Ipoglicemia nel diabete, scoperta nuova proteina con azione protettiva

Il trattamento farmacologico dei pazienti con diabete di tipo 1 e 2 aumenta notevolmente il rischio che si verifichi uno stato di ipoglicemia, che può avere conseguenze anche gravi. La recente scoperta di una nuova proteina, la neuronostatina, potrebbe portare a nuovi trattamenti per prevenirla. 

Sono i risultati di una ricerca presentata al congresso Experimental Biology 2019 che si è appena concluso a Orlando, in Florida. 

Per le persone con diabete, l’assunzione di troppa insulina può portare a un basso livello di zucchero nel sangue che comporta vertigini e sonnolenza. I sintomi possono evolvere in confusione e convulsioni, fino alla perdita di coscienza se la glicemia continua a scendere. 

Attacchi ripetuti di ipoglicemia riducono inoltre la consapevolezza dei sintomi, creando un circolo vizioso di inconsapevolezza e ipoglicemia sempre più grave. L’unica opzione per prevenire o invertire questo stato – hanno scritto i ricercatori – è un attento e frequente monitoraggio della glicemia, un obiettivo spesso non ottenibile 

«Esistono pochissime opzioni per prevenirla o per trattare la non consapevolezza dell’ipoglicemia, se non evitare di avere livelli ematici troppo bassi di zucchero», ha detto il primo autore dello studio Stephen Grote, della Saint Louis University School of Medicine. «Comprendere gli effetti della neuronostatina e come funziona fornirà preziose informazioni per prevenire questa condizione e una conoscenza più completa su come il pancreas gestisce normalmente la glicemia». 

Un nuovo peptide che agisce sul pancreas 
La neuronostatina è stata scoperta in precedenti studi del gruppo di ricerca guidato dalla coautrice Gina Yosten, i quali hanno dimostrato che la proteina protegge dall’ipoglicemia provocando il rilascio di meno insulina e aumentando quello di glucagone, l’altro ormone pancreatico coinvolto nel controllo glicemico e deputato ad aumentare i livelli di zucchero ematico. 

Ipotizzando che questa proteina sia un componente pancreatico della risposta controregolatoria all’ipoglicemia, i ricercatori hanno verificato che un’infusione di neuronostatina nei ratti ha aumentato in modo sostanziale i livelli di glucosio plasmatico nell’arco di un periodo di tempo di 30 minuti. 

Esaminando il tessuto pancreatico umano hanno anche scoperto che in presenza di bassi livelli ematici di glucosio rilasciava più neuronostatina, e che il suo livello aumentava ulteriormente a seguito della somministrazione di glucagone. 

«La neuronostatina è un fattore davvero innovativo, e tutto quello che riusciamo a scoprire a riguardo aumenta un po’ di più la nostra conoscenza del suo potenziale terapeutico», ha detto Grote. «Riteniamo che approfondirne lo studio potrà alla fine rivelare un modo per utilizzarla sia per prevenire che per invertire il circolo viziosio dell’ipoglicemia, aiutando il corpo a rispondere in modo appropriato a un basso livello di zucchero nel sangue tramite un maggior rilascio di glucagone. Proponiamo che la neuronostatina possa rappresentare un nuovo bersaglio terapeutico per il trattamento e la prevenzione dell’ipoglicemia nel diabete». 

I ricercatori stanno cercando di capire meglio come la proteina influenzi il rilascio di glucagone e di insulina dalle isole pancreatiche umane e come l’organismo ne regoli la secrezione. Tramite approcci sperimentali che interrompono la risposta del corpo all’ipoglicemia, intendono valutare come questo stato influenzi i livelli di neuronostatina e se la stessa possa essere utilizzata per gestire meglio i basso livelli ematici di glucosio. 

Bibliografia 

Grote S et al. A New Player in Intra-islet Communication: The Hyperglycemic Effects of Neuronostatin through Increased Glucagon Production and Reduced Insulin Release. Experimental Biology 2019

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da PHARMASTAR