Il Diabete in Pillole del Dr Andrea Scaramuzza – Di ADA Scientific Meeting 2024, e di altri congressi

Iniziato il 21 giugno l’ottantaquatresimo congresso della American Diabetes Association (ADA), il più importante evento annuale, probabilmente, dedicato al diabete, per numero di partecipanti e per qualità delle relazioni.

1. Un tempo, in era presocial potremmo dire, prendere parte a uno di questi congressi significava tornare a casa con vere novità, dati di studi, comunicati in esclusiva e in anteprima proprio durante ‘quel’ congresso, novità tecnologiche e tanto altro. Partecipare a uno di questi congressi era un vero e proprio privilegio. Ora non più.
2. Per farvi capire cosa intendo eccovi una storia. Era il 2010, un’era geologica fa se riferita alla tecnologia applicata alla terapia del diabete, eravamo a Basilea al congresso ATTD. Ricordo ancora la sala strapiena, il silenzio trepidante in attesa che Moshe Phillip, uno dei promotori del pancreas artificiale, raccontasse i risultati della loro prima esperienza fuori dall’ospedale con i sistemi ibridi , si trattava di un campo scuola.
3. Fu trasmesso un video che ne riassumeva l’essenza, bambini felici impegnati nelle mille attività quotidiane, con glicemie gestite dagli antenati degli attuali sistemi ibridi, e nella sala di controllo decine di medici, ingegneri, personale di supporto, tutti col fiato sospeso, con il solo obiettivo che tutto filasse lascio. Al termine della proiezione un lungo, scrosciante applauso, liberatorio di tutta la tensione che si era accumulata nella sala. Questo era quello che succedeva e rendeva questi appuntamenti non dico imperdibili ma sicuramente importanti.
4. Ora questo non succede più. Le novità vengono presentate in tempo reale appena rese disponibili. Internet e soprattutto i social media hanno reso tutto più veloce, rapido, fruibile, fluido, togliendo quell’aura di magica attesa che precedeva il disvelamento delle novità. Ma siamo figli dei tempi, e dobbiamo fare di necessità virtù.

5. Così anche quest’anno non aspettatevi novità clamorose da questo 84th Scientific Meeting di ADA.

#ADA2024 day 1
L’ottantaquatresimo congresso della American Diabetes Association quest’anno si svolge ad Orlando, in Florida. Le Scientific Sessions di ADA rappresentano uno dei più importanti congressi sul diabete al mondo, sia per numero di partecipanti che per la qualità delle presentazioni. Se vi aspettate qualche notizia sconvolgente per possibili risvolti nella vita di tutti i giorni, vi anticipo che resterete parecchio delusi. Ma vale comunque la pena di seguire i lavori, cosa che io personalmente farò da casa, partecipando alla versione virtuale dell’evento, uno dei pochi lasciti positivi della ormai dimenticata pandemia di Covid-19.
Iniziamo col dire che appena prima di #ADA2024, l’organismo regolatorio americano, la Food and Drug Administration, aveva dato la sua autorizzazione alla commercializzazione di due strumenti che Abbott ha pensato per le persone non diabetiche, al fine di migliorare la loro salute metabolica, e mi riferisco a Lingo, o alle persone con diabete tipo 2 che non fanno insulina, Libre Rio, per un più stretto monitoraggio delle glicemie. Entrambi sono molto simili a precedenti modelli di Abbott, Libre 2 e Libre 3, e sono da considerarsi entrambi come ‘prodotti da banco‘, e quindi vendibili liberamente senza prescrizione medica, anche al supermercato. Ad oggi, però, non ci sono dettagli sull’inizio della loro commercializzazione e del prezzo. I due strumenti si affiancano a Dexcom Stelo, di cui ho già parlato all’inizio dell’anno, nell’ampliare l’offerta per chi vuole utilizzare un monitoraggio in continuo della glicemia.
