Iniziare prima l’insulina potrebbe ridurre costi e complicanze

Nei pazienti con diabete di tipo 2, un’introduzione precoce dell’insulina potrebbe far risparmiare denaro, aumentare la percentuale di pazienti che raggiungono i target di emoglobina glicata (HbA1c) e diminuire le complicanze legate al diabete e la mortalità. A suggerirlo sono i risultati di uno studio uscito da poco sul Journal of Managed Care & Specialty Pharmacy.

In questi pazienti, tradizionalmente, la terapia insulinica viene aggiunta al regime ipoglicemizzante nel momento in cui una combinazione di ipoglcemizzanti orali non riesce più a garantire un controllo glicemico sufficiente. Questa strategia graduale, per passi successivi, porta spesso a regimi di trattamento complessi che sono diventati meno convenienti via via che il costo degli agenti orali e di quelli iniettabili non insulinici è arrivato a eguagliare quello dell’insulina. 

Aggiungere prima l’insulina potrebbe contribuire a ridurre i costi e produrre anche benefici clinici? È questa la domanda a cui i hanno cercato di rispondere gli autori del lavoro, guidati da Harry Smolen, presidente e Ceo di Medical Decision Modeling, di Indianapolis.

“Un ritardo nell’intensificazione del trattamento nei pazienti con diabete di tipo 2 dipende da molti fattori legati sia il medico sia al paziente” ha commentato Smolen,. “Di solito questi pazienti hanno svariati problemi di salute che devono essere affrontati in una visita tipicamente di breve durata”.

“I medici di base, in particolare, hanno una quantità di tempo molto limitata da spendere con i pazienti,” ha sottolineato il ricercatore. “Lo scopo del nostro studio non era quello di ripartire la ‘colpa’ di questo ritardo, bensì di aiutare i medici a prendere decisioni razionali basate su prove di efficacia”.

I ricercatori hanno utilizzato un modello di microsimulazione per stimare le complicanze della malattia, la mortalità, i costi e la percentuale di pazienti di nuova diagnosi che raggiungevano il target di HbA1c inferiore al 7%. Inoltre, hanno usato i risultati degli studi clinici controllati e randomizzati per valutare l’efficacia del trattamento. Lo standard di cura si basava sulle linee guida della American Diabetes Association (ADA), della European Agency for the Study of Diabetes (EASD) e dell’American Association of Clinical Endocrinologists-American College of Endocrinology (AACE-ACE): vale a dire, prima la metformina, seguita da metformina più una sulfonilurea, poi l’aggiunta di un inibitore DPP-4, un tiazolidinedione o un farmaco iniettabile non insulinico, a seguire l’inizio dell’insulina basale togliendo la sulfonilurea e, infine, l’aggiunta di insulina in bolo.

I ricercatori hanno anche analizzato due categorie di trattamento: insulina in due stadi (basale con antidiabetici orali seguita da insulina bifasica più metformina); e insulina in un solo stadio (bifasica con metformina). Hanno quindi analizzato varie strategie all’interno di ciascuna categoria nell’arco di 5 anni.

Rispetto allo standard terapeutico, il target di glicata è stato raggiunto dallo 0,10-1,79% di pazienti in più con l’approccio a due stadi e dallo 0,50-2,63% di pazienti in più con l’approccio in un solo stadio.

Sul fronte delle principali complicanze del diabete, si è calcolata una diminuzione pari allo 0,38-17,46% con l’approccio a due stadi, e 0,72-25,92% con l’approccio in un solo stadio.

Per le ipoglicemie gravi si è calcolato un aumento del 17,97-60,43% con l’approccio a due stadi e del 6,44% -68,87% con quello a un solo stadio.

I costi incrementali sono risultati compresi tra 95 e 3267 dollari con l’approccio a due stadi e tra 1642 e 1177 con quello a un solo stadio.

Entrambi gli approcci sono risultati correlati a un raggiungimento più rapido dei target di emoglobina glicata, a un minor numero di complicanze e a una mortalità inferiore.

Gli autori suggeriscono ai medici, quando prendono in considerazione di iniziare precocemente la terapia insulinica, di valutare la capacità dei pazienti di auto-monitorare regolarmente la glicemia e di effettuare le opportune regolazioni dell’insulina. I medici dovrebbero anche considerare la capacità del paziente di mantenere contatti regolari con gli operatori sanitari.

“I costi per i trattamenti non insulinici più innovativi, come gli inibitori della DPP-4 e quelli del GLP-1, si avvicinano e addirittura superano quelli dell’insulina” scrivono Smolen e i colleghi. “Riteniamo che i costi per questi trattamenti siano sufficientemente alti da poter far rivalutare un inserimento più precoce dell’insulina, quando clinicamente appropriato per il paziente” affermano i ricercatori.

Inoltre, aggiungono, “i nostri risultati indicano che i risparmi ottenuti dal miglioramento del controllo glicemico possono in alcuni casi potenzialmente compensare un aumento delle spese di cura”.

Oltre agli outcome e ai costi, sottolineano gli autori, ci sono altre considerazioni importanti insite nella gestione dei pazienti con diabete di tipo 2. Tra queste, una comprensione chiara delle preferenze ed esigenze del paziente, nonché quali outcome siano importanti per lui/lei, per esempio, evitare l’aumento di peso, minimizzare le ipoglicemie o avere un regime flessibile.

Smolen e i colleghi precisano, inoltre, il target di HbA1c 7% utilizzato in questo studio potrebbe non essere appropriato per tutti i pazienti e andrebbe valutato caso per caso.

“Il nostro lavoro mette in evidenza l’aumento dei costi assistenziali derivanti dal mantenimento di un regime terapeutico inefficace nei pazienti con diabete di tipo 2” concludono gli autori. “Non contestiamo la prassi attuale, ma ribadiamo la necessità sia per i pazienti sia per i medici curanti di impegnarsi più attivamente nella valutazione e in un’eventuale modificazione del trattamento”.

H.J. Smolen, et al. The evaluation of clinical and cost outcomes associated with earlier initiation of insulin in patients with type 2 diabetes mellitus. J Manag Care Pharm. 2014;20:968-984. 
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da PHARMASTAR