“Evoluzione tecnologica nel trattamento del diabete di tipo 1”
La terapia insulinica tradizionale e gli strumenti tradizionali. Chi ha a che fare con il diabete da un po’ di anni sa gia’ che una piccola rivoluzione e’ stata quella delle penne, perche’ fino a non molti anni fa’, esistevano le siringhe. Bene, questo appartiene ormai, per la maggior parte dei casi, ormai alla storia della medicina e quello delle penne e’ stato un progresso apparentemente banale, ma in termini reali consistenti. Le possibilita’ teoriche sono notevoli, ma soprattutto, per essere piu’ vicino alla realta’, sono due le strade esplorate dalla ricerca: una e’ la via orale e l’altra e’ la via inalatoria. Due parole sull’insulina per via orale: riusciremo un giorno a somministrare l’insulina in pillole? Anche se puo’ apparire strano, la via che ha prodotto i migliori risultati e’ quella buccale, ovvero una somministrazione dell’insulina non piu’ destinata ad essere digerita e assorbita per via intestinale, ma ad essere destinata ad un assorbimento a livello della mucosa orale, e la strategia e’ quella di produrre l’insulina in fini particelle di aerosol che vengono, scusate il termine, “sparate” ad un’elevata velocita’, delle microgocce di dimensioni infinitesimali, ad una velocita’ di 160 km orari che consente alla molecola un maggiore assorbimento attraverso la mucosa orale. Sono studi preliminari, ma la casistica pubblicata e’ gia’ abbastanza ricca e va detto che il tipo di assorbimento non e’ male. Siamo ancora lontani dalla clinica, ma esistono nell’uomo, non nell’animale, delle evidenze concrete che questa sia una via percorribile. Attraverso le vie aeree, invece, la possibilita’ nasce, e qui sono felice di citare il Prof. Pontiroli, che 20 anni fa’ fu il primo a pubblicare, proprio qui al San Raffaele, che l’insulina poteva essere assorbita per via nasale. Pero’ non e’ stata abbandonata la via inalatoria, cioe’ la ricerca ha scoperto che a livello nasale l’assorbimento insulinico e’ problematico, ma diviene invece, assolutamente facile a livello polmonare. Perche’? Tenete presente che la superficie degli alveoli e’ molto estesa, sono circa 400 mq., e quindi noi, in fondo, non e’ che ci ritroviamo di fronte ad un compito impossibile: 400 mq. di superficie alveolare per far assorbire poche particelle di una molecola, che se riusciamo a ridurre a 2-3 micron di dimensioni, e’ in grado di penetrare gli alveoli e di passare nella circolazione. E ora arriviamo alla realta’ odierna (diapositiva di Exubera): questo si chiama Exubera, perche’ e’ un prodotto “piu’ avanti”, e’ quello che ha ottenuto di recente l’autorizzazione negli USA per l’utilizzo in clinica, ma non e’ il solo. L’insulina viene data al paziente in forma di capsule, che in funzione della dose, vengono introdotte in questo strumento, il quale le parcellizza, le miniaturizza attraverso una procedura di “triturazione” e consente poi la nebulizzazione di queste particelle che vengono inalate dalla persona. Accanto a questo sistema che si chiama Exubera, dell’azienza Pfizer, ve ne sono altri 2 in dirittura d’arrivo: uno della Lilly e uno della Novo, che sono produttori di insulina da tanti anni. L’inalazione deve essere completa. Sono ora in corso trials di fase 3, cioe’ quelli che si fanno a sperimentazioni finite, e che riguardano centinaia e centinaia di pazienti nelle varie situazioni sperimentali e che sono destinati a validare, in maniera definitiva, questa soluzione terapeutica che sara’ in clinica entro un anno, speriamo anche qui da noi (al San Raffaele, n.d.r.). Vediamo un altro aspetto in cui l’evoluzione tecnologica ci sta dando tante soddisfazioni, che e’ quello del monitoraggio glicemico. Voi tutti sapete quanto sia fondamentale poter conoscere l’andamento della glicemia, essendo lo scopo della terapia la normalizzazione della glicemia nell’arco delle 24 ore. Dalla fine degli anni ’90 sono stati messi a punto degli strumenti sostanzialmente affidabili (non tutti…), alcuni certamente molto affidabili, in grado di monitorare continuamente la glicemia. Ma in questo contesto, i due strumenti che ci hanno dimostrato una totale affidabilita’ sono il CGMS della Medtronic e il Glucoday della Menarini. Questo strumento consiste di un sensore con un piccolo ago di plastica flessibile, connesso ad uno strumento poco piu’ grande di una moneta, che ha la funzione del trasmettitore e di un lettore, che e’ uno strumento simile, per peso e dimensioni ad un qualunque telefonino, che non e’ collegato attraverso nessun filo con il catetere. Questo strumento che sia utille, lo si capisce subito, tuttavia era da dimostrare che anche in termini di utilita’ clinica fosse in realta’ utile. Allora per questo e’ stato realizzato uno studio internazionale multicentrico a cui abbiamo aderito anche noi (del San Raffaele, n.d.r.) e sul quale non spendo piu’ di tanto tempo, se non per dimostrare come per le persone (abbiamo scelto delle persone con un diabete di tipo 1 relativamente difficile da controllare sia in trattamento insulinico convenzionale, sia in trattamento con microinfusore) che hanno potuto utilizzare questo strumento in continuo per tre mesi abbiano avuto un abbassamento medio dell’emoglobina glicosilata superiore all’1%. Sono andate meglio anche le persone che erano state randomizzate nel gruppo di controllo (ma questo e’ l’effetto “studio”: qualunque persona che venga inclusa in uno studio, per il fatto stesso che venga meglio sorvegliata, migliora). Un andamento intermedio e’ stato visto in quelle persone nelle quali l’utilizzo era consentito per 3 giorni ogni 2 settimane. Questo e’ uno studio che e’ in corso di valutazione per una pubblicazione, ma ha dimostrato quello che a livello intuitivo ognuno di noi poteva immaginare e cioe’ che disporre di uno strumento che dia in continuo i valori della glicemia e’ utile in termini clinici, perche’ non solo rassicura le persone, non solo elimina la necessita’ di pungersi il dito, ma anche in termini di miglioramento glicometabolico consente un vantaggio. E da questo, l’ultimo passo, che e’ quello verso il pancreas artificiale, il passo e’ molto breve. Ebbene ci siamo vicini: sono passati nel frattempo 25 anni, ma ci siamo molto vicini. Voi tutti ben conoscete un microinfusore. Questo e’ l’ultimo passo. Attualmente 2 persone sono in osservazione da noi (al San Raffaele, n.d.r.) Questa e’ realta’. In questo caso a governare l’infusore e’ sempre la persona, che decide le dosi in funzione dell’andamento della glicemia. Naturalmente il passaggio successivo e’ quello per cui, all’interno di questo apparecchio vi sara’ l’algoritmo e il sistema computerizzato, che stabilisce in automatico, senza piu’ l’intervento della persona, quali siano le dosi di insulina da erogare per mantenere costante la glicemia. Ma ripeto, parliamo gia’ dell’esistente e non del futuro.
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Prof. Emanuele Bosi a cura di Daniela D’Onofrio 7 maggio 2006
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