Il congresso si è aperto, fra le altre, con una sessione estremamente interessante e di grande attualità, dedicata all’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella pratica clinica o quale ausilio e supporto al trattamento tecnologico del diabete. In uno studio presentato in questa sessione è stato fatto vedere come l’intelligenza artificiale sia in grado di rilevare l’esercizio fisico, comunicarlo al sistema ibrido avanzato e regolare l’insulina di conseguenza. Le prospettive e gli sviluppi sulla possibilità di usare l’intelligenza artificiale a sostegno della gestione del diabete sono davvero molteplici, ma la preoccupazione maggiore resta la capacità di normare adeguatamente questo campo ancora del tutto nuovo.
Vertex ha annunciato sostanzialmente due cose importanti
a) i due decessi avvenuti nell’ambito della sperimentazione sull’uso delle cellule staminali, fra cui quello di Brian Shelton, primo uomo a ricevere un trapianto funzionante, non sono in nessun modo riconducibili alla sperimentazione stessa, e per questo motivo lo studio può riprendere al fine di arrivare all’arruolamento previsto di 37 pazienti;
b) sono stati comunicati i dati di 13 pazienti in totale, partecipanti a questa branca degli studi (staminali e immunosoppressione), e dopo 90 giorni ben 12/13 hanno ridotto la quantità di insulina o raggiunto l’insulino-indipendenza. I 3 pazienti che hanno superato i 12 mesi di osservazione sono tutti liberi dall’insulina. Nessuno dei pazienti arruolati ha più avuto ipoglicemie severe (che era uno dei criteri fondamentali per essere inclusi nello studio).
Purtroppo nessun cenno è stato fatto per quanto riguarda lo studio sulle staminali incapsulate (e senza immunosoppressione), ma per buona pace di tutti, i rumors in questo ambito avevano già anticipato che sarebbe stato alquanto improbabile avere notizie già in giugno e che sarebbe più realistico aspettare i primi dati per settembre (EASD 2024) o addirittura febbraio (ATTD 2025).
Se nei prossimi giorni ci fossero notizie diverse ve ne darò conto.
Il congresso si è aperto con un simposio dedicato alle strategie per combattere il diabete tipo 2, seguito da due dibattiti in contemporanea e 12 sessioni di comunicazioni orali.
Si è parlato di importanza del considerare razza ed etnia quando si progettano studi al fine di ottimizzare le strategie terapeutiche (tema di assoluto interesse, si pensi all’importanza dell’educazione differenziata quando si inizia una terapia con sistemi ibridi in ragazzi di origine europea o nordafricana, perché il background culturale è fondamentale).
Si è parlato anche di Sars-CoV-2 e diabete tipo 1, ancora una volta senza che ci fosse una posizione nettamente prevalente sull’altra (aumenta l’incidenza, non la aumenta).
Come sempre le comunicazioni orali sono fra le cose più interessanti. Ne segnalo qualcuna che mi ha particolarmente colpito: Linda Anne DiMeglio ha presentato uno studio che dimostra come il titolo degli autoanticorpi vari a seconda del momento della giornata in cui viene effettuato il prelievo, riscontro interessante e soprattutto interessante quando si voglia mettere in piedi una strategia di screening basata sulla ricerca degli anticorpi efficace.
Jamie R. Wood ha presentato un’esperienza di camp con monitoraggio a distanza dei partecipanti che ha ovviamente reso tutti più tranquilli e meno indaffarati.
Debbo dire che nel nostro piccolo questo ormai lo facciamo da anni e i camp sono davvero tutta un’altra cosa.
Poter Calhoun a nome di un gruppo multinazionale ha presentato i dati cumulativi di 5 studi in cui il monitoraggio in continuo della glicemia è stato utilizzato per identificare precocemente i pazienti con autoanticorpi positivi (stadio 2) che hanno un rischio imminente di diventare stadio 3 (diabete conclamato). Questi sono dati indispensabili nel momento in cui si voglia e soprattutto si possa mettere in atto una terapia se non di prevenzione, almeno un rallentamento.
