il 50%. La possibilità di rigenerarle potrebbe rappresentare una strategia terapeutica chiave per la malattia.
Gli autori hanno dimostrato che il trattamento potrebbe essere promettente oltre i modelli in vitro. La precedente ricerca del team, pubblicata nel 2018 sulla rivista Cell Metabolism, aveva dimostrato che due molecole distinte avevano agito in sinergia per indurre la proliferazione delle cellule beta nei donatori di isole umane, nelle cellule beta derivate dalle cellule staminali umane e nelle cellule staminali di persone con diabete di tipo 2. Nel nuovo studio hanno combinato un inibitore dell’enzima DYRK1A (dual specificity tyrosine-phosphorylation-regulated kinase 1A) con un agonista del recettore GLP-1.
Gli agonisti del recettore GLP-1 agiscono stimolando la secrezione di insulina dalle cellule beta superstiti ancora funzionanti. Gli inibitori DYRK1A inducono la proliferazione delle cellule beta umane, ma solo in piccole quantità.
Una spinta alla rigenerazione delle cellule beta
«Solo 5 anni fa non c’era nulla che potesse far replicare le cellule beta umane. Poi è stato scoperto che l’armina (un alcaloide fluorescente appartenente alla famiglia delle β-carboline) e altri inibitori DYRK1A erano in grado di far replicare le cellule beta a tassi di circa il 2%» ha spiegato il ricercatore principale Andrew Stewart, direttore del Diabetes, Obesity and Metabolism Institute della Icahn School of Medicine al Mount Sinai di New York. «Un risultato interessante, ma in una persona con un serbatoio di cellule beta vuoto per l’80-90% servirebbe molto tempo per riempirlo. Abbiamo quindi cercato quali composti avevano un effetto più specifico sulla cellula beta senza agire su altri tessuti ed erano in grado di aumentare maggiormente il loro tasso di replicazione».
I ricercatori hanno quindi esaminato tutti i farmaci usati nella terapia del diabete e in grado di agire sulle cellule beta per valutarne il potenziale effetto sinergico con l’armina, scoprendo che la combinazione con i GLP-1 agonisti comportava livelli molto alti di replicazione, tra il 5 e l’8% e in alcuni casi fino al 20%.
Cosa significa per chi soffre di diabete?
Il nuovo studio ha mostrato che è possibile sfruttare questi farmaci per rigenerare le cellule pancreatiche utilizzando le isole di persone senza diabete, di donatori di organi, ma anche isole di soggetti affetti da diabete di tipo 2. Questi composti aumentano la capacità di secernere insulina e migliorano il tasso di proliferazione delle cellule beta allo stesso ritmo delle persone senza diabete.
Il prossimo obiettivo dei ricercatori è comprendere quale sia il tempo necessario perché aumenti la massa delle cellule beta, se il tasso di proliferazione continua a livelli elevati per l’intero periodo di trattamento o se diminuisce e, soprattutto, se proliferazione si arresta nel momento in cui vengono sospesi i farmaci.
«Abbiamo appena ricevuto una sovvenzione dalla JDRF (Type 1 Diabetes Research Funding and Advocacy) per aiutarci a completare gli studi che risponderanno a queste domande» ha detto Stewart. «Non sappiamo se l’armina combinata con un GLP-1 agonista possa comportare degli effetti collaterali. Per molto tempo ci siamo preoccupati del fatto che questi ipoglicemizzanti potessero avere un ruolo nello sviluppo del carcinoma pancreatico, tuttavia sono stati assunti da milioni di persone e non ci sono stati problemi. Ecco perché questi studi preclinici sono importanti».
«Il problema nel campo della rigenerazione delle cellule beta ora è che vorremmo avere un farmaco che agisca soltanto su di esse e su nessun altro tipo di cellula» ha aggiunto. «Il recettore del GLP-1 si trova sulle cellule beta pancreatiche ma anche in altri tipi di cellule, come nell’ipotalamo. Uno dei benefici derivanti dall’assunzione di queste molecole è che sono anche soppressori dell’appetito, probabilmente attraverso la loro azione sui i recettori del GLP-1 nel cervello e nel tratto gastrointestinale. Sono buoni farmaci per il targeting delle cellule beta, ma non sono perfetti. Non vogliamo far proliferare l’ipotalamo o le cellule intestinali delle persone. Parte di questo studio prevede di valutare se questo avviene nei topi quando vengono trattati per diversi mesi».
Bibliografia
Ackeifi C et al. GLP-1 receptor agonists synergize with DYRK1A inhibitors to potentiate functional human β cell regeneration. Sci Transl Med. 2020 Feb 12;12(530).
da PHARMASTAR