Firenze: un altro morto di diabete
Firenze: un altro morto di diabete. Ma anche stavolta “il diabete non c’entra”. Continuiamo a presentarlo “mostrando” al mondo (ma anche ai diabetici!) le facce sorridenti dei bambini che si fanno l’insulina, i muscoli potenti del ciclista o dello scalatore diabetico. Ma “il diabete” è anche il genitore che veglia il bambino la notte per la paura dell’ipoglicemia. Diabete è spesso disperazione. La disperazione di chi sa che nonostante tutte quelle belle facce sorridenti dei depliants, nonostante quei traguardi sbandierati, la sua vita è cambiata per sempre. Ed accettarlo non è così semplice, tanto meno per un genitore. Qui il “problema” è perchè quei genitori abbiano avuto il bisogno di cercare una cura che ancora non c’è. Chi è il responsabile di questa morte? Mostrando al mondo solo la faccia felice, e non anche quella tragica che ci sta dietro, avalliamo la filosofia prevalente del “tollerare” anziché “curare” il diabete. Daniela D’Onofrio Pubblichiamo qui di seguito 3 lettere ricevute a commento Vorrei commentare ed esprimere un pensiero, dopo avere letto ciò che Daniela D’Onofrio scrive sempre con correttezza, competenza e nel rispetto degli altri. Le considerazioni sull’ultima triste vicenda occorsa alla sedicenne toscana, purtroppo morta nel 2008 per diabete, (assurdo, ma possibile: perché?) sono una veritiera e reale descrizione del diabete e delle sue conseguenze, sono d’accordo TOTALMENTE sulle osservazioni e riflessioni della D’Onofrio, dettate da esperienza, buon senso ed estrema correttezza. Dire la verità, anche se dolorosa, è un dovere, senza nulla togliere a chi ha il diritto di sperare, ma no di essere ingannato, soprattutto è fondamentale comunicare correttamente sia la terapia, sia lo stato dell’arte della ricerca scientifica. Veicolare notizie, annunciare progressi, scoperte in un modo errato, ambiguo, con stile pubblicitario, esclusivamente per qualche businnes da portare avanti, notizie firmate e pubblicate da giornalisti, anche scientifici, spesso coinvolti in uffici stampa interessati, è un ulteriore “colpo” che subisce il paziente affetto da diabete ed i suoi familiari: senza pietà, per il danno morale che provocano ,andrebbero depennati dall’albo a cui appartengono, qualunque sia la loro qualifica ed il loro ruolo. E’ una constatazione da mamma che vive giornalmente il diabete, interessata anche alla ricerca scientifica, madre di un figlio ricercatore, stimato e riconosciuto valido, che ha dovuto lasciare l’Italia perché, pur ricevendo proposte negli Stati Uniti, in Inghilterra ed in Germania, in realtà da noi, per meccanismi strani, ma reali, sarebbe sopravvissuto solamente, senza alcuna possibilità di carriera e di sano utilizzo dei suo lavori e delle sue pubblicazioni. La ricerca scientifica, in Italia, dove ci sono menti preparate e competenti, non progredirà mai, se non comprendiamo che le scelte devono basarsi sulla meritocrazia e seguendo la peer rewiev, come metodo di selezione.
A. L. P. ************************************************************************ Ciao Daniela, ho letto con molta attenzione il tuo scritto e non poteva essere altrimenti, molto crudo ma vero, d’altronde la verità è sempre una cosa scomoda e in più a volte fa soffrire. Ma soprattutto che il diabete non è “solo una condizione”: il diabete è una patologia grave, pesante da curare, ancora più pesante da “sopportare psicologicamente”, da accettare. Ti confesso che in questi due passaggi mi raffiguro molto, pensa che sono arrivato a definire i portatori di questa patologia Zombi viventi o persone a vita pianificata, schedulata decisa da questo nemico “Il Diabete” appunto. ” Mostrando al mondo solo la faccia felice, e non anche quella tragica che ci sta dietro, avalliamo la filosofia prevalente del “tollerare” anziché “curare” il diabete. Vorrei veramente ” Urlare alla ricerca” che non si può accettare di vivere come spettatore di un condannato a morte. Scusa il mio sfogo, il ringraziamento per ciò che fai (e comunichi sul sito) è immenso, spero spero spero nel più immediato futuro si possa vincere la guerra a questo nemico che quattro anni fa ha condizionato la vita della nostra famiglia. Con profonda stima Raimondo Gualitti ************************************************************************ Cara Daniela, leggendo la sua lettera mi è subito venuta alla mente la faccia di mia madre dopo che ha saputo che ero diventata diabetica (22 anni fa, a soli 21 anni). Quando mi veniva a trovare in ospedale le dicevo “guarda che non è morto nessuno!” ignara di quello che sarebbe stato il dopo. Da quel momento non mi disse più niente. Posso solo capire i genitori della ragazza morta che si sono fidati della medicina non convenzionale se così la vogliamo chiamare; posso solo dire che forse, avendo allora 21 anni e autonoma in tutto, non ascoltai mia madre con le sue “stregonerie”, e capisco soprattutto che noi diabetici non siamo considerati malati neanche dal sistema sanitario. Fai insomma tante di quelle cose che se fossi stata in salute non avrei fatto con angoscia, dovere, ma per piacere. Si, di piacevole nella nostra vita di diabetici, non c’è proprio niente. E quando gli amici mi dicono che sono una persona molto dolce….. beh ….. gli dico che in fondo non hanno torto. Luigia Bisceglia
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