Nel pomeriggio ci sono stati 12 simposi in contemporanea, dei più svariati argomenti, dalla nutrizione alle terapie dei tipi 2 (sicuramente uno dei must di questa edizione del congresso, ma ci ritorno nei prossimi giorni), alla retinopatia, alla scienza di base. I più intriganti dal mio punto di vista quello sulla terapia cellulare del diabete tipo 1, di cui è stato fatto uno ‘stato dell’arte’, con un cenno in particolare (e dal mio punto di vista estremamente interessante) sugli aspetti psicologici di chi si sottopone al trapianto di isole o cellule staminali, quello sull’uso di Teplizumab nei pazienti con diabete conclamato, che rispetto ai placebo hanno mostrato un migliore tempo in range, una migliore emoglobina glicata e l’uso di dosi minori di insulina, quello sugli standard di cura che ha ribadito l’importanza di un approccio a 360° con tutte le figure importanti rappresentate nel team, non solo il diabetologo, ma anche l’infermiera/educatore, la dietista, lo psicologo e, ove possibile, l’assistente sociale.
Infine, il simposio sponsorizzato di Abbott sull’uso del CGM per identificare precocemente i soggetti a rischio di sviluppare il diabete, davvero attuale e interessante.
#ADA2024 day 2
La mattina del sabato si è aperta in orari non consueti per noi (alle 5.30) con un interessante simposio aziendale che ha sottolineato l’importanza dell’uso del monitoraggio in continuo della glicemia per riconoscere facilmente i trend personali delle persone con diabete verso le ipo o le iperglicemie, e soprattutto dando modo di verificare gli effetti di eventuali modifiche comportamentali. Sono sempre di più i dati raccolti in diversi setting e in differenti situazioni cliniche (pratica ambulatoriale, pazienti ricoverati, anche in terapie intensive, diabete tipo 2 o gravidanza). Ormai è un dato di fatto, il monitoraggio in continuo deve diventare, qualora ancora non lo fosse, lo standard di cura per tutte le persone con diabete tipo 1.
In Italia lo è per il 98% dei pazienti in età pediatrica (mi chiedo cosa aspetti quel 2% a passare al CGM?), lo dovrebbe diventare anche per i pazienti adulti, come recentemente successo in UK.
A seguire alcuni simposi in forma di dibattito, il più interessante dei quali, sul ruolo del team interdisciplinare per gestire la tecnologia in ambulatorio, e il percorso educazionale innanzitutto.
In contemporanea ben 11 simposi dedicati a svariati argomenti sia relativi al diabete tipo 2 che al tipo 1. Interessanti per me quello sul futuro della sostituzione beta cellulare, con le relazioni di Cristina Nostro del McEwen Stem Cell Institute su come progettare un surrogato per le beta-cellule e di Alice Tomei del Diabetes Research Institute di Miami diretto da Camillo Ricordi che ha parlato dei possibili strumenti da utilizzare per proteggere le cellule trapiantate senza usare immunosoppressione. Si è parlato anche di come ottimizzare la vascolarizzazione delle cellule trapiantate e degli strumenti per monitorare il successo terapeutico.
Interessante anche il simposio sulla prime fasi del diabete in età pediatrica dove si è sì parlato di screening (ormai l’Italia è diventata punto di riferimento a livello internazionale), ma anche di come monitorare i pazienti anticorpi positivi e ultimo, ma non ultimo, dell’impatto economico della gestione di queste persone non ancora diabetiche ma anticorpi positive.
