Sembra che i fibrati posseggano caratteristiche tali da essere particolarmente adatti al trattamento della dislipidemia diabetica, caratterizzata da elevati livelli di trigliceridi (e a volta di colesterolo LDL) e da bassi valori di HDL. Cio’ nonostante, pochi studi avevano, fin’ora, specificamente valutato l’impiego di tali farmaci nella popolazione diabetica: alta era quindi l’ attesa per la pubblicazione su Lancet dei risultati dello studio multicentrico FIELD (Fenofibrate Intervention and Event Lowering in Diabetes). Lo studio, di tipo randomizzato e controllato, è stato effettuato su 9795 soggetti diabetici tipo 2 (età 50-75 anni, 2131 dei quali affetti da cardiopatia ischemica) assegnati a un trattamento con fenofibrato micronizzato 200 mg/die o con placebo e seguiti per un periodo medio di 5 anni. I risultati, valutati in intention to treat, appaiono deludenti: la terapia con fenofibrato è risultata associata a una riduzione del 24% del rischio di infarto non fatale, ma anche a un incremento non significativo della mortalità coronarica; il numero di eventi cardiovascolari complessivi ha subito una riduzione dell’11%, ma la mortalità globale è risultata addirittura aumentata, anche se non significativamente, nel gruppo trattato (6,6% nel gruppo di controllo versus 7,3%), forse in relazione all’incremento significativo di pancreatiti acute e di embolie polmonari nei pazienti in terapia con fibrato. Il trattamento, ben tollerato, ha mostrato un effetto favorevole sui marker di progressione della nefropatia e della retinopatia diabetica.
I risultati sono decisamente inferiori alle aspettative e secondo l’autrice dell’editoriale di commento all’articolo, Dott.ssa Helen Colhoun di Dublino, Irlanda, non consentono di proporre modificazioni alle raccomandazioni terapeutiche attuali relative alla dislipidemia nel diabete.
26 novembre 2005
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