Diabete, una minaccia globale
Il 23 maggio 2009, la rivista medico-scientifca Lancet ha dedicato un numero speciale al diabete, una delle patologie che più contribuisce ad aumentare il peso e l’impatto delle malattie sulla salute della popolazione mondiale.
In una meta-analisi, Leanne Bellamy e colleghi mostrano che le donne con diabete gestazionale hanno un rischio sette volte maggiore di sviluppare il diabete di tipo 2 rispetto alle donne con una gravidanza normoglicemica. La rilevanza del diabete gestazionale è ulteriormente illustrata in un contributo di Albert E. Reece e collaboratori. Entrambi evidenziano l’importanza di monitorare le persone ad alto rischio di diabete e intervenire il più presto possibile per evitare le successive complicanze. Kausik Ray e colleghi affrontano la controversa questione del modo migliore per prevenire i devastanti eventi cardiovascolari spesso riscontrati nei pazienti diabetici. Inoltre, i ricercatori del trial Field (Fenofibrate Intervention and Event Lowering in Diabetes) riferiscono la notizia che il trattamento di pazienti diabetici con fenofibrato riduce l’incidenza delle amputazioni degli arti, una complicazione del diabete debilitante ma poco studiata.
Il diabete è un problema globale: quattro quinti di tutti i pazienti con diabete vivono in Paesi in via di sviluppo. Il Paese con la più alta prevalenza è l’isola di Nauru (Micronesia), dove il 31% dei suoi 14 mila abitanti ha il diabete (gli Stati Uniti hanno una prevalenza del 9%). Sei dei dieci Paesi con i tassi più elevati di diabete si trovano nella parte orientale del Mediterraneo e in Medio Oriente (Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Bahrein, Kuwait, Oman ed Egitto). Si stima che la prevalenza del diabete aumenterà di circa l’80% nei prossimi 15 anni in Africa, Medio Oriente e America centrale e meridionale.
Le ricerche condotte negli Stati Uniti, Canada e Regno Unito hanno portato a una solida conoscenza del diabete che ha facilitato l’adozione di efficaci programmi di screening e di prevenzione e a terapie con farmaci capaci di consentire a molti pazienti di condurre una vita lunga e produttiva. Sfortunatamente, poca di questa expertise è disponibile nei Paesi in via di sviluppo che stanno iniziando solo ora a riconoscere l’importanza delle malattie non trasmissibili.
Un bambino con diabete di tipo 1 nato negli Stati Uniti ha un’aspettativa di vita di circa 68 anni, un bambino nato con la stessa malattia in Mozambico è improbabile che sopravviva oltre i 12 mesi. I Paesi in via di sviluppo devono affrontare numerosi e pressanti problemi di salute e le malattie croniche spesso sono trascurate e considerate non prioritarie per i governi.
L’11 maggio 2009 Martin Silink, presidente della Federazione internazionale del diabete (Idf), ha invitato i governi di tutto il mondo a riconoscere l’impatto devastante che il diabete e altre malattie non trasmissibili, come le patologie cardiovascolari e il cancro, hanno sulle realtà in via di sviluppo. L’80% dei 35 milioni di decessi che ogni anno sono attribuibili a malattie croniche si verificano infatti nei Paesi a medio e basso reddito.
Il 19 maggio, la Federazione internazionale del diabete ha rilasciato una dichiarazione congiunta con l’Unione internazionale contro il cancro (Uicc) e la Federazione mondiale per il cuore (Whf), nella quale invita i governi a:
- garantire la disponibilità di farmaci essenziali per tutte le persone che vivono con una malattia cronica
- integrare la prevenzione di queste malattie nei sistemi sanitari nazionali, con un adeguato aumento dei finanziamenti
- istituire una sorta di “delegato speciale” del Segretario generale delle Nazioni Unite per le malattie non trasmissibili.
L’Oms e i governi a basso e medio reddito, prendendo esempio dalle esperienze dei Paesi ricchi, dovrebbero attivarsi soprattutto per educare gli operatori e i cittadini a prevenire e gestire le malattie e aumentare gli aiuti finanziari per i farmaci essenziali (come l’insulina).
The Lancet, volume 373, 23 maggio 2009
(traduzione e sintesi a cura della redazione di EpiCentro)