Grande interesse ha suscitato anche il simposio sull’uso dell’insulina inalatoria. Lo confesso, personalmente sono rimasto piuttosto perplesso che ancora se ne parli, alla luce dei dati di scarsa efficacia, dovuta soprattutto alla imprevedibilità dell’effetto e alla difficoltà di trovare un dosaggio adeguato. Fatto sta che sono stati presentati i dati di uno studio condotto in pazienti adulti dove si è confrontato un sistema AID (in breve un pancreas artificiale) o un micro e sensore ma senza automatismi ad una terapia con degludec come insulina basale e insulina inalatoria prima dei pasti. I pazienti così trattati hanno mostrato risultati migliori rispetto a chi usava micro e sensore (e questo può anche starci) o AID (faccio davvero fatica a crederci e mi viene da chiedere come venisse usato quel sistema avanzato). Ma tant’è, e ne diamo conto.
In piccoli workshop aziendali sono stati presentati i primi dati real-world dell’utilizzo di Mobi (tiny pump, big control, micro minuscolo, grande controllo), che come dice il titolo della presentazione sono stati molto soddisfacenti. Mobi è stato commercializzato in US a febbraio 2024 ed è previsto il suo arrivo in Europa, e per quanto ci riguarda, in Italia, fra gennaio e febbraio 2025.
Abbott ha presentato il sensore che rileva non solo la glicemia ma anche la chetonemia, tutto in uno, delle dimensioni di un Libre 3, durata 15 giorni. Non si parla però ancora di commercializzazione in quanto sono ancora in corso gli studi di safety e efficacia. Probabilmente ne riparleremo fra un anno con informazioni un po’ meno vaghe.
Ironia della sorte il workshop di Insulet su Omnipod 5 e la sua (presunta) capacità di adattarsi anche a situazioni inusuali, dove i sistemi automatici possono rappresentare un valore aggiunto. Peccato che in Italia questo sistema sia ancora di là da venire, con la data presunta più realistica a novembre 2024 (ovviamente felice di essere smentito se comparirà prima nel nostro mercato, non del tutto sorpreso, ma sicuramente deluso, se i tempi, dovessero, invece, inspiegabilmente allungarsi).
Nella pausa pranzo c’è stato spazio per i poster e gli e-poster, che hanno ovviamente coperto qualsiasi argomento legato al diabete.
Nota di interesse al poster presentato da Valentino Cherubini a nome del Gruppo di Studio sul Diabete della nostra società pediatrica di Endocrinologia e Diabetologia nel quale sono stati presentati dati a sostegno dell’utilizzo dei sistemi automatici avanzati di somministrazione dell’insulina fin dall’esordio in quanto sarebbero in grado di annullare le conseguenze negative di un esordio in chetoacidosi severa, cosa che non si osserva invece in chi utilizza le iniezioni. Dati preliminari, ma di estremo interesse, che meritano una conferma su numeri ancora più ampi.
Il pomeriggio si è aperto con 12 sessioni di comunicazioni orali, alcune delle quali davvero interessanti. Mi ha incuriosito una comunicazione che partiva da questa ipotesi. Se i sistemi AID aiutano a ridurre il rischio di ipoglicemia, l’aumento dell’uso dei sistemi AID significa aumentare la percentuale di persone con diabete che svolgono attività fisica? Purtroppo la risposta è negativa e questo aumento non si è osservato, sottolineando ancora una volta quanto resti complicata per la maggior parte delle persone la gestione dell’esercizio fisico. Penso che questi dati ci debbano far riflettere, ma soprattutto mettere in atto strategie che permettano a più persone di dedicarsi alla pratica di uno sport o semplicemente a muoversi in sicurezza.
Grande interesse ha suscitato il dibattito se fosse da privilegiare l’accesso alle cure o se la priorità vada data all’innovazione tecnologica e farmacologica. Si può ben immaginare quante discussioni. E sicuramente non è difficile immaginare quanto possa pendere da una parte o dall’altra l’ago della bilancia se si è nati in una zona del mondo oppure in un’altra. Certo che nel 2024 non dovrebbero esistere luoghi dove se si nasce li c’è ancora un rischio elevatissimo di morire per una patologia che altrove si cura tranquillamente, e le uniche preoccupazioni sono se possiamo usare un sensore piuttosto che un altro, oppure un sistema e non un altro. Alla fine è stato chiaro come questa una falsa dicotomia e quanto sia importante perseguire entrambe in parallelo.
