In Italia 1,5 mln di diabetici abbandonano le cure

I diabetici italiani sono circa 3 milioni, ma solo uno su due si cura davvero. A circa 2 milioni sono prescritti farmaci orali, ma 1,3 milioni abbandonano le terapie, spesso complesse, entro breve tempo. Circa 800 mila italiani con diabete di tipo due hanno bisogno dell’insulina, ma in 200 mila smettono di curarsi. Una scarsa aderenza alla cura che è causa di un maggior rischio di complicanze, dalla retinopatia all’insufficienza renale, con un aumento sensibile dei costi sociali per il Sistema sanitario nazionale.
Questioni, che non riguardano solo l’Italia, e di cui si parlato al congresso della American Diabets Association a Boston.

Nel nostro Paese ancora oggi muoiono 27mila diabetici ogni anno e l’aspettativa di vita dei pazienti è di 5-10 anni inferiore alla norma.
Per ridurre il fenomeno pazienti e medici chiedono poche cure, semplici da utilizzare ed efficaci. Per i malati, infatti, non basta che la cura sia efficace e sicura. Serve anche che abbia pochi effetti collaterali, che sia comoda e da somministrare poche volte al mese, in modo semplice, sempre pronta all’uso, invisibile, indolore. Un ‘click’ silenzioso, anonimo, che tolga dall’imbarazzo chi si trova costretto ad iniziare la cura e che aiuti colui che la sta seguendo, spesso male, da anni, a gestirla al meglio. Questa è la richiesta e la speranza dei pazienti ma anche dei medici specialisti che in questo modo potrebbero gestirli ancora meglio. 

Il problema della mancata aderenza, precisa dall’Italia Nicoletta Musacchio, responsabile dell’Unità operativa di Diabetologia agli Istituti Clinici di perfezionamento di Milano, “esiste anche nel caso della terapia con ipoglicemizzanti orali: nonostante vengano assunti sotto forma di pillole, vengono spesso abbandonati anche dopo pochi mesi. I pazienti diabetici spesso sono anziani o soffrono di altre patologie, perciò ricordare di prendere una, due o tre pastiglie ogni giorno per molti è complicato”.
Le barriere più grandi alla terapia, quindi, “non sono tanto – aggiunge Musacchio – il tipo di farmaco o la modalità di somministrazione: ciò che tiene lontani i diabetici dalle cure è dover ‘pensare’ quotidianamente alle medicine e il timore degli effetti collaterali a cui potrebbero andare incontro. Sia l’insulina che alcuni ipoglicemizzanti orali, infatti, possono indurre crisi ipoglicemiche e soprattutto possono determinare un aumento di peso, esattamente il contrario di ciò che si chiede ai malati per tenere sotto controllo il diabete: tutto ciò li scoraggia e spiega perché, di fatto, la terapia dei circa 3 milioni di diabetici italiani sia una strada ancora in salita”.
“Nei diabetici in cui non si riesce a ottenere un efficace controllo glicemico – conclude Francesco Giorgino, ordinario di endocrinologia e malattie metaboliche all’Università di Bari e presente al congresso – l’ideale sarebbe poter utilizzare farmaci efficaci quanto l’insulina ma più semplici da somministrare, già al fallimento del primo o al massimo del secondo farmaco orale prescritto. I farmaci incretinici come gli agonisti del Glp1 da questo punto di vista sembrano promettenti: le sperimentazioni condotte finora su pazienti falliti a primo o doppio orale mostrano che si tratta di medicinali altrettanto validi se non addirittura più efficienti di altre opzioni, tra cui l’insulina”.

 

 

da ADNKronos Salute