Giornata Internazionale sui disturbi alimentari. Aidap: “Standard di cura specialistici scadenti in troppi centri”

Un aumento delle risorse finanziarie dedicate al trattamento dei disturbi dell’alimentazione potrebbe aiutare, ma forse un migliore utilizzo di quelle disponibili potrebbe essere una strategia ancora più efficace. In Italia, negli ultimi anni, sono infatti sorti numerosi centri specialistici per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione, ma in molti casi lo standard di cura fornito è scadente, nonostante siano disponibili terapie, come la terapia cognitivo comportamentale migliorata (CBT-E), la terapia interpersonale (IPT) e il trattamento basato sulla famiglia (FBT) la cui efficacia è stata dimostrata in numerosi studi controllati e randomizzati eseguiti in diversi Paesi occidentali. E’ l’analisi del quadro italiano tratteggiata dall’Associazione italiana disturbi dell’alimentazione e del peso (Aidap) a pochi giorni dalla Giornata internazionale del Fiocchetto Lilla, che si terrà il 15 marzo.

Per L’Aidap i problemi che affliggono i centri clinici italiani sono numerosi e includono: la loro distribuzione a macchia di leopardo; il non uso di trattamenti basati sull’evidenza oppure la loro cattiva implementazione; la mancata raccolta di dati sull’esito dei trattamenti; l’enfasi quasi esclusiva, soprattutto in alcuni centri, sul ricovero ospedaliero; le liste d’attesa eccessivamente lunghe.
L’obiettivo primario per migliorare la situazione attuale dovrebbe essere riuscire a offrire alla maggior parte dei pazienti un trattamento ben somministrato basato sull’evidenza scientifica, il prima possibile. Le terapie basate sull’evidenza sono poco costose, perché sono somministrate da un “singolo” terapeuta (CBT, IPT e FBT) in 20-40 sedute, e determinano, nei 2/3 dei pazienti che concludono il trattamento (circa l’80%), una remissione duratura dal disturbo dell’alimentazione. I vantaggi di questi trattamenti, che includono alti livelli di efficacia e bassi costi sono, però, realizzabili soltanto se i terapeuti hanno ricevuto una formazione adeguata, altrimenti i tassi di risposta si riducono drasticamente.

Ai pazienti che non rispondono agli interventi ambulatoriali basati sull’evidenza scientifica, suggerisce l’Aidap, dovrebbero essere offerti “trattamenti più intensivi come il day-hospital o il ricovero in centri di riferimento altamente specializzati”.
Purtroppo, in Italia i trattamenti intensivi disponibili sono, nella maggior parte dei casi, “condotti da équipe multidisciplinari che adottano un approccio eclettico, che può includere una vasta gamma di procedure mediche, psichiatriche, psicologiche ed educative che a volte sono poco più di un miscuglio di interventi incompatibili tra loro, molti dei quali privi di prove di efficacia”.

Per far fronte a questo problema è auspicabile che “anche nei centri intesivi di cura si offra ai pazienti un approccio coerente e non contradditorio e che i terapeuti, pur mantenendo i loro ruoli professionali specifici, condividano la stessa filosofia e adottino interventi basati sull’evidenza”.
Ma i problemi sono di varia natura. In Italia anche i terapeuti specializzati nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione, “raramente ricevono una formazione sulle psicoterapie basate sull’evidenza”. Per tale motivo è necessario “sviluppare nuove modalità di formazione, come per esempio, corsi post-universitari specificatamente costruiti per formare i terapeuti e far acquisire loro le abilità necessarie per usare queste forme di psicoterapia. I corsi dovrebbero includere le metodologie abitualmente usate per formare i clinici negli studi controllati, come la disponibilità di un manuale, l’uso di un approccio didattico interattivo, l’osservazione di sedute attuate da esperti e la pratica del role-playing”.

Per questi motivi l’Aidap nei prossimi anni asi porrà come obiettivo primario “il disseminare in Italia i trattamenti per i disturbi dell’alimentazione che hanno dimostrato di essere efficaci con il fine di garantire, ai nostri pazienti e ai loro cari, trattamenti specialistici di sempre maggiore qualità”.

 

da quotidianosanità.it