Eversense (sensore impiantabile sottocute e autorizzato negli over 18) ha presentato la roadmap di sviluppo del suo prodotto, ormai vicino all’autorizzazione FDA per la versione che dura 365 giorni (un anno intero). Ed è notizia piuttosto recente che Eversense ha ricevuto autorizzazione FDA per essere interfacciato a sistemi automatici avanzati, venendo a colmare un vuoto di interoperabilità che ne limitava grandemente l’utilizzo. Il prossimo passo è l’autorizzazione all’uso anche in età pediatrica, almeno in adolescenza.
A seguire altre 10 sessioni di comunicazioni orali, dove si è parlato di esercizio fisico, nefropatia diabetica, distruzione delle beta-cellule, retinopatia, complicanze delle estremità, risposta fisiologica all’ipoglicemia, e diabete pediatrico. In quest’ultimo gruppo, di discreto interesse soprattutto per eventuali sviluppi futuri, la presentazione di Cristian Loretelli dell’università di Milano (gruppo di Paolo Fiorina) che ha presentato dati a supporto della possibilità di identificare attraverso la profilazione multi-omica di bambini all’esordio di diabete eventuali target molecolari per preservare la funzionalità beta-cellulare e allungando di fatto la fase di luna di miele. I pazienti che raggiungevano una fase estesa di luna di miele superiore ai 9 mesi erano solo un piccolo gruppo di 10 bambini, ma i fattori identificati sembrano sufficientemente promettenti. Staremo a vedere.
Altri 12 simposi, fra gli altri, su obiettivi a lungo termine e sfide della sostituzione beta cellulare, in cui si è discusso di siti di infusione, approcci xenotrapianti e altri modelli animali, sull’esercizio fisico nelle donne a rischio di diabete, sui risvolti psicologici della malattia, sulla nutrizione hanno chiuso il pomeriggio.
Segnalo un dibattito estremamente vivace sugli ormai molteplici farmaci anti-obesità e su quali fra quelli in studio andranno prioritizzati.
Grande spazio si è dato appunto ai farmaci anti obesità ormai in commercio e ai loro innumerevoli risvolti (segnalo ad esempio lo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine proprio in occasione del congresso ADA in cui Tirzepatide si è mostrata efficace nel ridurre se non addirittura far scomparire l’apnea cronica ostruttiva notturna, soprattutto nei pazienti obesi.
Tanti incontri, tante informazioni, alcuni dati interessanti, altri meno, ma ancora una volta una giornata bella piena.
#ADA2024 day 3 e 4
Domenica si è aperta con alcuni simposi in forma di dibattito, uno particolarmente interessante, sull’uso di farmaci complementari nei pazienti con diabete tipo 1. I dati sono interessanti, anche se al momento si limitano alle persone con diabete maggiorenni, ma in prospettiva le sensazioni sono buone. Nel mio piccolo mi era già capitato di associare semaglutide all’insulina in un ragazzino maggiorenne con obesità importante (oltre al diabete tipo 1, ovviamente), con risultati che definirei più che incoraggianti. Confrontati al placebo i farmaci complementari (semaglutide, inibitori del trasportatore sodio-glucosio tipo 2, SGLT2, antagonisti recettore per i mineralcorticoidi, MRA) favoriscono un migliore controllo glico-metabolico, il controllo del peso e dosi più basse di insulina. Dall’altro lato, possono purtroppo essere associati ad un rischio maggiore di ipoglicemia e agli ormai famosi effetti collaterali di natura gastroenterica (nausea, vomito, diarrea, dolori addominali).
