Diabete, speranza di ripristinare la funzione delle cellule beta?
Un nuova ricerca pubblicata sulla rivista Human Molecular Genetics per la prima volta ha utilizzato solo cellule umane e ha rivelato che nel diabete le cellule beta produttrici di insulina possono trasformarsi in tipi cellulari diversi e cambiare funzione. Il processo è però reversibile e apre la strada a potenziali futuri nuovi approcci al trattamento della malattia.
In alcuni tipi di cellule, lo splicing alternativo (il processo attraverso il quale da uno stesso gene possono derivare diverse proteine, dette isoforme, grazie a un diverso arrangiamento delle regioni codificanti dell’Rna) costituisce una parte fondamentale della difesa cellulare contro lo stress. Grazie alla regolazione del risultato della trascrizione, la cellula si “adatta” in modo da soddisfare i nuovi requisiti ambientali.
Il microambiente cellulare indotto dal diabete è fonte di stress per le cellule beta, che possono rispondere con l’apoptosi oppure modificando il loro stato di differenziazione, con conseguente perdita della massa complessiva di cellule beta. «Abbiamo ipotizzato –hanno scritto gli autori- che l’esposizione a stress cellulari correlati al diabete possa interrompere i normali schemi di splicing che si verificano nelle cellule beta, portando potenzialmente a cambiamenti nel destino o nella funzione cellulare».
Un modello interamente umano di cellule beta
La ricerca condotta dall’Università di Exeter è la prima a esaminare le cellule con un modello interamente privo di animali e la prima a utilizzare in laboratorio un sistema cellulare completamente umano. Il team ha scoperto che il sistema degli Rna messaggeri che influenza il comportamento delle cellule, nel diabete è differente; in presenza di alti livelli di glucosio alcune cellule beta pancreatiche smettono di produrre insulina, che regola la glicemia, e cominciano a produrre somatostatina, che può bloccare la secrezione di altri importanti ormoni tra cui la stessa insulina.
Lo studio può fornire nuove informazioni su come una elevata glicemia possa alterare il comportamento delle cellule che producono ormoni e aprire la strada a nuovi trattamenti.
La professoressa Lorna Harries della University of Exeter Medical School, che ha guidato la ricerca, ha definito queste scoperte «davvero eccitanti. Solo recentemente, i ricercatori di Exeter hanno scoperto che le persone con diabete di tipo 1 conservano ancora alcune cellule produttrici di insulina, ma per loro l’ambiente prodotto dal diabete può risultare tossico. Il nostro lavoro potrebbe portare a un modo per proteggere queste cellule e per aiutare le persone a mantenere una certa capacità di produrre autonomamente l’insulina di cui necessitano. Il metodo che abbiamo usato per creare per la prima volta un sistema di cellule tutto umano è significativo, non credo che avremmo osservato questi cambiamenti nelle cellule murine».
La ricerca è stata finanziata da Animal Free Research UK, un ente che promuove lo sviluppo di tecniche e di procedure in grado di sostituire l’utilizzo degli animali da laboratorio nella ricerca biomedica. Il suo Ceo, Carla Owen, ha definito lo studio «una ricerca pioneristica al suo meglio. Abbiamo supportato il team di Exeter per creare un nuovo metodo per analizzare come il diabete colpisce l’uomo. Non avrebbero mai fatto queste scoperte utilizzando gli animali, a sottolineare l’importanza di utilizzare un approccio legato all’essere umano per comprendere le malattie umane. Siamo orgogliosi di sostenere la prossima fase che farà progredire questa scoperta e ci avvicinerà al trattamento del diabete».
Le cellula beta cambiano funzione in modo reversibile
La perdita di cellule beta si verifica sia nel diabete di tipo 1 che di tipo 2. In precedenza gli scienziati avevano ipotizzato che questo dipendesse dal fatto che il microambiente intorno alle cellule ne determini la morte.
Per esaminare cosa accade alle cellule beta umane esposte a un ambiente che replica le condizioni del diabete di tipo 2, il team di ricerca ha prima analizzato il tessuto pancreatico post-mortem ricavato da persone con diabete di tipo 1 o di tipo 2, dove ha rilevato la presenza di una quantità di cellule delta superiore a quanto previsto. La scoperta ha fatto pensare che il diabete stesso induca una parte delle cellule beta a perdere la capacità di produrre insulina e ad acquisire la capacità di produrre invece somatostatina, un ormone tipicamente secreto dalle cellule delta.
Nella fase successiva i ricercatori hanno cercato di capire il motivo alla base di questo cambiamento di tipo cellulare, osservando la regolazione genica. Hanno trattato le cellule beta con stressanti cellulari correlati al diabete, come livelli elevati di glucosio, acidi grassi, citochine o ipossia oppure con l’induttore di stress tunicamicina, e hanno osservato un’alterata espressione dei geni coinvolti nella regolazione dello splicing, così quella di geni importanti per il destino o la funzione cellulare in vitro.
La rimozione dello stimolo stressante o il trattamento con l’inibitore della serina/treonina chinasi SH-6 ha ripristinato l’espressione del fattore di splicing e ha invertito i pattern di espressione genica, suggerendo che l’esposizione a stressanti cellulari diabetomimetici induce cambiamenti nell’espressione ormonale mediati da cambiamenti nella regolazione dello splicing, e che questi cambiamenti sono reversibili.
Come dichiarato da Harries, «la scoperta davvero eccitante è che, almeno in laboratorio, siamo stati in grado di invertire i cambiamenti e a trasformare le cellule delta in beta, ripristinando un normale ambiente cellulare oppure trattando le cellule con sostanze chimiche in grado di ripristinare i geni regolatori e i normali percorsi degli Rna messaggeri. Tutto questo è molto promettente se consideriamo il suo potenziale per lo sviluppo di nuove terapie».
Bibliografia
Jeffery N et al. Cellular stressors may alter islet hormone cell proportions by moderation of alternative splicing patterns. Human Molecular Genetics, ddz094.
da PHARMASTAR