In contemporanea si sono svolti altri 10 simposi, fra i quali quello ADA/ISPAD, in collaborazione quindi con la società internazionale pediatrica di diabetologia, durante il quale Carine de Beaufort ha parlato delle novità della terapia nei bambini in età prescolare, Brynn Marks di nuove strategie educative, usando ad esempio delle APP dedicate, Erin Cobry sull’uso della tecnologia nei pazienti ricoverati, ed infine Shylaja Srinivasan sulla necessità di ripensare alla terapia d’attacco nei pazienti pediatrici con diabete tipo 2, quindi non solo, o non più, metformina, ma anche semaglutide e possibilmente altri farmaci in attesa di autorizzazione anche per gli under 18.
Interessante anche il simposio sulla solitudine della persona con diabete e degli effetti della solitudine, a volte anche piuttosto devastanti, sulla gestione della malattia e sui risvolti psicologici.
Si è parlato di effetti collaterali gravi delle nuove terapie anti-obesità/diabete tipo 2 è di come possano essere in parte mitigati, proprio per beneficiare al massimo degli effetti positivi di questi farmaci, del ruolo dei fattori ambientali sulla nefropatia e dell’uso della tecnologia in alcune categorie di persone più svantaggiate (sordi, ipoacusici, ad esempio).
A seguire alcuni incontri sponsorizzati, uno di Insulet sulle magnificenze di Omnipod 5 (peccato non averle ancora potute constatare di persona) e uno di Sanofi sull’utilità di trattare i pazienti a rischio di sviluppare diabete tipo 1. Peccato che Teplizumab sia autorizzato solo in US e in Europa non se ne vede ancora una via d’uscita verso l’approvazione. Speriamo succeda qualcosa nelle prossime settimane o mesi, altrimenti vedo complicata la gestione dei positivi che verranno portati alla luce dallo screening universale.
Medtronic ha presentato dati sull’efficacia del suo algoritmo, recentemente aggiornato nella versione in uso in US che era rimasta alla versione precedente. In particolare, si sono ridotti i valori di glicemia nelle ore prima del risveglio, riducendo drasticamente la percentuale di pazienti che sperimentano il fenomeno alba (dal 12.2% al 4.5%), migliorando contestualmente la qualità del sonno notturno e aumentando il TIR notturno dal 87.7% al 91.4%.
Riuscire a contenere e controllare le iperglicemie è importante e non ci dobbiamo nascondere che spesso l’iperglicemia può spesso essere messa in ombra dall’ipoglicemia. Eppure, negli Stati Uniti, solo il 26% delle persone che vivono con il diabete raggiungono livelli di HbA1c <7,0%. Ridurre il tempo trascorso in iperglicemia è importante. Nei bambini, ad esempio, gli effetti prolungati dell’iper possono avere effetti negativi sulla memoria, sul QI, sulle funzioni esecutive e sull’apprendimento.
La continua evoluzione del sistema MiniMed™ 780G porterà a partire dalla fine di settembre (presumibilmente a novembre in Italia) ad essere abbinato al sensore Simplera Sync™. Uno studio a braccio singolo condotto in 24 siti ha valutato l’uso di questo abbinamento algoritmo del sistema MiniMed™ 780G e sensore Simplera Sync™. I risultati sono stati molto promettenti sia per il Time in Range (TIR), Time in Tight Range (TITR) e Time Above Range (TAR). Lo studio ha incluso l’uso delle impostazioni ottimali raccomandate (target impostato di 100 mg/dL con un tempo di insulina attivo di 2 ore) correlate a TIR, TITR e TAR.
Tra l’altro un “uccellino” presente in loco ad Orlando mi ha sussurrato che l’evoluzione della piattaforma attuale 780G è strabiliante, sia nella versione stilo che in quella patch, che però non sono attese sul mercato prima del 2026. Probabilmente con algoritmo aggiornato e completa gestione del pasto senza bolo preprandiale.
La pausa pranzo come sempre è stata caratterizzata dalla presentazione di e-poster o poster tradizionali, e c’è stato anche lo spazio per raccomandare la vaccinazione anti-epatite B a chi non la avesse ancora fatta.
A seguire le solite decine di sessioni di comunicazioni orali sui più svariati argomenti e un bel dibattito sull’uso dell’intelligenza artificiale in campo nutrizionale.
Ancora comunicazioni orali e simposi dove si è parlato di economia sanitaria, uso del CGM in gravidanza e molto altro prevalentemente incentrato sulle nuove terapie per diabete tipo 2 e obesità. La domenica si è poi chiusa con due simposi sponsorizzati, uno sulla gestione precoce dei soggetti ad alto rischio di sviluppare diabete tipo 1e l’altro sull’uso degli antagonisti del glucagone per migliorare il trattamento delle persone con obesità o sindrome metabica.
Il lunedì, ultimo giorno del congresso, si è aperto con una sessione di comunicazioni orali dedicata al CGM e al suo utilizzo nei pazienti con diabete tipo 2 (ormai sdoganato, diciamolo), all’utilizzo del CGM per effettuare scelte nutrizionali consapevoli, sul suo uso nella pratica ambulatoriale e nei servizi di primo livello. Vorrei però sottolineare i dati di uno studio coreano, che ha evidenziato come gli utilizzatori di CGM, di età inferiore a 19 anni (n=3765) confrontati ai non utilizzatori (n=1452), abbiano mostrato un rischio inferiore di ipoglicemia severa e chetoacidosi diabetica. Ancora una volta penso sia importante sottolineare come il CGM debba diventare standard di cura per tutti i pazienti con diabete.
Di grande interesse il simposio dedicato alla consensus sul monitoraggio delle prime fasi di malattia (prediabete) e sull’importanza di avere una guida. Aspettiamo ora con curiosità quanto verrà deciso. La discussione è stata sicuramente vivace e ricca di spunti.
In contemporanea una sessione con il “meglio dell’anno” appena trascorso in vari ambiti, dalla ricerca di base alla clinica e oltre.
E i soliti 12 simposi, dedicati a come raggiungere le popolazioni più difficili da gestire, immunologia della beta-cellula, metabolismo di aminoacidi e grassi a livello molecolare, studi di genetica ad ampio raggio.
A seguire la Banting lecture dedicata all’importanza della ricerca. Si è poi parlato di tecnologia e di come introdurlo nella nostra quotidianità.
Simposio di assoluto interesse quello sulla eterogeneità del diabete tipo 1, e di quanto sia importante una corretta classificazione sia per la patogenesi, ma soprattutto trattamento e prevenzione.
Finalmente si riconosce come anche il diabete tipo 1 possa avere diverse sfaccettature e se vogliamo che una terapia preventiva sia efficace dobbiamo mirarla alla forma corretta di malattia e non così a caso, tanto funziona lo stesso. L’assioma “one size fit all” va definitivamente archiviato.
Un simposio sulla chiusura dell’ansa e di come per arrivarci sarà necessario gestire efficacemente l’esercizio fisico non annunciato e uno sull’uso promettente degli agonisti del trasportatore di sodio-glucosio tipo 2 negli adolescenti con diabete tipo 1, con iperglicemia e iperfiltrazione renale, hanno chiuso l’ultima giornata.
Si chiude così l’ottantaquatresimo congresso della associazione americana del diabete.
Niente lampi, né notizie da togliere il fiato. Tanta buona ricerca, e piccoli, a volte importanti, tasselli aggiunti qua e là. La necessità di aspettare ancora un po per notizie ‘bomba’, ma la sempre aumentata consapevolezza che quel traguardo si avvicina sempre più.
Dr Andrea Scaramuzza Responsabile Endocrinologia, Diabetologia & Nutrizione Pediatrica presso ASST di Cremona